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Di Maio vuole rimpatriare i migranti irregolari in 13 paesi “sicuri”. Ma lo sono davvero?

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Di Maio vuole rimpatriare i migranti in 13 paesi “sicuri”. Ma lo sono davvero?

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha presentato il Piano rimpatri sicuri, per accelerare le espulsioni dei migranti irregolari che si trovano in Italia.

S&D

Nel nuovo decreto interministeriale sono stati inseriti 13 paesi considerati “sicuri” con cui attuare accordi di rimpatrio. Si tratta di Algeria, Marocco, Tunisia, Albania, Bosnia, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Senegal, Serbia e Ucraina. “Sui circa 7.000 arrivi di quest’anno oltre un terzo appartengono a uno di questi Paesi. Per molte di queste persone dobbiamo attendere due anni ora per oltre un terzo degli arrivi acceleriamo le procedure”, ha spiegato Di Maio.

Il decreto, come ha spiegato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, inverte l’onere della prova. Ciò significa che i migranti che arrivano dai paesi ritenuti sicuri vedranno rifiutate le loro richieste di asilo, a meno che non riescano a dimostrare di essere in pericolo tornando in patria.

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Molti di questi sono coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani. In alcuni, come l’Algeria, l’omosessualità è punita con il carcere. Il rischio che vengano rimpatriati migranti che hanno subito degli abusi o che siano stati perseguitati è alto. Vediamoli, uno per uno, con l’aiuto dei rapporti di Amnesty International e di altre ong che si occupano di tutela di diritti umani:

Algeria

Il governo algerino detiene arbitrariamente manifestanti pacifici, difensori dei diritti umani, attivisti e giornalisti. Il governo algerino blocca inoltre la registrazione di molte organizzazioni non governative algerine che operano nell’ambito dei diritti delle donne, minoranze etniche e i diritti umani.  È ancora in vigore la legge che limita il diritto di costituire sindacati. I migranti sono incorsi spesso in espulsioni di massa. I tribunali hanno emesso condanne a morte, anche se non ci sono state esecuzioni dal 1993. Nei mesi scorsi, oltre 280 membri del movimento di minoranza religiosa ahmadiyya sono stati perseguiti penalmente in relazione al loro credo religioso. Le autorità non hanno intrapreso alcuna iniziativa per aprire indagini e contrastare l’impunità per le gravi violazioni dei diritti umani e i possibili crimini contro l’umanità, tra cui uccisioni illegali, sparizioni forzate, stupri e altre forme di tortura, che sia le forze di sicurezza sia i gruppi armati avevano compiuto durante il conflitto armato interno in Algeria nel corso degli anni Novanta, in cui, secondo le stime, erano state uccise o erano state vittime di sparizione forzata 200mila persone. L’omosessualità è punita dalla legge con la reclusione da due mesi a due anni, e al pagamento di una multa da 500 a 2 000 dinari algerini.

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Marocco

La situazione dei diritti umani in Marocco non è delle più rosee. Giornalisti e manifestanti scesi in piazza per chiedere miglioramenti sul piano della giustizia sociale e dei diritti politici sono stati incarcerati, spesso al termine di processi iniqui. I migranti hanno spesso subito un uso eccessivo della forza da parte delle autorità. I tribunali hanno emesso nuove condanne a morte, ma non ci sono state esecuzioni. Sono state applicate spesso le norme del codice penale che puniscono il reato d’insulto e d’istigazione alla protesta o alla ribellione, con il carcere per giornalisti, blogger e attivisti che avevano criticato le autorità o denunciato violazioni dei diritti umani e casi di corruzione o che avevano dato voce alle proteste popolari. Le attività di alcune organizzazioni presenti in Marocco e nel Sahara Occidentale, percepite come critiche verso la linea politica del governo, sono state ostacolate. I rapporti sessuali consenzienti tra persone dello stesso sesso sono puniti in base all’art. 489 del codice penalee chi si “macchia” di tale crimine viene mandato in carcere. Le vittime di aggressioni di stampo omofobico hanno riferito di avere avuto paura di rivolgersi alla polizia per sporgere denuncia. Le forze di sicurezza hanno continuato ad avere un ruolo attivo nell’espulsione sommaria verso il Marocco di migranti e richiedenti asilo dalle enclave spagnole di Ceuta e Melilla e a ricorrere all’uso eccessivo o non necessario della forza contro di loro. I tribunali hanno incarcerato migranti per essere irregolarmente entrati, rimasti o usciti dal territorio marocchino, compresi alcuni che avevano inoltrato domanda per regolarizzare il loro status, e in alcune occasioni li hanno processati senza la presenza di un avvocato.

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Tunisia

In Tunisia lo stato di emergenza viene usato come giustificazione per le restrizioni arbitrarie alla libertà di movimento. Si sono verificati, in un clima di totale impunità, nuovi casi di tortura e altri maltrattamenti ai danni di detenuti. La polizia ha effettuato arresti arbitrari e irruzioni in abitazioni private senza mandato. In molti casi sono state vietate o punite le manifestazioni pacifiche. Il ministero dell’Interno limita la libertà di movimento. Episodi di tortura e altri maltrattamenti di detenuti sono all’ordine del giorno. Le persone Lgbti, almeno 44 sono i casi noti, rischiano costantemente di essere arrestate ai sensi dell’art. 230 del codice penale, dal momento che i rapporti omosessuali consenzienti sono considerati un crimine. Gli omosessuali sono spesso sottoposti a violenza, sfruttamento e abusi sessuali anche da parte della polizia, che li sottopone a visite anali forzate, in violazione del divieto di tortura. I tribunali hanno emesso almeno 25 condanne a morte, al termine di procedimenti giudiziari inerenti alla sicurezza nazionale. Gli avvocati della difesa si sono appellati contro queste sentenze. Non sono però state effettuate esecuzioni dal 1991.

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Albania

Donne e minori sono spesso vittime di tratta per prostituzione e lavoro forzati. Il percorso dell’Albania verso l’ingresso nell’Ue è stato ostacolato dagli scarsi progressi nella lotta alla corruzione e al crimine organizzato. Le misure per garantire l’indipendenza della magistratura sono state applicate solo in parte. I giornalisti, in particolare quelli investigativi, sono spesso vittime del crimine organizzato. A febbraio, due ong hanno presentato istanza alla Corte europea dei diritti umani per chiedere una modifica al codice della famiglia, che vieta i diritti di convivenza alle coppie di persone dello stesso sesso. Un sondaggio ha rilevato una diffusa discriminazione subita dalle persone Lgbti in ambito lavorativo, sia nel settore pubblico che privato. A maggio, un tribunale britannico ha stabilito che centinaia di persone lesbiche e gay, vittime di tratta e sopravvissute alla violenza domestica, potevano essere state erroneamente espulse verso l’Albania dal 2011, poiché le corti del Regno Unito avevano fatto affidamento su indicazioni non corrette. Circa 4.421 richiedenti asilo albanesi sono ritornati volontariamente nel paese da nazioni dell’Ue; 2.500 richiedenti asilo respinti sono stati rimpatriati dalla Germania. Sono aumentate le denunce di violenza domestica; alla data del 1° giugno erano stati emanati 420 ordini di protezione immediata.

Bosnia ed Erzegovina

Le minoranze subiscono spesso abusi e discriminazioni. Non mancano le minacce e le aggressioni contro i giornalisti e la libertà di stampa. L’esclusione sociale e la discriminazione sono rimaste molto diffuse, in particolare nei confronti di rom, persone Lgbti e persone con disabilità. Sono proseguiti gli sforzi per ridurre il numero di rom privi di documenti d’identità e per aumentare il numero dei bambini rom iscritti alle scuole primarie. Tuttavia, i rom hanno continuato a scontrarsi con ostacoli sistemici per accedere all’educazione, all’alloggio, ai servizi sanitari e all’occupazione. Le persone con disabilità, in particolare donne e minori, hanno continuato a subire una sistematica esclusione sociale, tra cui gravi limitazioni nell’accesso ai servizi sanitari e al sistema educativo tradizionale. Secondo la legge, le persone la cui disabilità non era conseguenza della guerra sono state trattate in maniera differente e hanno ricevuto minori indennità e sussidi sociali rispetto ai veterani e alle vittime civili di guerra. È proseguito il ricorso a minacce, pressioni politiche e aggressioni contro i giornalisti. Associazioni locali di giornalisti avevano documentato quasi 40 casi di pressione diretta, minacce verbali e aggressioni fisiche contro giornalisti.

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Macedonia del Nord

Richiedenti asilo e migranti vengono spesso detenuti illegalmente. Il verdetto di un tribunale ha garantito il riconoscimento legale del genere alle persone transgender, ma il cammino per la normalizzazione è ancora lungo. La libertà di stampa è gravemente compromessa dall’interferenza del governo nella stampa e in altri organi d’informazione, anche attraverso il controllo degli spazi pubblicitari. Il giornalismo investigativo è poco sviluppato. Le ong vengono spesso ostacolate dal governo. Richiedenti asilo e migranti, inclusi minori non accompagnati, sono stati detenuti illegalmente nel centro di accoglienza per stranieri. Il Centro europeo per i diritti dei rom ha messo in luce i decessi in custodia di giovani rom per overdose di metadone, farmaco disponibile soltanto alle guardie carcerarie, e la morte di una donna rom, che aveva probabilmente subìto maltrattamenti.

Montenegro

Il finanziamento delle ong è spesso minacciato e i difensori dei diritti umani sono stati sottoposti a campagne denigratorie da parte di organi d’informazione vicini al governo. Il governo ha proposto di modificare la legge sui raduni per vietare le manifestazioni di protesta davanti al parlamento. Le attività delle ong sono spesso ostacolate, anche attraverso i limiti al loro finanziamento. Circa 1.000 rifugiati rom ed egiziani, fuggiti in Montenegro dal Kossovo nel 1999, sono rimasti nel campo di Konik, fuori della capitale Podgorica, in attesa di essere ricollocati in alloggi adeguati costruiti con fondi dell’Ue. Circa 800 rom ed egiziani hanno continuato a essere a rischio di apolidia, poiché le loro richieste per ottenere uno status regolare sono rimaste pendenti.

Serbia

Le ong vengono spesso attaccate dal governo e dagli organi d’informazione filogovernativi, o sui social network. Giornalisti investigativi sono stati sottoposti a campagne diffamatorie da ministri e da organi d’informazione vicini al governo. La nomina della premier Ana Brnabić, dichiaratamente lesbica, alla carica di prima ministra e la sua presenza al Pride di Belgrado a settembre sono state accolte da più parti come un passo avanti. Tuttavia, le autorità non hanno protetto le persone e le organizzazioni Lgbti da discriminazione, minacce e aggressioni fisiche. Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha sollecitato la Serbia ad applicare in modo efficace la legislazione contro i crimini d’odio e a introdurre una procedura per il riconoscimento legale del genere, compatibile con gli standard internazionali. Le famiglie rom di Belgrado hanno continuato a vivere in insediamenti informali. È stato loro negato l’accesso ai diritti economici e sociali, tra cui sanità, istruzione, acqua potabile e servizi igienico-sanitari e sono rimaste a rischio di sgombero forzato. I rom hanno continuato a subire maltrattamenti da parte della polizia. Rifugiati e migranti sono rimasti intrappolati nel paese; quelli che cercavano di entrare nell’Ue attraverso l’Ungheria e la Croazia sono stati più volte rimandati con la violenza in Serbia.

Kosovo

Sono state aperte indagini sui crimini d’odio, dopo che una portavoce dei diritti transgender, che aveva parlato al Pride, aveva ricevuto gravi minacce. L’Associazione dei giornalisti del Kosovo ha riferito di un aumento delle aggressioni, specialmente nei confronti dei giornalisti investigativi. Ad aprile è stata lanciata la strategia nazionale per la protezione dalla violenza domestica. A maggio, la legge sulla compensazione per le vittime di reati è stata estesa alle vittime di violenza domestica, tratta di esseri umani, stupro e abusi sessuali sui minori. Tuttavia, poche persone hanno ottenuto protezione adeguata da parte delle autorità.

Ucraina

Agenti di polizia e delle forze di sicurezza usano spesso la tortura e altri maltrattamenti. Le autorità ucraine hanno aumentato la pressione nei confronti delle voci critiche e delle ong indipendenti, inclusi giornalisti e attivisti anticorruzione. Sono in vigore leggi che limitano i diritti alla libertà d’espressione e alla libertà d’associazione. Le autorità de facto nei territori controllati dai separatisti hanno continuato ad arrestare e a imprigionare illegalmente persone critiche nei loro confronti. Nella Crimea occupata dai russi, chi critica le autorità subisce intimidazioni, vessazioni e azioni giudiziarie. Il numero di aggressioni nei confronti di persone Lgbti è aumentato in tutto il paese. Il malcontento sociale è in crescita. I crescenti problemi economici, la lentezza delle riforme e la corruzione dilagante hanno scatenato regolari proteste a Kiev che, in alcuni casi, sono sfociate nella violenza. Nell’Ucraina orientale, le forze separatiste e governative hanno continuato a combattere, in violazione dell’accordo del 2015 per il cessate il fuoco. La Russia, che occupa la Crimea, continua a negare l’accesso alle organizzazioni per i diritti umani. Membri delle forze di polizia e di sicurezza usano la tortura e altri maltrattamenti e le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno. In Crimea è proseguita la repressione dei diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione.

Ghana

In Ghana i processi e le condizioni dei carcerati sono al limite del deplorevole. È all’ordine del giorno l’incatenamento delle persone con disabilità psichica. Le persone Lgbti affrontano discriminazioni, violenze e vessazioni da parte della polizia. In Ghana, circa un milione di persone lavorano nell’estrazione dell’oro e spesso le comunità che abitano in prossimità dei siti minerari vivono sotto esposizione diretta al mercurio. La pratica dei matrimoni precoci non è stata del tutto eliminata. Decine di prigionieri del braccio della morte, compresi alcuni con disabilità psicointellettiva certificata, hanno dovuto affrontare condizioni carcerarie deplorevoli, caratterizzate da sovraffollamento e da mancanza di assistenza medica. Molti prigionieri del braccio della morte hanno riferito di non avere ricevuto un’adeguata assistenza legale durante i loro processi. L’accesso alla giustizia è rimasto limitato, soprattutto per le persone a basso reddito o appartenenti alle fasce emarginate della popolazione. L’incatenamento di persone con disabilità psichica continuava a essere una prassi abitualmente utilizzata, in particolare nei “campi di preghiera”, dislocati sul territorio nazionale. Tale pratica consisteva nel legare la persona con strumenti di contenzione, come catene o corde, confinandola all’interno di uno spazio chiuso a chiave, come una stanza, un capanno o una gabbia. Le relazioni sessuali consenzienti tra uomini sono rimaste reato. Le persone Lgbti continuano a essere vittime di episodi di ves­sazione da parte della polizia, oltre che di discriminazione, violenza e ricatti all’interno della comunità.

Senegal

I diritti alla libertà di riunione pacifica e d’espressione sono limitati. Le condizioni all’interno delle carceri sono rimaste dure. Minori sono stati costretti a mendicare per le strade. Non sono state intraprese iniziative per affrontare l’impunità per le violazioni dei diritti umani. Le autorità hanno vietato lo svolgimento di manifestazioni pacifiche e arrestato dimostranti, in particolare nel periodo che ha preceduto le elezioni di luglio. Giornalisti, artisti, utenti dei social network e altri che avevano espresso il loro dissenso sono stati arbitrariamente arrestati. Gli istituti di pena del paese sono rimasti caratterizzati da sovraffollamento e dure condizioni di detenzione. Almeno quattro persone sono morte in custodia, comprese due che si ritiene si siano tolte la vita impiccandosi. Il codice penale continuava a considerare reato le relazioni omosessuali tra adulti consenzienti. Le persone Lgbti hanno dovuto affrontare discriminazioni, in particolare nell’accesso ai servizi sanitari e alla giustizia. Il Comitato delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate ha pubblicato le sue osservazioni conclusive sul Senegal. Ha raccomandato che il codice penale e le procedure investigative venissero messe in linea con la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata e che il mandato del comitato senegalese sui diritti umani venisse rafforzato secondo i Princìpi relativi allo status delle istituzioni nazionali sui diritti umani.

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