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Home » Costume

L’Iva sugli assorbenti è al 22 per cento come i beni di lusso: una contraddizione tutta italiana

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Il tema dell’Iva sugli assorbenti, al momento tassati al pari dei beni di lusso, torna al centro del dibattito dopo la proposta sulla riduzione della Tampon Tax dal 22 al 10 per cento dell’Iva presentata da Laura Boldrini e attualmente in discussione.

I prodotti femminili costano caro

Nel nostro Paese l’aliquota ordinaria sugli assorbenti è stata introdotta nel 1973 ed è cresciuta nel tempo dal 12 per cento fino alla quota odierna del 22 per cento. A differenza di prodotti come il tartufo o i francobolli da collezione, che hanno ottenuto un’imposta agevolata al 10 per cento, i prodotti femminili però, così come i pannolini per i neonati, non hanno ancora subito una riduzione dell’aliquota.

Come riportato dal sito di fact-checking Butac, anche i prodotti maschili, come i rasoi da barba, hanno l’Iva al 22 per cento. Per poterlo verificare, si può consultare l’elenco che riporta tutti i prodotti che hanno un’IVA agevolata al 4 per cento, e tra questi non ci sono schiuma da barba e rasoi.

Tra prodotti maschili e femminili la contraddizione è però un’altra, e non riguarda la tassazione ma il prezzo di vendita. A sottolinearlo è il Department of Consumers Affairs di New York, che alla fine del 2015 ha pubblicato lo studio From Cradle to Cane: The Cost of Being a Female Consumer: partendo da 800 beni di largo consumo analizzati, in versione sia maschile che femminile, è emerso che questi ultimi costano in media il 7 per cento in più rispetto al loro equivalente per il sesso opposto, che arriva a toccare il 13 per cento nel caso di prodotti per la cura e l’igiene personale. Un esempio? I rasoi idratanti Hydro Silk a marchio Schick, all’epoca venduti a 14,99 dollari per lui, 18,49 dollari per lei: i prezzi hanno ora subito delle variazioni, a differenza del gap tra le due alternative, che invece rimane tristemente invariato. Va ricordato però che si tratta di scelte di marketing delle aziende e non di disparità in termini di aliquote. 

Iva sugli assorbenti: cosa succede negli altri paesi Ue

L’ultimo paese in ordine di tempo che ha abbassato la tassazione per assorbenti e pannolini è stata la Spagna: l’imposta sul valore aggiunto, assimilabile alla nostra Iva, è stata portata al 4 per cento. Ancora meglio succede alle Isole Canarie, dove dal primo gennaio di quest’anno il governo autonomo ha deciso di eliminare in toto le tasse su pillole antidolorifiche, coppette mestruali e assorbenti.

In Scozia, da settembre, le studentesse potranno ricevere gratuitamente assorbenti e altri articoli sanitari femminili, per porre rimedio a quella che è stata definita la “period poverty”: l’impossibilità per le studentesse in stato di difficoltà economica di frequentare le lezioni durante il ciclo mestruale, proprio perché non possono permettersi gli assorbenti.

La Francia è dal 2015 che ha abbassato dal 20 per cento al 5,5 per cento l’imposta sui prodotti sanitari femminili, mentre Belgio e Olanda l’hanno portata al 6 per cento.

L’Irlanda l’ha addirittura azzerata. Sempre nel 2015 il Canada ha eliminato del tutto le tasse su questi articoli. Anche l’India, pochi mesi fa, ha cancellato la tassa sui prodotti sanitari, introdotta lo scorso anno e pari al 12 per cento, mentre in Australia a partire da gennaio 2019 non si pagherà più su assorbenti e tamponi la Gst, la tassa del 10 per cento introdotta nel 1999. E l’Italia?

La commissione Finanza boccia l’emendamento dell’Iva sugli assorbenti

In Italia torna in discussione l’emendamento al decreto fiscale che prevede l’applicazione dell’aliquota Iva ridotta al 10 per cento invece di quella al 22 per cento sugli assorbenti. La proposta di modifica, ieri giudicata inammissibile dalla Commissione Finanze della Camera dove il decreto è in esame, oggi è stata riammessa.

L’emendamento, a prima firma Laura Boldrini, punta a ridurre l’Iva su tutti i prodotti sanitari e igienici femminili, quali tamponi interni, assorbenti igienici esterni, coppe e spugne mestruali e secondo le stime avrebbe un costo annuo di 97 milioni di euro. La riammissione non comporta automaticamente un via libera al testo visto che la proposta emendativa potrebbe a questo punto essere bocciata nel merito dalla commissione.

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