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Home » Esteri

Cos’è il regolamento di Dublino e perché Matteo Salvini si oppone alla sua riforma

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Il regolamento stabilisce le politiche in tema di immigrazione

Il Parlamento ha approvato mesi fa la riforma del regolamento, ma la presidenza bulgara del Consiglio europeo ha proposto delle modifiche peggiorative ai danni dei paesi di prima accoglienza

Il 5 giugno si tiene a Lussemburgo il vertice dei ministri dell’Interno degli Stati membri dell’Unione europea per discutere le riforme della Comunità europea. Tra i punti all’ordine del giorno figura anche il regolamento di Dublino, sulla cui base sono delineate le politiche in materia di immigrazione.

Nei giorni scorsi la cancelliera tedesca Merkel aveva ammesso che l’Italia è stata lasciata sola a gestire l’esodo dei migranti e che “c’è bisogno di un sistema comune dell’asilo”.

Il nuovo ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha detto che voterà No alle riforme del regolamento.

Il sistema attuale si basa sul criterio del “primo ingresso”, che affida il compito di ospitare e valutare ciascuna richiesta di protezione internazionale al paese in cui è avvenuto l’ingresso.

Al summit si partirà invece dalle riforme approvate dalla Commissione e dal Parlamento europeo, secondo cui il Paese di arrivo non deve più essere automaticamente responsabile per le richieste.

In questo modo si passa ad un meccanismo permanente e automatico di ricollocamento basato su un sistema di quote obbligatorio per tutti gli stati membri.

Chi si rifiuta di accogliere la propria quota di richiedenti asilo vedrebbe ridotto il numero di fondi comunitari a cui può avere accesso.

La proposta, però, deve essere approvata anche dal Consiglio europeo, la cui presidenza spetta alla Bulgaria fino alla fine di giugno.

Proprio la Bulgaria aveva presentato alcuni mesi fa una “bozza zero” del regolamento di Dublino, secondo cui il ricollocamento dei richiedenti asilo non deve essere obbligatorio né automatico.

Nel documento presentato dalla presidenza bulgara si eliminano alcune proposte innovative inserite dal Parlamento come le quote obbligatorie di ripartizione con 250mila euro di penale per ogni richiedente asilo rifiutato e soprattutto la fine del principio del paese di primo ingresso.

Inoltre, la bozza prevede la “responsabilità stabile” degli Stati membri per i migranti che entrano nel loro territorio di una durata di 10 anni.

In questo modo l’Italia, la Grecia e la Spagna sarebbero responsabili di chi arriva sul loro territorio per un decennio.

La bozza presentata dalla Bulgaria si basa sul concetto di “fair share” di richiedenti asilo.

Secondo questo principio, la cifra di rifugiati, da cui sono esclusi i migrati economici, che ciascuno stato membro dovrebbe accogliere in tempi normali è stabilita sulla base degli arrivi registrati nell’anno precedente e la ripartizione prende in considerazione anche Pil e popolazione.

La redistribuzione dei richiedenti asilo oltre la “fair share” avverrebbe solo in casi di emergenza.

Nella bozza, viene proposta anche l’introduzione di quote volontarie, se il numero di arrivi nell’Unione supera il 160 per cento dell’anno precedente, e di quote obbligatorie se il flusso supera per più di due anni il 180 per cento.

I paesi che non vogliono accettare la loro quota di migranti dovrebbero semplicemente versare un contributo di 30mila euro per ciascun richiedente asilo che rifiutano di accogliere.

La Bulgaria, inoltre, ha proposto che il paese di primo ingresso effettui degli specifici controlli per assicurarsi che i nuovi arrivati non siano un pericolo.

La “bozza zero” è stata contesta da Italia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta.

Cos’è il regolamento di Dublino

Il regolamento di Dublino II è un provvedimento emanato nel 2003 che regolamenta le richieste d’asilo nei paesi dell’Ue e in alcuni paesi fuori dalla comunità europea quali la Svizzera, la Norvegia, l’Islanda e il Liechtenstein.

Questo provvedimento obbliga i richiedenti asilo a fare richiesta sul territorio del primo stato europeo in cui essi approdano senza poterla reiterare in altri stati dell’Ue.

Il regolamento prevede anche un sistema di controllo tramite un archivio condiviso tra i vari stati, noto con il nome di Eurodac, in cui ogni richiedente è obbligato a registrare le proprie impronte digitali in maniera tale da evitare di poter presentare domande multiple.

Lo status di rifugiato

La condizione di rifugiato è definita dalla convenzione di Ginevra del 1951, un trattato delle Nazioni Unite firmato da 147 paesi.

Nell’articolo 1 della convenzione si legge che il rifugiato è una persona che “temendo a ragione di essere perseguitata per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese”.

Per ottenere lo status di rifugiato, i richiedenti asilo devono dimostrare alle autorità europee che stanno scappando da una guerra o da una persecuzione e che non possono tornare nel loro paese d’origine.

La differenza tra migrante e rifugiato

Per il diritto internazionale, un richiedente asilo è una persona perseguitata nel proprio paese di origine che chiede il riconoscimento dello status di rifugiato dopo essere arrivato sul territorio di uno stato diverso dal suo.

Fino al momento della decisione da parte dello stato ospitante, il richiedente asilo ha diritto a vivere sul territorio del paese in cui è arrivato anche se sprovvisto di documenti o se entrato illegalmente.

Un migrante è invece chi sceglie di lasciare il proprio paese d’origine per cercare una sistemazione e una condizione di vita migliore da quella che ha nel proprio paese di origine. Un migrante non è necessariamente anche un richiedente asilo.

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