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“Mi sono ritrovata piena di sangue”: il racconto dei sopravvissuti alla tragedia della gru crollata a Torino

Immagine di copertina
Credit: Ansa foto

“Non so cosa sia successo, ho sentito un dolore alla testa e mi sono ritrovata piena di sangue”, questo è il racconto di Carolina Suraci, 61 anni, ferita dal crollo della gru avvenuto ieri a Torino. La testimonianza è riportata in un articolo del Corriere della sera.

Il crollo della gru in via Genova ha provocato la morte di tre operai e il ferimento di alcuni passanti. Suraci è una di questi. È stata colpita da un calcinaccio, o forse da un pezzo di traliccio. La donna è crollata a terra ed è stata soccorsa dal titolare del bar all’angolo che in quel momento stava attraversando la strada: la donna aveva “un taglio profondo. L’abbiamo fatta accomodare qui nei tavolini sotto i portici, era sconvolta”, racconta l’uomo.

Il titolare del bar, Alberto, racconta anche che “fosse successo durante un giorno feriale avremmo contato decine di vittime. Questa strada è sempre trafficata e invece in quel momento passava solo quell’Alfa Romeo grigia. La portiera è volata via, esplosa, ma la torre ha colpito solo la parte destra dell’abitacolo. Il conducente è uscito sulle sue gambe e io purtroppo ho visto tutto. Sentivo urlare dall’alto, ho alzato gli occhi e la gru ondeggiava, come se ci fosse una tempesta, ma non tirava un alito di vento. C’erano due persone che cercavano disperatamente di non cadere nel vuoto, ma non ce l’hanno fatta e sono precipitati giù. È stato terribile». Sull’asfalto sono rimasti i corpi di Roberto Peretto, Marco Pozzetti e Filippo Falotico, operai di 52, 54 e 20 anni.

“Ho sentito un boato – racconta un altro testimone – e ho pensato a un terremoto. La scrivania si è messa a tremare, sono corso giù per le scale e ho visto la gru collassata e i corpi degli uomini a terra. Mio figlio lavora nell’edilizia e, da padre, dico che non è accettabile che accadano ancora incidenti del genere”.

Accanto a lui un altro “sopravvissuto” parla con commozione: “Mi sono avvicinato a un operaio. Era sdraiato, pensavo fosse ancora vivo e volevo soccorrerlo. Gli ho chiesto come stava e solo dopo ho capito che non mi avrebbe mai risposto. Non lo conoscevo, ma non dimenticherò mai il suo volto”.

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