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Loggia Ungheria, Davigo condannato anche in appello per rivelazione di segreto d’ufficio

Immagine di copertina
Credit: AGF

La Corte d’Appello di Brescia ha confermato in secondo grado la condanna a un anno e tre mesi di reclusione nei confronti del magistrato Piercamillo Davigo: i giudici lo ritengono colpevole di rivelazione di segreti d’ufficio per aver diffuso i verbali secretati in cui l’avvocato Piero Amara parlava della presunta “Loggia Ungheria”.

S&D

La sentenza è stata emanata nel mattino di oggi, giovedì 7 marzo. Davigo, presente in aula, è uscito dal Palazzo di giustizia senza rilasciare dichiarazioni.

I fatti contestati risalgono al 2020, quando il pm milanese Paolo Storari – assolto in via definitiva al termine del processo abbreviato – consegnò i verbali al collega, all’epoca membro del Consiglio Superiore della Magistratura.

Storari aveva raccolto le dichiarazioni di Amara nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto falso complotto Eni. Davanti al sostituto procuratore milanese, l’avvocato aveva riferito dell’esistenza di un’associazione massonica segreta, denominata “Loggia Ungheria, di cui avrebbero fatto parte magistrati, politici, vertici delle forze dell’ordine, imprenditori.

Secondo Amara, lo scopo della loggia sarebbe quello di condizionare le nomine e le decisioni interne alla vita giudiziaria e politica italiana.

Storari aveva segnalato tali dichiarazioni al suo superiore, il procuratore capo di Milano Francesco Greco, ma di fronte all’inerzia di quest’ultimo aveva deciso di informare Davigo in quanto consigliere del Csm.

Davigo a sua volta si attivò informando del contenuto di quegli atti diversi colleghi del Csm e all’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra. L’ex magistrato del Pool Mani Pulite è stato condannato oggi proprio per questa sua attività di rivelazione di atti coperti da segreto.

Per la pubblica accusa, Davigo è andato “oltre i suoi poteri aumentando il pericolo di diffusione di un’indagine segreta”.

Al contrario, secondo i legali della difesa, rappresentata da Davide Steccanella e Francesco Borasi, che hanno già annunciato ricorso in Cassazione, siamo davanti a un “paradosso in quanto, se fosse valida l’impostazione accusatoria, Davigo ha violato il segreto d’ufficio non per nuocere a un’indagine, ma per farla partire”.

Parte civile del processo è il magistrato Sebastiano Ardita, all’epoca dei fatti anche lui membro del Csm e indicato da Amara tra i membri della loggia segreta. Secondo il legale di Ardita, Fabio Repici, il suo assistito è stato oggetto delle “calunniose dichiarazioni di Pietro Amara”, il cui fine sarebbe stato quello di “screditare Ardita per condizionare il funzionamento del Csm”.

“Ora – ha aggiunto Repici – confido che a Milano si accerteranno le ragioni che hanno portato Amara a verbalizzare quelle calunnie e gli interessi che hanno mosso Amara e i suoi danti causa”.

Di indagare sull’esistenza della “Loggia Ungheria” si è occupata la Procura di Perugia, che tuttavia lo scorso settembre ha concluso con la richiesta d’archiviazione ritenendo infondate le dichiarazioni di Amara.

LEGGI ANCHE: Loggia Ungheria, dalle rivelazioni di Amara all’acquisizione dei tabulati trascorsero 13 mesi

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