Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 19:58
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Esteri

Brexit, la questione catalana e le elezioni spagnole

Immagine di copertina

Il commento di Cecilia Vergnano, ricercatrice dell'Universidad de Barcelona, sulle elezioni spagnole viste dalla prospettiva di Barcellona

I commenti che iniziano a girare su Twitter nella serata di domenica, giorno delle elezioni spagnolo, introducendo le parole chiave “Catalunya” ed “elecciones”, danno chiaramente a intendere la contrarietà dei catalani davanti alla vittoria del Partito popolare. “Qualcuno si chiede il perché del movimento indipendentista in Catalunya. Basta vedere i risultati delle elezioni per avere la risposta” è uno dei commenti. E a ruota: “L’unica cosa buona delle elezioni spagnole è che dimostrano che in Euskadi e Catalunya siamo diversi”, “Euskadi e Catalunya non sono Spagna. Guardando il risultato delle elezioni non c’è margine di discussione”.

E in effetti davanti a una cartina della Spagna completamente azzurra (il colore simbolo del PP), attira particolarmente l’attenzione la presenza di macchie viola (il colore di Podemos) in corrispondenza delle province catalane e basche.

Già ieri gli esperti evidenziavano la possibilità di un “effetto Brexit” sull’elettorato spagnolo. I voti degli spagnoli, frammentati e dispersi tra quattro formazioni politiche principali (come è emerso dalle elezioni del 20 dicembre 2015, dalle quali non si è riuscito a formare nessun governo) si sarebbero “riorientati” verso la formazione politica che più delle altre ha saputo trasmettere un messaggio di stabilità.

Fino a pochi giorni fa le elezioni generali si presentavano molto polarizzate tra due opzioni: le politiche del partito popolare, promotore di “stabilità”, e la neopolitica di Unidos Podemos, favorevole all’aumento della spesa pubblica per politiche sociali e alla celebrazione di un referendum per l’indipendenza della Catalunya.

Il terremoto Brexit potrebbe aver rappresentato l’ultimo “argomento” della campagna elettorale necessario per convincere gli elettori della necessità di porre freno a qualsiasi spinta indipendentista dentro al paese, viste le conseguenze catastrofiche di queste di situazioni di instabilità dal punto di vista finanziario internazionale.

La vittoria dei popolari di Rajoy è ovviamente anche il prodotto di altri fattori: in primo luogo, la delusione degli elettori rispetto alla sinistra “tradizionale” del partito socialista, che negli ultimi anni si è fatta fautrice, così come tutti i grandi partiti europei di centrosinistra, di politiche di stampo chiaramente neoliberista, in materia di lavoro e di tagli alla spesa pubblica, rinunciando alla sua vocazione sociale.

Non è un caso che il Psoe sia precipitato drammaticamente in basso, con poco più del 20 per cento dei voti, realizzando un sostanziale pareggio con una nuova formazione politica emersa praticamente dal nulla, Podemos, diretta erede del movimento dalle piazze spagnole “indignate” del 2011, che ha incontrato grande consenso tra molti elettori tradizionalmente di sinistra.

Ma mentre la neopolitica di Podemos ha incontrato l’entusiasmo di molti elettori desiderosi di un cambio, soprattutto in Catalunya (dove un partito “gemello”, Barcelona en Comú, ha vinto le ultime elezioni municipali barcellonesi), la paura di qualsiasi tipo di spinta secessionista pare aver determinato fortemente le scelte del resto dell’elettorato spagnolo.

Davanti alla minaccia dell’instabilità dei mercati finanziari, sotto gli occhi di tutti proprio in questi giorni dopo il referendum per il leave nel Regno Unito, il partito popolare pare aver riscosso più successo tra gli elettori, nonostante gli scandali legati ai casi di corruzione all’interno del partito, e anche nonostante il recentissimo Diazgate che ha coinvolto il Ministro dell’Interno, scoperto a “cospirare” false accuse di corruzione (dei veri e propri montaggi) contro esponenti della politica catalana.

Le recenti elezioni amministrative italiane, il referendum britannico e le elezioni spagnole paiono indicare su differenti livelli, locale e nazionale, l’esistenza di una frattura profonda tra centro e periferie. Nel caso spagnolo, però, il centro ha assunto dimensioni dilaganti, lasciando fuori dall’uniformità dei risultati elettorali solo pochi “isolati” di periferia: Catalunya e Euskadi, in cui ha vinto una formazione politica radicalmente opposta ai popolari.

La vecchia politica conservatrice contro la nuova politica di stampo sociale. È normale pensare, in questo contesto, che la volontà di indipendenza si farà sempre più forte, almeno in Catalunya, già nel pieno del suo autodichiarato “procés constituent”.

*A cura di Cecilia Vergnano, ricercatrice dell’Universidad de Barcelona 

Ti potrebbe interessare
Economia / Ottanta Paesi raggiungono un accordo “storico” sull’e-commerce al WTO ma gli Usa non ci stanno
Esteri / L’Internazionale dei Rifugiati alla carica delle Olimpiadi di Parigi 2024
Esteri / Elon Musk: “Mio figlio ucciso dalla cultura Woke”. Lei risponde: “Padre narcisista e assente
Ti potrebbe interessare
Economia / Ottanta Paesi raggiungono un accordo “storico” sull’e-commerce al WTO ma gli Usa non ci stanno
Esteri / L’Internazionale dei Rifugiati alla carica delle Olimpiadi di Parigi 2024
Esteri / Elon Musk: “Mio figlio ucciso dalla cultura Woke”. Lei risponde: “Padre narcisista e assente
Esteri / Parigi 2024: l’app di incontri gay Grindr bloccata al Villaggio Olimpico. Ecco perché
Esteri / L’Ue trasferisce all’Ucraina i primi proventi dei beni congelati alla Russia: 1,5 mld euro per la difesa di Kiev
Esteri / Barack e Michelle Obama appoggiano la candidatura di Kamala Harris alla Casa bianca
Esteri / Kamala Harris riceve Netanyahu: “Israele ha il diritto di difendersi ma non resterò in silenzio sulla sofferenza di Gaza”
Esteri / Francia, attacchi coordinati sulla rete ferroviaria a poche ore dalle Olimpiadi: treni nel caos
Esteri / La resa: ecco cosa può succedere ora negli Stati Uniti dopo la rinuncia di Joe Biden
Esteri / Gaza, al-Jazeera: “21 morti nei raid dell'Idf”. Jihad Islamica spara razzi verso Israele: nessun ferito