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    Lecco, trovata strappata una copia della “Lettera agli ebrei” di S. Paolo alla vigilia del Giorno della Memoria

    Un'immagine del campo di sterminio di Auschwitz, dove furono deportati milioni di ebrei durante il nazismo.

    Il gesto è avvenuto a Calolziocorte. A preoccupare è il collegamento tra il titolo del libro e il ricordo delle vittime della Shoah

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 27 Gen. 2020 alle 13:41 Aggiornato il 27 Gen. 2020 alle 14:09

    Lecco, trovata strappata una copia della “Lettera agli ebrei” di S. Paolo alla vigilia del Giorno della Memoria

    Una copia della Lettera agli Ebrei di San Paolo è stata presa dalla cassetta del book crossing, strappata e lasciata a pezzi per terra ieri nell’area dello storico complesso conventuale del Lavello di Calolziocorte, in provincia di Lecco. Il fatto, come riporta l’agenzia Ansa, è avvenuto alla vigilia della celebrazione del “Giorno della Memoria”, in cui si ricordano le vittime della Shoah.

    Il gesto potrebbe essere stato motivato da intento antisemita dal momento che, tra i tanti volumi presenti nella cassetta, è stato preso solo questo testo. Anche se si tratta di un testo cristiano, il riferimento agli “ebrei” nel titolo potrebbe avere indotto a compiere un atto di spregio contro le vittime dell’Olocausto, alla vigilia del 27 gennaio.

    La Lettera agli Ebrei di San Paolo è un libro del Nuovo Testamento, della Bibbia. Il testo si trovava in una cassetta per lo scambio e la condivisione di libri.

    A Calolzio non si tratta del primo episodio di atti vandalici ai danni delle strutture per la condivisione dei libri e la diffusione della lettura. Ma a preoccupare è il collegamento che potrebbe essere scattato nella testa di qualcuno tra il titolo del libro e la Giornata della Memoria.

    Non si tratterebbe del primo gesto di antisemitismo a ridosso della commemorazione: la notte tra giovedì 23 e domenica 24 gennaio a Mondovì, in provincia di Cuneo, una scritta antisemita:”Juden hier” (“Qui abita un ebreo”) è comparsa sulla porta dell’abitazione di Lidia Beccaria Rolfi, staffetta partigiana, deportata a Ravensbruck come politica ma testimone dell’Olocausto.

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