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“Pace per Gaza”: la musica scende in piazza a Bologna “contro il silenzio”

Dove i partiti non arrivano, dove la politica tentenna e i governi balbettano, la musica alza la voce. Studenti, musicisti e artisti di strada hanno invaso piazza VIII Agosto per l’iniziativa che da settimane sta facendo vibrare le piazze italiane

Si è svolta ieri a Bologna una nuova tappa de “La musica contro il silenzio”, l’iniziativa che da settimane sta facendo vibrare le piazze italiane con un solo grido: pace per Gaza. Un’iniziativa nata dal basso, genuina, spontanea, che ha trovato forza nella sola cosa che non mente: il suono. Il suono degli archi, dei fiati, delle percussioni. Il suono dei corpi, delle voci, degli strumenti che si uniscono in un unico grande respiro collettivo.

Non c’è palco. Non ci sono cachet. Non ci sono bandiere. C’è solo il bisogno, urgente e radicale, di rompere il silenzio assordante che circonda la tragedia del popolo palestinese.

A Bologna, in Piazza VIII Agosto, centinaia tra musicisti, cori, studenti, artisti di strada, professionisti del Teatro Comunale, come Fabio Sperandio – violino e direttore d’orchestra, che ieri con grande emozione ha diretto il concerto, si sono dati appuntamento per lanciare un messaggio chiaro, netto, inesorabile: fermate i massacri, cessate il fuoco, fate entrare gli aiuti.

E poi ci sono loro. I giovani. Tanti, vivaci, determinati. Non inquadrati, non etichettabili, non riducibili a un collettivo, a una sigla, a una bandiera. Giovani che scendono in piazza mossi da un’urgenza che non ha nome né partito: gridare “Palestina libera”, usare la musica come ponte, come grido, come abbraccio. Li vedi. Cantano, suonano, ascoltano.

Alcuni per la prima volta si affacciano in piazza. E non lo fanno per protesta, ma per presenza. Perché sentono che non si può restare immobili mentre Gaza brucia. Uno di loro mi dice è la prima volta che non mi annoio in una chat di 500 persone.

Le città stanno rispondendo. In massa. E forse, proprio ora, stiamo assistendo alla nascita di uno dei più grandi movimenti di solidarietà con la Palestina che l’Italia abbia conosciuto. Un Paese che fino ad oggi, su questo tema, è rimasto timido, distratto, impaurito. Ma ora le strade parlano, i violini urlano, i tamburi marciano. E nel cuore delle città italiane rinasce una coscienza collettiva: allegra, determinata, riflessiva. Viva.

Nel cuore della città risuonava una sinfonia senza partitura, fatta di dolore e speranza. Dove i partiti non arrivano, dove la politica tentenna e i governi balbettano, la musica alza la voce. Dove la società civile arranca, i musicisti si espongono. E lo fanno con i loro strumenti, che diventano armi poetiche contro l’indifferenza.

È la musica a dire ciò che molti non vogliono più ascoltare. È la musica che rompe il silenzio complice. La musica contro il silenzio non si ferma. Dopo Firenze, Torino, Palermo e ora Bologna, toccherà Como, Milano, altre città. Perché non è solo Gaza.

È un movimento che parla anche di noi. Di chi vuole ancora credere che un altro mondo è possibile. Che non si può continuare a chiudere gli occhi mentre si bombardano ospedali, si impediscono cure, si uccidono bambini. E allora che sia chiaro: mentre l’Occidente discute, tergiversa, armi e tace, i musicisti suonano. E con loro suona una coscienza collettiva che non accetta più la barbarie. È il suono della resistenza. È il canto della dignità. È la musica contro il silenzio.

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