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Home » Esteri

Quella per Al-Aqsa non è una guerra tra religioni

Immagine di copertina

Perché è sacra, chi la controlla, chi ha accesso e cosa rappresenta la moschea di Al-Aqsa all'interno del conflitto israelo-palestinese

“Il mio sogno è di riuscire a entrare nella moschea di Al-Aqsa almeno una volta prima di morire”.

Ero in piedi davanti all’ingresso Bab al-Silsilah del complesso di Al-Aqsa, il terzo luogo più sacro dell’Islam, e le parole di quel vecchio proprietario di un negozio a Nablus, in Palestina, mi echeggiavano nella testa.

“Sei davvero fortunata. Vieni da così lontano eppure riuscirai a vedere Al-Aqsa prima di me, che abito a pochi chilometri di distanza”. 

Agli abitanti della Palestina non è consentito entrare a Gerusalemme. Per poter accedere alla grande moschea hanno bisogno di permessi speciali, che non vengono concessi agli uomini sotto ai 50 anni di età per paura di rappresaglie.

Non era stato facile arrivare fino a qui. Era la terza volta che provavo a entrare nella Spianata delle Moschee di Al-Aqsa e, finalmente, superati i controlli dell’esercito israeliano e con l’approvazione dell’associazione islamica che gestisce la zona, ci ero riuscita. 

La moschea di Al-Aqsa non è come gli altri siti storici della Città vecchia di Gerusalemme: non è sempre sicura, non ci possono entrare tutti, e non ci sono orari per le visite. Me lo aveva confermato la ragazza dell’ufficio informazioni nella piazza davanti alla Porta di Giaffa quando le avevo chiesto perché Al-Aqsa era chiusa durante l’orario della preghiera.

“Ci saranno stati nuovi scontri,” aveva detto. 

“E quando riaprirà?”

“Non ti so dire. Dipende da cosa decideranno i soldati israeliani”. 

I musulmani lo chiamano il Haram al-Sharif, “il Nobile Santuario”, ma per gli ebrei è il Monte del Tempio. Senza dubbio il territorio più sacro e più conteso al mondo. 

Questa volta gli scontri sono cominciati domenica 13 settembre, quando la polizia israeliana ha fatto irruzione nella moschea di Al-Aqsa alla ricerca di alcuni “lancia pietre” che si erano barricati al suo interno. Il governo israeliano ha persino convocato le truppe di riserva per aiutare a mantenere l’ordine a Gerusalemme, che nelle ultime due settimane è stata al centro di violenti scontri tra forze dell’ordine israeliane e giovani palestinesi.

L’intervento delle forze dell’ordine israeliane era volto a scongiurare i tentativi dei cosiddetti “estremisti palestinesi” di interrompere le visite da parte degli ebrei e dei turisti non musulmani all’interno del complesso sacro. Dieci giorni fa sono stati arrestati 39 palestinesi, ma gli scontri non sono terminati lì.

Numerosi Paesi, tra cui Stati Uniti e Giordania, hanno condannato i disordini, ricordando a tutti di rispettare la sacralità del luogo. Le Nazioni Unite hanno inoltre avvisato che la confusione a Gerusalemme “potrebbe innescare violenze anche al di là delle sue mura”. 

Ma perché Al-Aqsa racchiude in sé tutta questa sacralità mista a tensione? In seguito, tutto quello che c’è da sapere.

(In basso, una mappa della zona del Monte sacro di Gerusalemme)

Perché il complesso di Al-Aqsa è sacro per i musulmani

Il Nobile Santuario è il luogo in cui, secondo la tradizione islamica, il Profeta Maometto è stato portato quando ha compiuto l’isra e il miraj. Isra, che in arabo significa “viaggio notturno”, si riferisce alla notte in cui Maometto è stato svegliato dall’angelo Gabriele e trasportato dalla Mecca al luogo in cui ora sorge Al-Aqsa, “l’ultima moschea”, sul dorso di una creatura alata chiamata Buraq, dal volto umano e il corpo animale. Da qui, precisamente dalla pietra della fondazione custodita all’interno della Cupola della Roccia, il Profeta e l’angelo Gabriele hanno compiuto il miraj, ovvero sono ascesi ai cieli, passando per l’inferno e il paradiso, incontrando diversi profeti e raggiungendo infine Dio. Prima della Mecca, era in questa direzione che pregavano i musulmani.

Perché il complesso di Al-Aqsa è sacro per gli ebrei

Questa è l’area in cui, secondo la Bibbia ebraica, Re Salomone costruì il Primo Tempio, considerato la casa di Dio dagli israeliti e contenente l’Arca dell’Alleanza – la cassa in legno rivestita d’oro che custodirebbe le tavole dei 10 Comandamenti e che il “popolo eletto” e Mosé avrebbero portato con sé attraverso il deserto. Dopo la distruzione del Primo Tempio avvenuta nel 586 a.C per mano dei babilonesi, nello stesso luogo fu costruito un secondo tempio, circondato interamente da mura di contenimento. Anche questo tempio fu distrutto, questa volta dai romani. Ad oggi, rimane soltanto il muro occidentale di questa costruzione, comunemente noto con il nome Muro del Pianto. Gli ebrei si recano qui per “piangere” per la perdita della Terra Promessa e pregare, inserendo fogli con sopra scritte delle preghiere all’interno delle fessure del Muro. Secondo la tradizione ebraica, un terzo tempio verrà costruito sul sacro Monte di Gerusalemme. Tutt’oggi gli ebrei rivolgono le loro preghiere in questa direzione. 

Chi controlla Al-Aqsa

Alla fine della guerra arabo-israeliana del 1948, le forze israeliane avevano conquistato l’85 per cento di Gerusalemme, quelle giordane l’11- inclusa tutta l’area della Città Vecchia e i villaggi della zona – e il restante 4 per cento era invece considerato terra di nessuno e corrisponde al luogo dove le Nazioni Unite hanno costruito la loro sede. La Giordania decise di lasciare il controllo di Al-Aqsa alla WAQF – una fondazione islamica che gestisce proprietà immobiliari a scopi benefici. Nel 1967, dopo la guerra dei sei giorni, Israele tentò di estendere il suo controllo alla parte est della città sacra, proclamando Gerusalemme la sua capitale “unita e indivisibile”, una mossa non riconosciuta dall’intera comunità internazionale. Per calmare le anime dei palestinesi e dei giordani, infuriati dalla notizia, Israele decise di lasciare l’amministrazione del territorio di Al-Aqsa alla WAQF giordana.

Chi ha accesso al complesso di Al-Aqsa

Un paio di mesi dopo la fine della Guerra dei sei giorni, in Israele passò una legge che tutt’oggi vieta ai non-musulmani di pregare o recarsi presso l’Haram al-Sharif. Gli ebrei che vogliono pregare nella zona sacra possono farlo solamente al Muro del Pianto. 

A volte, la Spianata viene chiusa ai fedeli musulmani per lasciar passare gruppi di ebrei o turisti che vogliono visitare il complesso. Questo è uno dei motivi principali degli scontri. Inoltre, per paura di rappresaglie, le autorità israeliane spesso vietano l’ingresso ad Al-Aqsa agli uomini palestinesi, e in alcuni casi anche alle donne, sotto ai 50 anni di età.

L’opinione degli ebrei sulla questione di Al-Aqsa

Il 40 per cento degli ebrei in Israele sostiene che accedere al Monte del Tempio e potervi pregare è anche un loro diritto, essendo il luogo ugualmente sacro per musulmani e ebrei. Questo, a detta di molti dei rabbini più importanti e influenti del Paese, è “una visione romantica della realtà”. Infatti, la stragrande maggioranza delle autorità halakhiche ebree vieta l’ingresso al Monte del Tempio proprio a causa della sua sacralità: non essendo chiaro il luogo esatto in cui sorgeva il Primo Tempio, gli ebrei rischierebbero di commettere un peccato calpestandone le fondamenta. Eppure, dalla narrazione mediatica dei fatti, si crea l’illusione che sia in corso una battaglia tra due religioni, non tra due popoli.

La lotta per Al-Aqsa è una lotta a sfondo religioso?

No. Nella lotta per la conquista della Spianata delle moschee, la religione è soltanto un pretesto volto a fomentare l’odio e creare l’idea che sia in corso una guerra tra Islam e Ebraismo. La realtà è ben diversa: questa è una guerra coloniale. È lo stesso sentimento colonialista che ha spinto Israele a occupare terreni nella Cisgiordania, a spingere il Paese a cercare di acquisire sempre maggiore controllo del Monte del Tempio, a entrarvi non rispettando lo status quo e ad attaccare i luoghi di culto dei palestinesi, spesso usati come rifugio da questi ultimi. 

I palestinesi temono che presto Israele potrebbe occupare e dividere anche il sacro monte, come fece con la Moschea di Abramo palestinese o Tomba dei Patriarchi israeliana. Nel 1994, un americano-israeliano aprì il fuoco sui palestinesi in preghiera all’interno della moschea, uccidendo 29 persone. In seguito all’attacco, la Moschea di Abramo venne divisa in due parti: metà rimase una moschea, ma l’altra metà divenne una sinagoga. Ad oggi i musulmani non hanno il permesso di accedere alla sinagoga, e gli ebrei alla moschea. Questo fa sì che per entrambi non sia possibile visitare tutte le tombe sacre custodite all’interno della struttura.

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