La denuncia di Oxfam a TPI: “L’Italia è il Paese delle fortune invertite”
"Un’imposta sui grandi patrimoni dello 0,1% più ricco dei nostri concittadini potrebbe generare un gettito dai 13 ai 16 miliardi di euro all’anno", spiega a TPI Mikhail Maslennikov, policy advisor dell’ong internazionale nel nostro Paese
Il patrimonio dei super-ricchi nell’Ue, denuncia Oxfam nel suo ultimo rapporto, è cresciuta di oltre 400 miliardi di euro nei primi sei mesi del 2025. Ma in Italia la situazione non va meglio, come spiega a TPI Mikhail Maslennikov, policy advisor dell’ong internazionale nel nostro Paese.
Qual è l’evoluzione recente della disuguaglianza di ricchezza in Italia?
«L’Italia è il Paese delle “fortune invertite”. La ricchezza è sempre più concentrata al vertice, mentre la quota detenuta dalla metà più povera della popolazione è da anni in vistoso calo. I crescenti divari dovrebbero allarmarci. Essi certificano ad esempio quanto differenziata sia la capacità dei cittadini di far fronte a spese impreviste, come quelle legate all’insorgere di una malattia o alla perdita del lavoro, a maggior ragione in una fase storica caratterizzata dall’ampliamento dell’area della vulnerabilità e di insicurezza finanziaria. Le disuguaglianze di ricchezza cristallizzano inoltre le differenze di opportunità dei cittadini nell’accesso a credito, migliori istruzione, formazione e posizioni lavorative. Persistendo nel passaggio da una generazione all’altra, lasciano l’ascensore sociale bloccato, riducendo le prospettive di una società più equa e dinamica».
Oxfam propone l’introduzione di un’imposta italiana sui grandi patrimoni.
«L’imposta, con tre scaglioni e aliquote tra l’1-1,7% e il 3-3,5%, si applicherebbe a patrimoni superiori a 5,4 milioni di euro. Non si tratta di una patrimoniale generalizzata, ma di un tributo che interesserebbe lo 0,1% più ricco dei nostri concittadini (50mila individui), in grado di generare un gettito tra i 13 e i 16 miliardi di euro all’anno. Per evitare i rischi di evasione ed elusione, la proposta di Oxfam è accompagnata da misure orientate a limitare le opportunità di occultamento offshore dei capitali e a disincentivare, rendendoli più onerosi, gli “espatri fiscali”».
Nell’ambito dell’agenda Tax The Rich, l’anno scorso avete promosso il “Manifesto degli economisti e delle economiste italiani/e”. Quali sono le proposte?
«Nel nostro Paese i più ricchi versano, in proporzione al proprio reddito o ricchezza, minori imposte dirette, indirette e contributi, rispetto a un’infermiera o un’insegnante. Il Manifesto si propone di ovviare a questa ingiustizia, avallando un prelievo più marcato sulla ricchezza posseduta o trasferita e sui redditi dei contribuenti più facoltosi. Gli obiettivi prioritari? Riequilibrare i carichi fiscali tra i cittadini, aumentando il grado di equità del nostro sistema impositivo e reperire risorse necessarie per stimolare una crescita sostenibile e inclusiva, supportare una transizione ecologica giusta e investimenti in beni pubblici come sanità e istruzione, oggi ampiamente sotto-finanziati e a rischio permanente di tagli».
Un recente sondaggio di Demopolis per Oxfam rivela che, in Italia, 7 cittadini su 10 sono favorevoli alla vostra proposta di un’imposta sui grandi patrimoni. Perché questo supporto non si trasforma in consenso elettorale?
«Nel contesto italiano questo “paradosso” è in parte spiegabile con la sfiducia dei cittadini nella capacità dello Stato di usare le risorse erariali per erogare servizi pubblici di qualità e assicurare una società meglio regolata, più armonica e inclusiva. Una sfiducia tutt’altro che ingiustificata su cui ha presa facile la persistente narrazione del fisco vessatorio e opprimente. Altrettanto pervasiva è poi l’idea che tassare e ridimensionare i super-ricchi li disincentiverebbe dall’usare i propri talenti innovatori con ripercussioni negative per la crescita e il benessere collettivo. Un’idea fallace di cui liberarsi (e un potere politico dei ricchi da ridimensionare) se si vuole rimanere in una democrazia ben funzionante e votata alla giustizia sociale».