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La dipendente del McDonald’s che ha salvato la 19enne: “Avevo paura ma dovevo intervenire”

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La dipendente del McDonald’s che ha salvato la 19enne: “Avevo paura ma dovevo intervenire”

“Sembrava che non ci credesse. Io ero già al telefono con la polizia e lei continuava a mostrarmi la mano”. Inizia così il racconto fatto al Corriere della Sera dalla dipendente del McDonald’s di via Torino a Milano, intervenuta nella notte tra il 21 e il 22 novembre per salvare una 19enne che aveva chiesto aiuto con il “Signal for Help”. Si tratta del gesto ideato dalla Canadian Women’s Foundation per le donne vittime di violenza, costrette a chiedere aiuto senza dare nell’occhio: quattro dita aperte e un pugno chiuso.

Intorno alle 3 di mercoledì notte, l’addetto della catena di fast food ha visto una giovane lanciare il segnale più volte mentre era accompagnata da un 23enne. “Eravamo fuori dal locale. Abbiamo visto i due ragazzi avvicinarsi. Lui s’è fermato, ha chiesto una sigaretta a un collega. Poi ha domandato se lei poteva andare in bagno”, ha raccontato al Corriere della Sera. “Ho detto che non era possibile. Lei era alle sue spalle. Ha alzato la mano e senza farsi vedere mi ha fatto il segnale di aiuto”. Un gesto che lei già conosceva dopo averlo “scoperto in passato sui social, in televisione”. “Da un anno abbiamo gli adesivi con il numero antiviolenza nei nostri bagni. Sono una ragazza”, ha proseguito. “Mentre lui parlava con i colleghi io ero già al telefono con la polizia”. Secondo l’addetta, la giovane continuava a chiedere aiuto, senza farsi vedere, anche mentre lei era già al telefono con la polizia. “ Lui la controllava, quando era girato lei riprendeva a muovere la mano. Non sapeva che ero già al telefono con la polizia”. Poi i due si sono allontanati, anche se lei “faceva di tutto per rallentare”. La testimone, insieme ai colleghi, ha continuato a seguirli a distanza “per poter indicare la loro posizione alla polizia”. Per non farsi scoprire, ha detto all’edizione milanese del Corriere della Sera, parlava “a voce bassa, cercavo di girarmi dall’altra parte facendo finta di nulla. Come se stessi parlando normalmente con qualcuno, con un collega”. Dall’altro capo del telefono, “hanno capito subito. Mi hanno chiesto solo se fossi sicura che la ragazza avesse bisogno d’aiuto”. “Mi hanno detto: ‘È da cartellino rosso?’”, ha ricordato. “Ho risposto: ‘Sì, è da cartellino rosso’. ‘Ok stiamo già arrivando’. La ragazza era agitata anche se faceva di tutto per non apparirlo”. Dopo il suo arresto per violenza sessuale, il fermo del 23enne ieri è stato confermato dal gip.

“È stata una cosa istintiva, in quel momento non ho pensato di poter essere anch’io in pericolo”, ha raccontato la stessa dipendente a La Repubblica. “Dovevo intervenire, aiutare qualcuno in difficoltà. E sono felice di avere fatto la differenza, con tutto quello che si sente in questo periodo, da Giulia Cecchettin in giù. Almeno una ragazza si è salvata”.

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