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    Il carabiniere ucciso con un’azione da marine: l’inseguimento e 11 colpi di baionetta

    Un frame del video
    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 29 Lug. 2019 alle 09:34 Aggiornato il 29 Lug. 2019 alle 12:44

    Carabiniere ucciso a Roma, l’ultima ricostruzione

    Il caso della morte di Mario Cerciello Rega è chiuso. Si andrà avanti con il processo per decretare ufficialmente i colpevoli dell’omicidio del carabiniere ucciso a Roma. Intanto, nell’ultima ricostruzione dei fatti, basata sulle indagini fatte finora dalla polizia, ci sono molti elementi discordanti.

    Primo fra tutti il buco temporale nelle riprese delle videocamere acquisite per le indagini. L’interruzione, non voluta, lascia aperti interrogativi perché si tratta proprio della parte relativa all’incontro tra i due presunti assassini Elder Lee e Gabe Natale con i carabinieri in borghese.

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    Carabiniere ucciso, la ricostruzione e le rivelazioni dell’autopsia

    L’autopsia del vicebrigadiere rivela la presenza di undici coltellate, e non otto come si era detto in un primo momento, sferrate da Elder mentre abbranca da dietro Cerciello.

    Un’azione che sembra essere più da marine che non da studente di 19 anni con un fisico nella norma. Elder sostiene di aver agito per paura, credendo che il carabiniere fosse anche lui un pusher. Anche se gli altri carabinieri presenti sul luogo del delitto dicono: “Ci siamo identificati come carabinieri secondo la procedura”.

    Da dove spuntano fuori gli aggressori? Perché salta lo scambio con Sergio Brugiatelli, l’intermediario (l’uomo con il borsello), funzionale all’arresto in flagranza?

    Il coltello portato dagli Usa

    Anche contando la foga dovuta a alcol e droga e il mix con gli psicofarmaci assunti per le crisi di panico, resta da capire come né Cerciello né il collega Varriale, tenuto fermo da Natale (anche lui di corporatura minuta), riescano a difendersi.

    Secondo i carabinieri del Comando provinciale che indagano sulla vicenda Lee avrebbe portato quel coltello dagli Usa, in valigia.

    Come è possibile imbarcare un coltello di quelle dimensioni in aereo, con tutte le misure di sicurezza?

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    Il coltello è una baionetta

    Elder Lee impugna un coltello “a baionetta” che il pm Calabretta e l’aggiunto D’Elia descrivono nel decreto di fermo “per tipo certamente idoneo a cagionare grave offesa”.

    A sostegno della pari colpevolezza dei due, i magistrati annotano che “l’arma, per le sue dimensioni, non poteva non essere vista dal Natale”, che pure sostiene questa tesi. Sembra ormai chiaro che Lee abbia imbarcato il coltello nella stiva dell’aereo alla partenza da San Francisco, in modo da aggirare i controlli.

    I due carabinieri non sfoderano le loro pistole, né prima (e non ce ne sarebbe stato motivo) né dopo la rissa, quando Varriale si concentra sul collega ferito.

    Sull’occultamento del coltello “i due protagonisti rendono versioni contrapposte, accusandosi a vicenda”. Una stranezza che gli stessi pm evidenziano annotando, poche righe più avanti: “l’esistenza di un accordo anche nella fase post delitto che non consente di apprezzare atteggiamenti di resipiscenza”.

    Perché Elder Lee aveva la baionetta con sé? Che uso pensava di farne?

    Le bugie di Brugiatelli

    Rischia la denuncia anche Sergio Brugiatelli, che ha portato i due studenti dal pusher e che, dopo il furto del borsello con il suo contenuto, ha chiamato il 112.

    Il 47enne sostiene di aver messo lui in giro la voce degli aggressori maghrebini “per paura di quelli a cui avevo rifilato il pacco”. L’Arma ha diffuso ieri l’audio della telefonata al 112 (manca però il coinvolgimento di Cerciello e Varriale).

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    Possibile che un pusher si rivolga ai carabinieri ma poi teme di rivelare la nazionalità dei ladri dai quali li conduce?

    Carabiniere ucciso ricostruzione, la pattuglia in borghese

    Intorno all’una e mezza di notte, la sala operativa dei Carabinieri ricontatta Brugiatelli, per avere qualche dettaglio in più. “I due sono scappati – riferisce lui – hanno preso la borsa mentre stavo bevendo alla fontanella. Mi hanno detto se avevo 80, 100 euro, gli ho detto che glieli avrei dati se me l’avessero riportata ma poi li ho visti scappare in una traversa, gli sono corso dietro con la bicicletta però non li ho presi”.

    Arriva una pattuglia con due carabinieri in divisa. Brugiatelli insiste con la frottola del cavallo di ritorno, senza dare informazioni utili.

    L’idea è di chiamarli al suo cellulare, fissare con loro un appuntamento per recuperare lo zaino e presentarsi, invece, con i carabinieri. In divisa i carabinieri sarebbero riconoscibili, quindi dalla centrale trovano una pattuglia in borghese non lontano da Piazza Mastai: sono due carabinieri della Caserma Farnese: il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega e il suo collega Andrea Varriale.

    Sono davvero gli unici a poter andare? Perché Brugiatelli insiste con il cavallo di ritorno?

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    Le indagini lampo

    I militari del comando provinciale e del Nucleo investigativo bloccano i due cittadini americani a poche ore dal delitto.

    Lo zaino che hanno portato via e per il quale chiedono soldi e droga in cambio della restituzione è nascosto in fretta in una fioriera all’esterno dell’hotel a pochi numeri civici dal luogo dell’omicidio. Il portiere di notte e un facchino descrivono il loro abbigliamento quando rientrano con passo veloce.

    Poi, nella camera 109, in un controsoffitto, viene trovata l’arma del delitto. Già nel pomeriggio gli inquirenti completano il quadro probatorio per il fermo convalidato poi dal gip.

    In via Mastai viene ripreso il contatto tra i due americani e Sergio Brugiatelli, il mediatore con i pusher. Poco più avanti sono inquadrati i ragazzi in fuga col suo zaino. E ancora loro due vengono ripresi mentre escono e rientrano dall’hotel nell’arco di tempo riconducibile al delitto.

    Ma ancora non si capisce la dinamica con cui è avvenuto lo scontro con i due militari. Dalle prime indagini, vengono fuori più domande che risposte.

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