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Violante Guidotti Bentivoglio e la leucemia: “Salva grazie al midollo di un ragazzo di 19 anni”

Immagine di copertina
Violante Guidotti Bentivoglio con il marito Carlo Calenda e il figlio. Credit: ansa foto

“La possibilità di allontanare da me una fine che sembrava stesse lì ad aspettarmi, me l’ha data uno sconosciuto che per puro altruismo mi ha donato il suo midollo osseo – racconta – Quello che so di lui? Pochissimo: che al momento della donazione aveva 19 anni, 3 più di quanti ne abbia mio figlio ora. Nient’altro: non conosco il nome, né ho mai visto la sua faccia, e non so dove vive. Ma quel ragazzo è il mio angelo custode”. Lo racconta Violante Guidotti Bentivoglio, moglie di Carlo Calenda, al convegno romano 30 anni di ADMO. È il racconto di una donna salvata dalla leucemia grazie a un giovane sconosciuto.

Violante Guidotti Bentivoglio è nata a Forlimpopoli, comune della provincia di Forlì e Cesena, nel 1973, da una famiglia di origini nobiliari. A 18 anni ha conosciuto quello che poi sarebbe diventato suo marito, ha studiato Giurisprudenza alla Sapienza di Roma e, una volta conseguita la laurea, ha iniziato una carriera da manager.

Nel 2017 Violante scopre di avere una leucemia e un tumore al seno. Come ha raccontato lei stessa, nei mesi precedenti aveva trascurato i campanelli di allarme lanciati dal proprio corpo. Continui mal di testa, lividi, dolori alle ossa che, quando non più sottovalutabili l’hanno portata a un ricovero d’urgenza presso il Policlinico Gemelli di Roma. Inizia immediatamente un percorso di chemioterapia per contrastare la leucemia, una cura che però, abbassando le difese immunitarie, non le consente di intervenire chirurgicamente per rimuovere il cancro al seno. Nella sfortuna, però, ha la fortuna che la chemio risulta efficace anche contro la neoplasia. Terminato il ciclo con successo si sottopone all’operazione e alle successive cure necessarie, facendo la radioterapia.

Dopo una recidiva, che fa ripresentare la leucemia, diventa necessario ricorrere a un trapianto di midollo. Il donatore, che Violante chiama “angelo”, è un ragazzo di diciannove anni con cui poi, pur non potendolo conoscere per legge, ha instaurato un rapporto epistolare, attraverso gli ospedali, e verso il quale nutre un affetto e una riconoscenza che si può provare solo per chi, materialmente, ti restituisce alla vita con un grande gesto di solidarietà e altruismo.

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