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Home » Cronaca

“Così ho salvato Bebe Vio in sala operatoria ad aprile”: parla il chirurgo

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Ventiquattro anni e tutta la forza della vita: così Bebe Vio ha conquistato l’oro individuale nel fioretto alle olimpiadi di Tokyo, stupendo ancora una volta il mondo intero con la sua volontà e capacità. Subito dopo la gara, la 24enne di Mogliano Veneto ha svelato che ad aprile ha rischiato l’amputazione del braccio sinistro e addirittura la morte. A salvarla è stato il team del professor Riccardo Accetta, primario di Traumatologia dell’Irccs Galeazzi di Milano, che Bebe Vio ha voluto ringraziare pubblicamente.

S&D

“Se non fossimo intervenuti subito l’infezione non curata avrebbe portato alla setticemia, e quindi anche alla morte”, racconta il primario a Repubblica. L’equipe del professor Accetta ha compiuto un vero e proprio miracolo medico, che unito alla determinazione della campionessa 24enne ha consentito di arrivare sino a Tokyo pochi mesi dopo l’intervento chirurgico.

“Bebe ha avuto una sublussazione traumatica del gomito in allenamento e il gomito è proprio dove lei ha l’invaso del fioretto. Hanno provato a trattarla con l’antibiotico ma non è bastato perché l’infezione ha colpito l’articolazione, e se l’infezione fosse andata avanti avrebbe distrutto l’articolazione”.

Una forza, quella di Bebe Vio che è contagiosa: “Ha una forza di volontà e una voglia di vivere che esprime ovunque: nelle gare, in un letto di ospedale, nella forza di aiutare bambini e ragazzi che si trovano nella stessa situazione. Ne ho conosciuti tanti che mi ha mandato lei e che da lei imparano a credere nel futuro”.

Il primario spiega anche che Bebe Vio è rimasta 20 giorni in ospedale: “In 119 giorni si è presa l’oro. Già durante la degenza abbiamo iniziato a farle muovere il gomito per recuperare i primi movimenti e valutare le ferite: abbiamo cercato di fare delle cicatrici che non le dessero fastidio con il fioretto anche se qualche dolore deve averlo provato in gara, tanto che negli ultimi assalti si è dovuta far medicare”.

Bebe Vio era molto scettica e non voleva lasciare gli allenamenti. Ma il pericolo era reale e la famiglia è stata decisiva nel convincerla a sottoporsi all’operazione. È stato un recupero eccezionale: “Lei è così piccola, minuta, giovanissima, nemmeno una montagna di uomo ce l’avrebbe fatta. Ma lì è tutta questione di testa, di voglia, e lei ne ha un serbatoio inesauribile”.

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