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Home » Economia

La Commissione europea contro l’Italia: “Il blocco dei licenziamenti è dannoso”

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L'esecutivo comunitario ritiene la misura discriminatoria nei confronti dei lavoratori precari e tutto sommato "superflua", lanciando un assist a Confindustria

La Commissione europea appoggia la linea del governo di Mario Draghi volta a superare gradualmente il blocco ai licenziamenti introdotto in Italia dall’inizio della crisi innescata dalla pandemia di Covid, lanciando un segnale alle forze politiche come il Partito Democratico (Pd) di Enrico Letta e la Lega di Matteo Salvini (che poi ha fatto dietrofront) pronunciatesi a favore di un prolungamento della misura voluta dal precedente esecutivo guidato da Giuseppe Conte e lanciando un assist a Confindustria.

S&D

L’altolà dell’organo comunitario arriva dalle raccomandazioni di primavera approvate ieri collegialmente dalla Commissione, che ha notato come il nostro Paese sia “l’unico Stato membro ad aver introdotto un divieto assoluto di licenziamenti dall’inizio della crisi”, osservando che “il divieto generale di licenziamento” può “influenzare la composizione ma non la portata dell’aggiustamento del mercato del lavoro“.

In sintesi, per l’Ue la misura voluta dal precedente governo e intesa a proteggere i lavoratori dagli effetti economici devastanti della pandemia rischia di bloccare il mercato, impedendo il ricambio e penalizzando aziende e dipendenti, soprattutto quelli assunti a tempo determinato, i lavoratori interinali e gli stagionali. Il blocco ai licenziamenti, secondo la Commissione europea, potrebbe addirittura rivelarsi “controproducente“, ostacolando “il necessario adeguamento della forza lavoro alle esigenze aziendali”.

Inoltre, stando alle conclusioni dell’esecutivo comunitario, il provvedimento si è rivelato addirittura “superfluo“, almeno in confronto ad altri Paesi come Francia e Germania che non hanno adottato misure simili al blocco ai licenziamenti, avendo però un più elevato livello di protezione generale della forza lavoro. In termini di elasticità media dell’occupazione in rapporto al Prodotto interno lordo tra gli Stati membri – che misura la variazione percentuale media annua sul mercato del lavoro con quella del Pil – il dato italiano risulta lievemente inferiore alla media europea.

Insomma, secondo la Commissione europea, il blocco ai licenziamenti non produce i risultati sperati e favorisce i dipendenti assunti a tempo indeterminato, impedendo il ricambio nel mondo del lavoro. Una tesi sposata pienamente da Confindustria, la cui direttrice generale Francesca Mariotti ha assicurato in audizione alla Camera che con lo sblocco ci sarà solo un “aggiustamento fisiologico” e nessuna “emorragia di lavoratori“.

Tuttavia, al di là del giudizio sul singolo provvedimento in materia di occupazione, l’esecutivo comunitario avverte il governo sui rischi connessi al ritiro delle misure di sostegno introdotte a seguito della crisi innescata dalla pandemia, chiedendo comunque di mantenere alta la guardia sulle finanze pubbliche.

L’Ue ha infatti lanciato di nuovo l’allarme sull’economia italiana, che continua a soffrire di “eccessivi squilibri macroeconomici” dovuti a un elevato livello del debito, alla bassa produttività e a un mercato creditizio in sofferenza, tutti fattori che potrebbero aggravarsi con l’abrogazione di tali provvedimenti.

Secondo l’esecutivo comunitario, la “dinamica prolungata di bassa produttività” e ridotto aumento dell’occupazione “danneggia la crescita potenziale limitando i margini di manovra per la riduzione del debito”. Nonostante i progressi raggiunti nel rafforzamento del settore bancario, il livello dei crediti in sofferenza “resta relativamente elevato e probabilmente aumenterà una volta ritirate le misure provvisorie di sostegno” all’economia.

Di fatto, pur figurando tra gli Stati membri in maggiore squilibrio dal punto di vista macroeconomico, grazie alla sospensione delle regole del Patto di stabilità finora l’Italia ha potuto evitare di incorrere nella procedura di infrazione, ma deve comunque fare attenzione alle finanze pubbliche.

La “sospensione delle regole”, secondo il commissario all’Economia ed ex premier Paolo Gentiloni, “non significa che non si debba prestare attenzione ad evitare l’accumulo di una maggiore spesa corrente”, soprattutto se “può costituire un onere permanente” per lo Stato. I Paesi ad alto debito come l’Italia dovrebbero infatti “limitare la crescita della spesa”, favorendo gli investimenti “in ricerca, istruzione e infrastrutture pubbliche” in luogo della spesa corrente.

In questo senso, per il 2022 la Commissione Ue ha raccomandato al governo di “utilizzare il Recovery Fund per finanziare ulteriori investimenti a sostegno della ripresa, pur conducendo politiche fiscali prudenti”.

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