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3 giugno 1989, il massacro di Tienanmen

Immagine di copertina
Piazza Tienanmen il 13 giugno. Credit: CATHERINE HENRIETTE / AFP

Piazza Tienanmen 30 anni | Massacro studenti e operai | 3-4 giugno 1989

PIAZZA TIENANMEN 30 ANNI – Era la notte tra il 3 e il 4 giugno di trent’anni fa. Era la notte buia della Cina. I carri armati lenti sfilavano su Pechino e di lì a poco sarebbero diventati il simbolo della repressione. Il sangue di studenti e operai sporcherà il cemento della città e l’anima di un paese che ancora stenta a riconoscere l’atrocità di quella notte.

Le manifestazioni erano iniziate in un tiepido giorno di primavera. Era il 15 aprile del 1989 quando prima gli studenti e poi gli operai scesero in piazza la prima volta, chiedendo a gran voce al governo di Pechino riforme democratiche. La risposta della Cina comunista furono i carri armati.

Per un mese e mezzo i manifestanti scesero in quella piazza che passò alla storia come il palcoscenico di una mattanza. Piazza Tienanmen divenne il simbolo della protesta e della rinascita prima e quello del sangue e della repressione poi.

Piazza Tienanmen 30 anni  | Libertà e democrazia

Quello che chiedeva chi era sceso in piazza era la libertà: le libertà politiche e di stampa e le riforme economiche. Chiedevano una vita migliore, volevano la democrazia e la chiedevano a un governo sordo.

Era il 1989, l’anno in cui si sbriciolava il muro di Berlino insieme ai regimi comunisti d’Europa. Quello cinese, però, resisteva nella sua anomalia. Il 27 aprile studenti di 40 università si riversarono in piazza Tienanmen e marciarono insieme a operai, funzionari pubblici, intellettuali.

Giorno dopo giorno, il numero dei manifestanti cresceva. A maggio su quella stessa piazza che quaranta anni prima aveva visto Mao Zedong dichiarare la nascita della Repubblica Popolare Cinese si radunò un milione di persone.

Piazza Tienanmen divenne il cuore pulsante della città. A poco meno di un mese dall’inizio delle proteste, il 13 maggio, gli studenti diedero inizio a una manifestazione pacifica con lo sciopero della fame, dopo che fu negato loro un incontro con i rappresentanti del governo, che li accusarono di complotto.

Piazza Tienanmen 30 anni  | Il pugno duro

Il 20 maggio il governo optò per il pugno duro, approvando la legge marziale. In un primo momento, però, le forze armate si fermarono, idealmente inermi di fronte a quell’onda di protesta. Poi fu Deng Xiaoping, capo della Commissione militare nonché leader politici tra i più influenti, a dare l’ordine di aprire il fuoco. Era il 3 giugno del 1989.

Il rumore sordo dei carri armati riempì il silenzio della notte. Erano le 4.30 quando il sibilo dei proiettili tagliò la piazza, incessantemente per una interminabile ora e quaranta. 319: è questo il numero di vittime che il governo cinese dichiarò. La verità, però, fu un’altra e non basta il silenzio assordante cinese, trent’anni dopo, a cancellarla.

Le organizzazioni internazionali, la Croce Rossa e, soprattutto, i testimoni parlano di cifre impressionanti. Settemila le persone coinvolte. Quando i carri armati si ritirarono vittoriosi dalla piazza, sul cemento restavano solo morti e feriti, giovani e lavoratori.

Il rivoltoso sconosciuto che fermò i carri armati in Piazza Tienanmen, 30 anni dopo non conosciamo ancora il suo nome

Piazza Tienanmen 30 anni  | L’anniversario

Trent’anni dopo la Cina non ammette il massacro. Il governo, oggi, parla di “disordini politici”, di “turbolenza politica” e vieta le manifestazioni in ricordo di quella notte. Di quella protesta, resta il sangue che macchia ancora la Cina, e la foto di quel giovane manifestante, che, inerme, a mani nude, si para davanti alla colonna di carri armati.

Il rivoltoso sconosciuto è passato alla storia come il simbolo della primavera democratica cinese. Per il paese quella notte resta un tabù, ma il resto del mondo ricorda i morti e la loro causa.

Piazza Tienanmen, la testimonianza dello scrittore Ma Jian
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