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Home » Cronaca

La bugia sulla laurea e lo schianto in auto, il dolore del papà di Riccardo: “Non caricate i vostri figli di troppe aspettative”

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Il papà del ragazzo morto in auto dopo la bugia sulla laurea

“Era tutto pronto per la festa di laurea”: a parlare è Stefano Faggin, il papà dello studente 26enne morto in un incidente d’auto nella notte tra lunedì 28 e martedì 29 novembre all’indomani della discussione della sua tesi di laurea in Scienze infermieristiche all’università di Padova. O almeno questo è quello che credevano i suoi familiari dal momento che la facoltà ha smentito che il ragazzo dovesse laurearsi.

Il papà del ragazzo rivela al Corriere della Sera che per l’occasione era pronto il “vestito nuovo, le bomboniere, il ristorante, i fiocchi rossi in giardino” e anche un “regalo”, ovvero “i soldi, per un viaggio in Giappone che non farà mai”.

L’uomo ha raccontato che la sera del tragico incidente il figlio ha detto che sarebbe uscito per “per allentare la tensione”. Quello che è accaduto successivamente, però, è ancora un mistero: “Ancora non lo sappiamo con precisione. Intorno alle 22 ci ha detto che sarebbe andato con gli amici in un locale di Montegrotto per distrarsi, perché era un po’ teso per la laurea dell’indomani. In realtà abbiamo scoperto che il bar a quell’ora era già chiuso da un pezzo. Era una piccola bugia”.

“Riccardo è entrato in crisi con il lockdown, che ha coinciso con la decisione di cambiare cerchia di amici – racconta ancora il padre del giovane – Gli mancava un esame: Filosofia del Nursering. È stato bocciato una prima volta, poi una seconda… Era come bloccato. Poi a primavera ci ha detto che era riuscito a superarlo e che finalmente poteva concentrarsi sulla tesi”.

L’argomento scelto per la tesi era “un’analisi sulla percezione del servizio sanitario da parte dei pazienti prima e dopo il Covid. Non ha mai voluto farmela leggere, mi diceva che doveva essere una sorpresa. A questo punto non so neppure se quella tesi esista davvero. Non sono uno psicologo ma credo sia iniziato tutto così: una bugia innocente per gestire un momento di debolezza, seguita da un’altra, e poi un’altra… Fino a quando tornare indietro voleva dire rinnegare se stesso”.

Nessuno, però, era a conoscenza del fatto che in realtà Riccardo non stava per laurearsi: “A quanto sappiamo anche gli amici erano convinti fosse a un passo dalla laurea. Sia chiaro: non sono arrabbiato con mio figlio, non gliene faccio una colpa per non aver saputo gestire le sue debolezze”.

“La responsabilità, semmai, me la sento addosso. Mi rimprovero di non aver saputo leggere i segnali, di non avergli insegnato a essere più forte, almeno ad avere quella forza che serve per chiedere aiuto. Provo vergogna come genitore, e non faccio che ripetermi che vorrei essere un po’ più stupido per non ritrovarmi a riflettere sui miei sbagli, a ragionare sul fatto che forse avrei potuto incidere di più sulle sue scelte” afferma ancora Stefano Faggin.

“Perché Riccardo si è sentito in trappola e io, in questi 26 anni, non sono riuscito a trasmettergli la consapevolezza che, in realtà, non era solo, che mamma e papà potevano comprenderlo e sostenerlo nell’affrontare le difficoltà che la vita gli avrebbe messo davanti, fallimenti compresi”.

“Voglio pensare – conclude il papà di Riccardo – che la sua morte possa insegnare comunque qualcosa ad altri genitori: con l’impegno di tutti si può proteggere anche chi è fragile, evitando di caricare i nostri figli, anche inconsapevolmente, delle nostre aspettative e ambizioni. Perché a volte, la paura di deluderci può diventare un peso insopportabile”.

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