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Firenze, la preside non esonera la figlia dall’ora di religione: i genitori fanno ricorso al Tar e vincono

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Firenze, la preside non esonera la figlia dall’ora di religione: i genitori fanno ricorso al Tar e vincono

Richiesta negata perché erano scaduti i termini. Così la preside di un istituto comprensivo di Firenze aveva giustificato il diniego, reiterato, alla richiesta di una famiglia di esonerare la figlia dall’ora di religione. Una decisione arrivata fino in tribunale, dove i giudici hanno dato ragione ai genitori.

Il caso risale ai primi di marzo, quando la dirigente scolastica aveva respinto la richiesta dei genitori di un’alunna di quarta elementare perché erano “scaduti i termini stabiliti dalla circolare d’istituto”, che indicava la data del 30 gennaio come termine ultimo per l’iscrizione, l’anno successivo, all’ora di educazione alternativa. La bambina aveva però espresso l’intenzione di non frequentare più l’ora di religione solo dopo la scadenza.

La richiesta di dare seguito alla sua volontà, confermata nonostante i tentativi dell’insegnante di religione di convincerla a non lasciare, sono state respinte ripetutamente dalla preside. La famiglia si è così rivolta a un avvocato, che ha chiesto di inserire la bimba in una classe già formata. Il tentativo di conciliazione non è riuscito e il caso è finito di fronte al Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Toscana. Nel ricorso la legale ha contestato la lesione della libertà religiosa della minore e la violazione del diritto della bambina a fruire dell’ora di educazione alternativa.

“Le circolari hanno termini ordinatori che danno all’amministrazione l’opportunità di organizzarsi, non hanno termini perentori. Ho fatto di tutto per evitare il ricorso al Tar, perché è una spesa onerosa per una famiglia”, ha dichiarato l’avvocata Isetta Barsanti Mauceri, secondo quanto riporta La Repubblica.

“Ma dopo le risposte della preside lo abbiamo fatto. Il Tar ci ha dato ragione: la frequenza dell’ora alternativa non può essere sottoposta a limitazioni che la legge non prevede, ma deve essere costituzionalmente orientata. La dirigente scolastica è stata condannata a pagare tremila euro di spese legali e il il rimborso spese e quello del contributo unificato”. Nella sentenza, i magistrati hanno ribadito che “l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane è basato sul principio di libera scelta” e che vige “il diritto di scegliere ogni anno se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica”.

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