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Cosa significa la sconfitta di Expo 2030

Immagine di copertina
In this March 9, 2018 photo, general view showing Riyadh city taken from Mamlaka tower, a 99-story skyscraper, in Riyadh, Saudi Arabia. (AP Photo/Amr Nabil)

La candidatura di Roma era priva di una strategia e di un’identità. Per questo Riad ha stravinto e Busan ci ha superato. Ma il k.o. certifica anche la debolezza politica dell’Italia. Scaricata persino dai suoi alleati europei

Una figuraccia così se l’aspettavano in pochi. Lo scorso 28 novembre Roma ha visto sfumare il sogno Expo 2030 in malo modo. La Capitale ha raccolto appena 17 voti. Una miseria considerato che fino a poche ore prima si parlava di “ballottaggio” con Riad. Un fallimento totale. La città italiana infatti è stata surclassata dalla rivale dell’Arabia Saudita, considerata alla vigilia la favorita, che ha raccolto ben 119 voti; e superata anche dalla sud-coreana Busan che di voti ne ha raccolti 29.

S&D

Una terza piazza che ha evidenziato le mancanze della proposta italiana. In particolare di un’identità forte e di una strategia in grado di competere con chi sul tavolo non ha potuto mettere un patrimonio artistico-culturale di rilievo assoluto, la tutela minima dei diritti umani, i diritti delle donne e tanto altro, ma solo investimenti. Soldi. Insomma, la debolezza politica dell’Italia al Palais des Congrès di Parigi, dove hanno votato i delegati del Bie (Bureau International des Expositions), è stata evidente.

Ovviamente fra gli arabi è stata festa grande, tra canti tradizionali, baci e abbracci. D’altronde raggiungere 119 voti su 165 votanti (dei 182 aventi diritto) non è stato un risultato da poco. I sauditi in pratica non hanno fatto toccare palla né all’Italia né alla Corea del Sud. Un trionfo per l’Arabia Saudita, che dopo essersi accaparrata i Mondiali di calcio 2034 porta a casa un altro evento di portata planetaria utile per cambiare l’immagine del Paese del principe ereditario Mohammad bin Salman Al Sa’ud che, di certo, non spicca per rispetto dei diritti umani.

Débâcle

«Fino all’ultimo, né a noi né ai coreani risultavano numeri di questa portata, quindi anche sull’ultimo miglio qualcosa deve essere successo», ha commentato amareggiato l’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del comitato promotore di Roma, dopo il voto. «Non critico, non accuso, non ho prove, ma la deriva mercantile riguarda i governi e talvolta riguarda anche gli individui. È pericoloso: oggi l’Expo, prima i Mondiali di calcio, poi chissà le Olimpiadi… non vorrei che si arrivasse alla compravendita dei seggi in consiglio di sicurezza (dell’Onu, ndr), perché se questa è la deriva io credo che l’Italia non ci debba stare», ha tuonato.

Un tracollo che va oltre le cifre ufficiali di 190 milioni di euro spesi da Riad per la campagna di promozione, 160 da Busan e appena 30 da Roma. «Noi abbiamo giocato una partita secondo le regole della comunità internazionale – ha proseguito Massolo -, le competizioni si vincono sui progetti, sulla qualità, sulle idee. A noi, alcuni delegati hanno detto di essersi promessi ad un concorrente ben prima che esistessero i progetti e ben prima delle candidature».

Quello di Roma «era un bellissimo progetto», ma la vittoria di Riad è stata «schiacciante», ha ammesso il sindaco capitolino Roberto Gualtieri. «Purtroppo – si è rammaricato – non si vince con il premio della critica, del pubblico, ma con il voto degli ambasciatori».

A Parigi erano fisicamente assenti la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca. Al loro posto c’erano Andrea Abodi, ministro dello Sport («Non penso che l’universalità di Roma passi necessariamente per l’esposizione universale. C’era un dossier qualitativo al quale il Governo ha dato tutto il suo supporto dal primo giorno. Questo il senso della squadra nazionale») e la vicepresidente della Regione Lazio, Roberta Angelilli («Roma deve crescere, deve misurarsi di più sul futuro, l’innovazione, le nuove tecnologie, la ricerca. Dobbiamo recuperare una immagine vincente»).

«L’esito finale della votazione è stato molto severo per la nostra candidatura, oltre le aspettative. Sapevamo che era molto difficile, ma il risultato ci penalizza moltissimo», è l’analisi del presidente di Unindustria Angelo Camilli presente a Parigi. «È stato fatto comunque un grande lavoro, sia dal Comitato che dal sistema delle imprese che hanno aderito alla Fondazione», ha poi aggiunto. «Evidentemente c’è da accettare la sconfitta e ragionare e fare tesoro di questa esperienza per le prossime occasioni. Va fatta una riflessione sui valori che sono stati messi in campo: l’Arabia Saudita ha esercitato una pressione di natura commerciale fortissima, al di là delle previsioni. Così come l’Europa è stata assente come continente. Aveva dato un endorsement esplicito alla candidatura di Roma ma in realtà, visti i voti che abbiamo preso, è evidente che neanche l’Europa è stata compatta nel voto alla nostra candidatura».

Abbandonati

Le parole di Camilli fanno riferimento a quelle dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue Josep Borrell, che nel marzo scorso aveva assicurato che l’Europa avrebbe parlato con una voce sola, come prevede il suo incarico, promettendo di «mobilitare le delegazioni europee» in sostegno a Roma. Non è stato così.

La prima defezione largamente annunciata è stata quella della Francia, Paese influente non foss’altro perché il Bureau International des Expositions ha sede a Parigi. Poi – stando ai voti raccolti – l’hanno “seguito” in tanti… La domanda che sorge spontanea è quindi quale sia il reale peso dell’Italia in Europa e nel mondo.

Secondo l’opposizione, in particolare per il Movimento 5 Stelle, il risultato delle votazioni per Expo 2030 «ci restituisce l’immagine di un’Italia debole, che non riesce a rendersi credibile sullo scacchiere internazionale. Ora Meloni e il suo Governo si prendano le loro responsabilità politiche», le parole in una nota del capogruppo Linda Meleo. «Meloni non ci ha creduto e l’assenza della premier lo dimostra», è il parere del consigliere M5S Paolo Ferrara e del consigliere della Lista civica Raggi Antonio De Santis. «C’erano tanti modi di perdere, questo è stato il peggiore. Si sapeva fosse una sfida dura ma aver raccolto solo 17 voti restituisce l’idea di un’azione indifferente e rinunciataria da parte del Governo centrale.

Altrettanto debole appare l’Europa, che è ancora troppo divisa davanti alle nuove potenze mondiali, tanto da non riuscire a votare compatta una sua capitale. La Roma di Gualtieri ha enormi difficoltà ma qui il problema è chiaramente anche più in alto». Più morbido il leader del Movimento Giuseppe Conte che a caldo ha commentato così: «Dispiace perché Expo sarebbe stato importante per il sistema Paese, purtroppo non siamo riusciti a farci valere e addirittura siamo sfilati al terzo posto. Questo è un peccato per il Paese e per la nostra Capitale. Forse, dal punto di vista politico, bisogna anche iniziare a pensare, al di là di questa esperienza che ci lascia l’amaro e il rammarico e ce lo lascerà per un po’ di tempo, che Roma è la Capitale d’Italia, è un patrimonio per tutti e probabilmente anche il quadro regolatorio di tutela, di
protezione di Roma non è sufficiente per valorizzarla appieno e questo deve essere un tema che deve riguardare tutte le forze politiche. Dobbiamo creare un regime speciale per Roma che le consenta di svolgere le funzioni di capitale d’Italia».

«Figuraccia galattica sia di Gualtieri che di Meloni. Perdere ci sta. Ottenere solo 17 voti dimostra una irrilevanza che l’Italia non merita. I sovranisti non sono credibili a livello internazionale, ormai è chiaro a tutti. E il Campidoglio deve darsi una mossa, perché questa Amministrazione non funziona», ha invece scritto sui social il senatore, capogruppo di Italia Viva, Enrico Borghi, mentre Carlo Calenda, leader di Azione, parla di «un’occasione persa per Roma ma anche per Expo. Una candidatura nata male e sostenuta peggio. Che peccato».

Progetti a confronto

La candidatura di Roma era nata nel 2020, quando sindaca della Capitale era la pentastellata Virginia Raggi. Ricevuta in eredità dal sindaco Gualtieri, il nuovo primo cittadino ha deciso di cambiare l’area inizialmente scelta dall’amministrazione a guida 5 Stelle: dall’area di Pietralata il progetto Expo è stato spostato a Tor Vergata, dove era prevista una riqualificazione dell’intero quartiere (e anche della Vela di Calatrava) e la creazione di un immenso parco solare. Un progetto che, secondo le stime che Luiss ha fornito a Unindustria, valeva complessivamente 50,6 miliardi di euro tra entrate dirette e indotto, tanto per Roma che per l’Italia.

L’Arabia Saudita ha puntato molto, moltissimo, sull’esposizione universale, che – va comunque ricordato – l’Italia ha ospitato recentemente, nel 2015, a Milano. Per fare un paragone con il poker è andata “all in”: Riad ha messo tutte le sue forze sul piatto. Più o meno come ha fatto e sta facendo con il calcio. Per loro ottenere Expo 2030 era, ed è, un tassello fondamentale nella strategia di rafforzamento dell’immagine e di nuovo protagonismo sul piano internazionale. Se alla volontà si aggiungono i mezzi illimitati di cui gode e la capacità di convincimento dei governi dei vari Paesi, anche europei che – non a caso – non hanno appoggiato Roma, il gioco è fatto. Soldi a parte, l’Arabia Saudita è un Paese in crescita che affronta una complessa fase di transizione, all’interno della quale sta cercando di approfondire le relazioni con alcuni attori internazionali, tra cui c’è anche l’Italia. Inoltre per noi occidentali i sauditi sono un polo geopolitico in Medio Oriente, attori economico-commerciali di primo piano.

Insomma, unendo i puntini si capisce come la partita fosse veramente difficile da giocare per il nostro Paese, ma – stando ai risultati – non siamo neanche scesi in campo. E questo è difficile da mandare giù. Dopo Expo Dubai 2020, l’Esposizione Universale torna così in Medio Oriente, accolta dal ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Fahran, che sul palco parigino ha prefigurato «un’Expo costruita dal mondo per il mondo. Una realtà per realizzare le promesse di opportunità, inclusività, accessibilità e sostenibilità».

L’organizzazione di Expo coinciderà dunque con l’attuazione della cosiddetta “Visione 2030”: l’obiettivo è quello di accogliere oltre 40 milioni di visitatori in sei mesi. Per questo, a nord della città, sorgerà un nuovo quartiere a forma di pianeta, pensato per accogliere i padiglioni nazionali, un’oasi naturale e un monumento con 195 pilastri a simboleggiare l’uguaglianza tra i Paesi del mondo.

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