Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 07:15
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Esteri

I 47 secondi che salvarono la carriera politica di Kamala Harris

Immagine di copertina
Credit: AGF

Il 5 ottobre del 2010 Kamala Harris era in difficoltà. La giornalista Gwen Ifill l’aveva già ribattezzata “la Barack Obama donna” ma nella corsa alla Procura generale della California l’attuale vicepresidente degli Stati Uniti non era certo la favorita. Il suo avversario, il repubblicano Steve Cooley, aveva vinto per ben tre volte le elezioni come procuratore distrettuale della contea di Los Angeles, la roccaforte democratica più popolosa dello stato, ed era in vantaggio anche allora grazie alla sua reputazione di magistrato integerrimo contro la corruzione.

Ma a salvare la carriera politica dell’attuale candidata democratica alla Casa bianca ci pensò proprio Cooley, circa 45 minuti dopo l’inizio del primo e unico dibattito di quella campagna elettorale. Fu un momento cruciale perché senza i suoi sei anni da Procuratrice generale della California, probabilmente Kamala Harris non sarebbe riuscita a ottenere il seggio da senatrice degli Stati Uniti nel 2016 e quindi a partecipare alle primarie presidenziali del 2020, quando fu scelta come vicepresidente da Joe Biden, che quattro anni dopo rinuncerà a correre per un secondo mandato alla Casa bianca indicandola come candidata unitaria dei democratici contro Donald Trump. Tutto questo per soli 47 secondi di un dibattito tenuto a mezzogiorno in un’anonima aula della facoltà di giurisprudenza della University of California-Davis che non andò nemmeno in onda in televisione.

Ma cominciamo dal principio. Poco prima, quella stessa mattina, i moderatori dell’evento si erano incontrati nella caffetteria dell’ateneo per prepararsi e dividersi le domande da porre ai candidati. Tra questi figuravano il reporter della tv locale Kcra Kevin Riggs, l’allora editorialista del Sacramento Bee Dan Morain e l’ex cronista del Los Angeles Times Jack Leonard. Secondo il ricordo di Riggs, fu Morain a sollevare il problema del cosiddetto “double-dipping”, ovvero percepire contemporaneamente sia uno stipendio che una pensione pagati dai contribuenti, una questione spinosa emersa proprio dalle primarie repubblicane vinte da Cooley. Alla fine fu Leonard a offrirsi di porre la domanda al candidato repubblicano, che allora aveva guadagnato molti consensi perseguendo la corruzione a Bell, una cittadina in crisi dove i funzionari locali incassavano stipendi esorbitanti.

Quarantacinque minuti dopo l’inizio del dibattito, l’allora reporter del Los Angeles Times ricordò a Cooley che lo stipendio annuo da 150mila dollari percepito dal Procuratore generale della California era quasi la metà degli oltre 292mila che il repubblicano guadagnava alla procura distrettuale. Se avesse optato per il “double-dipping” però, avrebbe ricevuto oltre 400mila dollari all’anno. «Ha intenzione di percepire sia la pensione che lo stipendio da Procuratore generale?», chiese Leonard. «Sì», rispose Cooley senza esitare, lanciando una rapida occhiata a Kamala Harris, che non aprì bocca. «Me lo sono guadagnato», aggiunse. «Ho sicuramente guadagnato tutti i diritti pensionistici che possiedo e certamente farò affidamento su quella (la pensione, ndr) per integrare l’incredibilmente basso stipendio che viene pagato al Procuratore generale». A quel punto Riggs si rivolse alla sua avversaria democratica: «C’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?», le chiese il reporter della Kcra. «Fallo, Steve!», rispose Kamala Harris, lasciandosi andare a una sonora risata. «Te lo sei meritato!».

In platea i collaboratori dell’allora procuratrice di San Francisco capirono subito la portata dello scivolone di Cooley, che anni dopo ammise di essere stato solo sincero. Quei 47 secondi finirono in uno spot pubblicitario prodotto nel giro di un giorno. Non ci fu nemmeno bisogno di montarlo: il filmato cominciava con la domanda di Jack Leonard, continuava con la risposta del candidato repubblicano e si concludeva con una finta sigla da quiz show e con una scritta sullo schermo: “150mila dollari all’anno non sono sufficienti?”.

La campagna di Harris però era quasi in bancarotta e non poteva permettersi di acquistare molti spazi pubblicitari. Così la procuratrice decise di mettere tutte le uova in un solo paniere e di mandare in onda lo spot soltanto nella contea di Los Angeles, dove due mesi prima i sondaggi davano Cooley in vantaggio di 10 punti percentuali. Alla fine Kamala Harris vinse con un margine di meno di 75mila voti, ottenendo il 14 per cento in più a Los Angeles rispetto allo sfidante repubblicano, che la sera delle elezioni si era proclamato vincitore e che ammise la sconfitta soltanto tre settimane dopo il voto. Chissà cosa sarebbe successo senza quei 47 secondi.

Ti potrebbe interessare
Esteri / La protesta di Nemo, vincitore dell'Eurovision 2024: "Restituisco il trofeo per la mancata esclusione di Israele"
Esteri / Eileen Higgins è la nuova sindaca di Miami: è la prima volta di una Democratica dal 1997
Esteri / L'Australia è il primo paese al mondo a vietare i social agli under 16
Ti potrebbe interessare
Esteri / La protesta di Nemo, vincitore dell'Eurovision 2024: "Restituisco il trofeo per la mancata esclusione di Israele"
Esteri / Eileen Higgins è la nuova sindaca di Miami: è la prima volta di una Democratica dal 1997
Esteri / L'Australia è il primo paese al mondo a vietare i social agli under 16
Esteri / Elena Basile a TPI: “La guerra ha ridotto l’Europa al vassallaggio. Bisogna rifondare l’Ue”
Esteri / Terre rare e altre materie critiche: la pistola della Cina puntata alla testa degli Stati Uniti
Esteri / Sudan Connection: la geopolitica del massacro tra oro, armi e interessi internazionali
Esteri / L’esperta del Gruppo di Lavoro Onu contro le Sparizioni Forzate Aua Baldé a TPI: “Le vittime registrate in Sudan non sono nemmeno la punta dell’iceberg”
Esteri / Il genocidio in Sudan di cui non parla nessuno
Esteri / La corsa della Cina alla supremazia tecnologica globale
Esteri / Il direttore del programma di Emergency in Sudan, Matteo D’Alonzo, a TPI: “Si combatte di casa in casa, persino tra familiari. E anche con i droni”