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Home » Esteri

Se Clinton sarà la prossima presidente Usa dovrà seguire Sanders sul conflitto israelo-palestinese

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Secondo il professor Alon Ben-Meir della NYU la riconciliazione dei due popoli è un prerequisito dei negoziati formali

Dopo le elezioni presidenziali americane del 2016, la prossima amministrazione dovrà adottare una nuova politica, che sia realisticamente equilibrata, verso Israele e i palestinesi per mettere fine al loro conflitto nel contesto di una più ampia pace arabo-israeliana fondata sull’Iniziativa di pace araba.

Nel corso della sua campagna per le primarie democratiche, solo il senatore Bernie Sanders ha mostrato di avere una posizione fresca, equilibrata e accettabile su questo logorante conflitto, specialmente dato che si tratta di una questione sempre più intrattabile e che ha pericolose implicazioni non soltanto per israeliani e palestinesi ma anche per gli interessi strategici degli Stati Uniti in Medio Oriente.

La continuazione del conflitto ha anche conseguenze dirette sulla sicurezza dell’Unione Europea, proprio perché nutre l’estremismo nella regione e di quell’estremismo l’Europa soffre grandemente.

In questo senso, l’iniziativa della Francia per riavviare i negoziati israelo-palestinesi arriva al momento giusto e dovrebbe essere seguita nonostante il recente summit di Parigi tra i ministri degli esteri europei e arabi e il segretario di Stato Usa sia mancato il consenso sulla convocazione di una conferenza internazionale alla fine dell’anno per affrontare in modo onesto il conflitto.

Durante la campagna per le primarie, Sanders ha articolato la sua posizione rispetto al conflitto israelo-palestinese dicendo: “Ho letto il discorso tenuto dal Segretario Clinton di fronte al Comitato israelo-americano per gli affari pubblici (Aipac) e praticamente non ho trovato alcuna menzione delle necessità del popolo palestinese. Israele ha certamente il diritto di difendersi, ma non ci sarà mai pace in quella regione a meno che gli Stati Uniti giochino un ruolo imparziale per coinvolgere i due popoli e riconoscere i seri problemi che affliggono il popolo palestinese. Arriva un momento in cui se perseguiamo la giustizia e la pace dovremo dire a Netanyahu che non ha sempre ragione”.

Ciò che ammiro nella sua dichiarazione non è la sua novità, ma il fatto che sia stata articolata da un candidato presidenziale di rilievo. Anche se non è riuscito ad assicurarsi la nomination del partito democratico, è divenuto una forza politica importante e il candidato in pectore Hillary Clinton deve seriamente prendere in considerazione la sua posizione su una questione tanto importante.

Molti ebrei israeliani e americani accusano cinicamente il senatore Sanders di essere un ebreo apologetico che odia se stesso ed è disposto a piegarsi solo per dimostrare di essere imparziale quando in realtà mina, dalla loro prospettiva, la sicurezza nazionale di Israele.

Al contrario, io sostengo che Sanders abbia assunto questa posizione imparziale proprio perché ha a cuore la sicurezza e il benessere di Israele; capisce appieno che il tempo gioca a sfavore di Israele e che coloro cui davvero interessa il suo futuro devono farsi sentire.

Sanders riconosce che per Israele non c’è futuro come stato ebraico democratico e sicuro se non riconosce ai palestinesi il diritto ad avere uno stato proprio e se non “tratta il popolo palestinese con rispetto e dignità”.

Molti politici americani che sostengono le politiche dei governi israeliani, in realtà, sfruttano Israele per i propri scopi. Non vogliono attirare solo il voto e il denaro della comunità ebraica, ma soprattutto le decine di milioni di voti della comunità evangelica il cui supporto per Israele è, per ragioni religiose, incrollabile.

A causa della sua politica parziale, gli Stati Uniti hanno permesso che Israele sviluppasse una dipendenza dall’occupazione e dalle colonie, consentendo ai governi israeliani di perseguire una disastrosa politica di espansionismo, anche se questa politica è sempre stata a danno di Israele.

Perciò, l’acquiescenza involontaria degli Stati Uniti ha permesso a Israele di sfidare impunemente la comunità internazionale, di rafforzare la risolutezza di Israele nel negare ogni concessione di rilievo e nel rendere la pace sempre più sfuggente. Paradossalmente, anziché proteggere la sicurezza nazionale di Israele, gli Stati Uniti l’hanno inavvertitamente esposto a costanti minacce e violenza.

Il fatto che i palestinesi e la comunità internazionale abbiano fallito nel costringere Israele a cambiare corso non implica che gli israeliani stiano vincendo. Israele, in realtà, si sta scavando una fossa sempre più profonda dalla quale non riuscirà a uscire indenne.

Questo è quello che sia Sanders che l’iniziativa francese vogliono evitare, dato che il conflitto israelo-palestinese non si risolverà da solo. il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti e dell’Unione Europea continua ad essere fondamentale per cambiare le dinamiche del conflitto, ma bisogna prestare attenzione alle lezioni dei passati fallimenti.

Data l’intensa ostilità, l’odio persino, e la totale mancanza di fiducia tra Israele e i palestinesi, riprendere negoziati diretti o indiretti non porterà a nulla se le importanti concessioni necessarie da ambo i lati al raggiungimento di un accordo non godranno del pieno sostegno dell’opinione pubblica.

Per queste ragioni, l’iniziativa francese, con il sostegno della prossima amministrazione americana, deve promuovere un processo di riconciliazione tra Israele e i palestinesi per preparare il terreno ai negoziati formali.

Anche se il summit di Parigi del 3 giugno lascia nell’incertezza rispetto all’effettiva possibilità di organizzare nel corso di quest’anno una conferenza internazionale per rivitalizzare il processo di pace israelo-palestinese, i partecipanti sono comunque riusciti a emanare una dichiarazione condivisa e positiva.

Il comunicato chiede “la fine dell’occupazione israeliana” che rappresenta già un’importante novità rispetto alla precedente posizione degli Stati Uniti e dichiara che “una soluzione negoziata che porti alla costituzione di due stati è l’unico modo per ottenere una pace duratura con due entità, Israele e Palestina, che vivono fianco a fianco in pace e in piena sicurezza”. Rileva anche che lo status quo è insostenibile e che “continui atti violenti e attività di colonizzazione mettono seriamente in pericolo le prospettive della soluzione dei due stati”.

Gli Stati Uniti, insieme a Francia e Unione europea, devono mettere a punto un meccanismo che promuova la riconciliazione per poter mandare avanti il processo di pace, e creare a tal fine una commissione per la riconciliazione.

La commissione dovrebbe essere composta da personalità apolitiche che godono del rispetto della loro comunità per la loro integrità e che non detengono alcuna posizione formale all’interno dei rispettivi governi.

Queste persone dovranno essere rappresentanti imparziali, esperti nella loro professione, profondamente dediti alla causa della pace tra Israele e palestinesi – che non siano in cerca di ricompense o risarcimenti – e devoti alla causa umanitaria.

In questo modo, la combinazione dei talenti e della creatività della commissione non avrebbe eguali e il suo potere di persuasione sarebbe formidabile, l’imparzialità la renderebbe una forza di rilievo nel promuovere il processo di riconciliazione.

Inoltre, un israeliano e un palestinese equi e imparziali, dediti alla causa della pace e con una profonda conoscenza degli affari interni delle loro rispettive comunità potrebbero fare da consulenti generali per la commissione.

Il processo di riconciliazione promosso dalla commissione dovrà includere moltissime interazioni a livello della società civile ed esse inizieranno a mitigare la sfiducia reciproca e incoraggiare negoziati sostanziali nell’arco di 18-24 mesi.

In questo senso, il senatore Sanders dovrà insistere affinché la piattaforma democratica adotti il suo approccio e se Hillary Clinton diventerà il prossimo presidente dovrà impegnarsi a perseguire questo corso d’azione.

Simultaneamente, e come ho rilevato altre volte, l’iniziativa di pace araba dovrà fungere da ombrello sotto al quale la pace israelo-palestinese, basata sulla soluzione dei due stati, dovrà essere negoziata nel contesto di una più ampia pace arabo-israeliana, che la maggior parte degli israeliani e dei palestinesi sosterranno.

Dichiarando che gli Stati Uniti devono giocare un ruolo imparziale nella ricerca di una soluzione al conflitto israelo-palestinese, Sanders ha introdotto un nuovo e importante paradigma che la prossima amministrazione americana dovrà adottare, e unitamente all’iniziativa francese, si potranno creare le basi per porre fine a un conflitto debilitante ed esplosivo che dura ormai da settant’anni.

— Analisi di Alon Ben-Meir, professore di relazioni internazionali ed esperto di Medio Oriente alla New York University

— Traduzione a cura di Paola Lepori

Leggi anche: La lettera aperta di Alon Ben-Meir alla leadership palestinese

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