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    “Ogni febbre va trattata come Covid”: il primario del Sant’Orsola di Bologna a TPI

    Emergenze

    Bologna vuole provare a giocare d'anticipo sul Coronavirus: lì i medici di base svolgono un ruolo cruciale perché segnalano i casi sospetti e li inviano entro 72 ore ai check-point dedicati

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 31 Mar. 2020 alle 15:40

     

    Coronavirus Bologna, primario Sant’Orsola: “Ogni febbre va trattata come Covid”

    “La vera partita contro il Coronavirus adesso si gioca a casa. Il malato che ha la febbre oggi, nell’era Covid, è un malato che, fino a prova contraria, deve essere gestito come un Covid”. A dirlo a TPI è il direttore di Malattie infettive del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, il professor Pierluigi Viale.

    “Abbiamo ricoverato in malattie infettive una nostra infermiera che, da 10 giorni era a casa con 39 di febbre, prendeva la tachipirina e si sentiva un pò meglio e per quello non chiamava. Questo non deve più accadere”, sottolinea il primario.

    “I ricoveri devono avvenire molto prima”

    Finora i pazienti che non sono stati sottoposti a tampone sono stati spostati dalla loro abitazione all’ospedale solo nel momento in cui si sono presentati sintomi gravi o gravissimi. E questo ha portato a molti decessi perché non c’era poi modo di intervenire neanche con la terapia intensiva. Con il “sistema Bologna” qualcosa potrebbe cambiare.

    Nella video call (che trovate in testa all’articolo) del professor Viale con altri medici del Sant’Orsola viene definito il suo punto di vista: “Abbiamo deciso di cambiare strategia, il messaggio adesso è: se avete febbre aspettateci. Andiamo a cercare attivamente i pazienti con sintomi nell’ottica di trattarli precocemente. Si tratta di una misura di guerra, però siamo in guerra e dobbiamo prendere provvedimenti drastici”.

    “Ho solo pensato – ha detto Viale a TPI – che i malati non possono più stare in casa con la febbre ad aspettare Godot. Ora iniziano a diminuire i contagi, ma continuano ad arrivare pazienti gravi. Non possiamo più permettercelo, per risparmiare le loro vite e i posti di terapia intensiva. Dobbiamo giocare d’anticipo, stanare il virus prima”.

    Come trovare i pazienti

    E come si fa a giocare d’anticipo? “Con i medici di base, che svolgono un ruolo cruciale a Bologna: segnalano i casi sospetti e li inviano entro 72 ore ai check-point dedicati“, spiega Viale.

    “Praticamente – dice il primario – tramite i medici di medicina generale, si fa una ricerca attiva dei pazienti sintomatici o paucisintomatici direttamente a domicilio. I medici di famiglia contattano telefonicamente i propri pazienti sintomatici, valutati in considerazione della loro storia clinica, che il medico conosce bene, e sulla base di una check list predefinita dalle Malattie Infettive del S. Orsola”.

    Una volta identificati, i casi sospetti sono inviati alle strutture check-point allestite sul territorio (per il momento Ospedale Maggiore e Policlinico S. Orsola ma presto saranno attivati altri punti). Tutto secondo una scala di priorità, dall’immediato alle 72 ore successive.

    Quali trattamenti a Bologna

    Illustrando il nuovo piano di trattamento delle infezioni da Covid-19 attivato a Bologna, Viale ha spiegato a TPI: “Abbiamo visto che un supporto respiratorio precoce, nei pazienti che hanno già la polmonite, migliora la prognosi e questo perché abbiamo a disposizione farmaci, come la clorochina, che se usati precocemente possono cambiare la storia naturale della malattia”.

    Grazie alla clorochina, usata nella cura della malaria e che ha dato risultati positivi come anti Coronavirus nel corso dell’epidemia di Sars nel 2005, da Bologna si stanno muovendo verso un progetto di terapia di massa: “Abbiamo tanta idrossiclorochina quindi possiamo supportare moltissime terapie. L’idea è che, nel dubbio, ti diamo 5 giorni di clorochina”, racconta Viale.

    “Ci sono dati che dicono che la somministrazione precoce di clorochina riduce il tempo di infettività del paziente e agirebbe come strumento di controllo sulla trasmissione dell’epidemia”, ha concluso Viale, ricordando che “l’esperto di Covid non esiste, il più esperto d’Europa l’ha visto per la prima volta un mese fa, come noi”.

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