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“Rosa e Olindo sono colpevoli per la strage di Erba”: la Procura di Como smorza gli entusiasmi sulla riapertura del processo

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La Procura di Como difende l’operato della magistratura sulla condanna definitiva di Rosa Bazzi e Olindo Romano per la strage di Erba. In risposta alle affermazioni del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser, che ha gettato ombre sulle indagini chiedendo la revisione del processo, in un documento ufficiale firmato dal procuratore della Repubblica facente funzione Massimo Astori viene ribadito come le “corpose e approfondite sentenze” sulla vicenda del dicembre 2006 non lascino “spazio a perplessità”, rivendicando la “correttezza dell’operato del pubblico ministero e dell’Arma dei carabinieri”.

Le confessioni della coppia sarebbero “confessioni dettagliate sino alla descrizione di ogni minimo e più atroce particolare” e costituirebbero una prova schiacciante a sostegno dell’accusa. Astori, che era già un magistrato della procura di Como nel 2006, non ha escluso iniziative legali per “per tutelare l’immagine dell’ufficio”. Per gli inquirenti quindi non ci sono dubbi che a compiere l’efferato delitto furono Rosa e Olindo, che però da quando sono entrati in carcere si sono sempre professati innocenti e da diverse settimane sperano nella riapertura del caso di fronte a nuovi elementi che secondo i loro legali dovrebbero cambiare le carte in tavola in una storia processuale già scritta e sedimentata.

“Istanze tutte ritenute prive di qualsiasi novità e di attitudini probatorie significative”, scrive Massimo Astori, che va a scontro aperto con Tarfusser: “Stupisce che la proposta di revisione sia stata rapidamente ed integralmente divulgata prima della sua trasmissione all’autorità competente a valutarla e prima di un suo eventuale uso processuale. Stupisce che la premessa menzioni la collaborazione delle difese. Infine, che nell’atto siano contenute espressioni che contengono accuse di condotte abusive ed illegittime, se non di veri e propri reati, a carico di magistrati della procura di Como, a distanza di 16 anni dai fatti e senza giustificazione alcuna”.

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