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Home » Cronaca

“La biblioteca che batte l’algoritmo”: intervista a Maranesi, il rettore più giovane d’Italia

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Sul nuovo numero di TPI, in edicola da venerdì 3 dicembre, l'intervista ad Alessandro Maranesi, il più giovane rettore di collegi universitari d’Italia

«L’algoritmo pre-ordina le informazioni da farti leggere, ex ante. Girovagando tra i libri, l’ordine delle informazioni lo dai tu, ex post. Se tu prestabilisci un ordine del sapere, togli gli strumenti per esplorare il disordine. E questo è un problema, perché io studente, essere umano, di quel disordine potrei aver bisogno». A 36 anni Alessandro Maranesi – alla guida del Collegio Ghislieri di Pavia – è il più giovane rettore di collegi universitari d’Italia.
Millennial ed expat. Ha trascorso quasi un decennio in giro per atenei: da Cambridge a Pamplona, passando per Boulder, sulle montagne Rocciose. Parla sei lingue, anche se un paio dice di saperle solo leggere (il francese e lo sloveno) ed è docente a contratto di Storia romana. Specializzato nelle gesta di Costantino, si entusiasma raccontando le diatribe tra i retori che costituivano l’inner circle dell’imperatore. S’illumina ricordando i chilometri percorsi tra gli scaffali gonfi di volumi delle biblioteche di tutta Europa. Gli domando se sia un frequentatore delle piattaforme che rovesciano serie tv nell’immaginario collettivo degli italiani. A sorpresa, replica: «Mi ha molto appassionato Squid Game. Descrive un sentimento diffuso: o vinci tutto o muori. E sto finendo Strappare lungo i bordi».
Del fumettista Michele Rech, in arte Zerocalcare.

«Credo che lui sia l’intellettuale dei nostri tempi».

S&D
Addirittura?

«Non vedo molti altri usare un linguaggio in cui si mescolano così sapientemente diverse forme d’arte. Zerocalcare avvolge tutto col sarcasmo, che è lo strumento retorico più calzante per leggere il mondo in cui viviamo. Pasolini e Cicerone, pur conoscendolo, non avrebbero mai usato il sarcasmo, perché sarebbe stata una cifra stonata per i loro tempi».

C’è chi ha stigmatizzato l’eccesso di dialetto romano.

«Lo dico da trentino: è una critica sciocca. Lui alterna i ritmi sapientemente: come nelle messe medievali si alternava il latino e il volgare, c’è un continuo gioco tra contenuto alto e linguaggio basso, governato da una regia in cui nulla avviene a caso. Basti pensare a come viene dosato lo strumento della critica sociale e politica».

Come?

«Filtrando sempre il tutto con il racconto e con la logica della nevrosi. Zerocalcare non spiattella la condizione precaria della sua generazione con un semplice slogan militante, prima la fa passare attraverso il filtro delle nevrosi e delle paure. Come dire: la faccio mia e poi te la faccio consumare. Crea empatia. È una grande opera».

Fai un elogio sperticato di quelli che lo stesso Zerocalcare chiama “disegnetti”.

«La cultura, l’arte, le manifestazioni intellettuali vivono della più alta forma di darwinismo: si adattano a ogni contesto. Creano sempre qualcosa di nuovo e di grandioso. Tra centocinquant’anni chi vedrà Strappare lungo i bordi troverà un piccolo monumento alla società italiana del 2021».

Continua a leggere l’articolo sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui.
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