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Lady Oscar e la sua rivoluzione personale

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Sono passati trentacinque anni da quando ”Una spada per Lady Oscar”, è stato trasmesso in Italia. Fiorenza Loiacono riflette sul significato della storia che ha incantato intere generazioni

Siamo abituati ad associare il 14 luglio 1789 all’inizio della Rivoluzione Francese. Tuttavia, questa data è anche inestricabilmente legata alla figura di Oscar François de Jarjayes, la donna in uniforme nata dalla mente e dalla penna di Riyoko Ikeda nel 1972.

S&D

Sono passati trentacinque anni da quando l’anime Le rose di Versailles, intitolato poi Una spada per Lady Oscar, è stato trasmesso in Italia. A differenza di quanto avvenuto in Giappone, paese di nascita di Oscar, le quaranta puntate televisive di cui si compone la sua storia ebbero in Italia un immediato e straordinario successo.  A partire dal 1982 un pubblico giovane e vastissimo ha avuto la possibilità di conoscere e amare la bellezza di questo personaggio, la sua statura morale e le sue gesta, di consistenza tale da travalicare i confini dello schermo e restare per sempre nelle menti.

Anche riguardato in età adulta, Oscar seduce e coinvolge con il suo coraggio e la sua fermezza, dettate dal ruolo e dal rango ma anche da un personale e faticosissimo esercizio interiore.

Nata donna, per decisione paterna riceve un’educazione maschile nella Francia della seconda metà del XVIII secolo; è figlia di un generale al servizio di Luigi XV e di una madre che nel corso della storia apparirà raramente, assumendo una posizione defilata. Suo padre non sa cosa farsene di una creatura di sesso femminile poiché in casa “c’è assoluto bisogno di un figlio maschio”, e tale volontà viene imposta a una bimba ancora in fasce e comunicata alla cerchia dei servi: “Ascoltatemi bene, il suo nome è Oscar e sarà mio figlio. Crescerà come un ragazzo”.

Per quasi tutta la vita, il generale Jarjayes sarà l’unico a rivolgersi ad Oscar sempre e solo al maschile; utilizzerà articoli e aggettivi femminili solo quando, molti anni dopo e di fronte alla sempre maggiore indipendenza di Oscar, vorrà imporle un matrimonio: “Come padre credo che sia giunto il momento che abbandoni l’uniforme e cominci a vivere come una vera donna”. Ma Oscar, adulta e consapevole di sé, ride della contraddizione ribellandosi a questa nuova imposizione paterna.

Nel doppiaggio italiano della storia, il tentativo di sottolineare il sesso femminile di Oscar al di là delle apparenze è molto accentuato, mentre nella versione originaria il femminile si perde nel maschile e viceversa. Se in Italia continuamente al nome Oscar viene anteposto l’appellativo “madamigella” per demarcare una linea di confine e appianare il senso di una sovversiva e pericolosa indifferenziazione, in Giappone si concede molto più spazio e libertà alla fantasia del pubblico.

La vita di Oscar è una storia densa di bellezza e vitalità, di obbedienza e sacrificio, di emozioni e sentimenti celati ma anche riconosciuti e vissuti, di una rivoluzione storica ed esistenziale in un mondo, quello dell’Ancien Régime, che sta cambiando e finendo per sempre. La rivoluzione è anche nel sovrapporsi dei piani e delle dimensioni, del maschile e del femminile, nell’alternanza delle spade incrociate e delle rose donate.

Convinta di essere un maschio fino all’età di undici anni, a quattordici Oscar compie la “grande scelta” decidendo di indossare l’uniforme di capitano delle Guardie Reali a difesa della futura regina di Francia. Se inizialmente non vuole “proteggere una donna”, perché questo la costringerebbe a confrontarsi e a confliggere con la difesa della sua stessa femminilità, la protezione di Maria Antonietta diviene in seguito e in realtà l’occasione per prendersene cura, in un modo esternalizzato e interposto.

La regina di Francia, gioiosa e impulsiva, spontanea e vitale nell’espressione delle emozioni, rappresenta infatti una femminilità incarnata pienamente vissuta, che al capitano delle Guardie Reali non è concesso di vivere. Maria Antonietta, costretta anche lei in giovanissima età a sottomettersi alla volontà della madre, Maria Teresa d’Austria, per preservare gli interessi del proprio paese, diviene figura complementare a quella di Oscar, idealizzata e protetta da quest’ultima a rischio della vita. “Essere un soldato viene prima che essere una donna” ma, non a caso, Oscar si innamorerà dello stesso uomo amato dalla sovrana, il magnificente conte svedese Hans Axel di Fersen.

Se il corpo di Maria Antonietta si ricopre progressivamente di stoffe ricchissime, adornate di brillanti e diamanti, quello di Oscar è simbolicamente avvolto da rami di spine, nonostante l’estrema bellezza della sua fisicità in uniforme. Più che la divisa, a esercitare potere sulla sua volontà, sull’espressione della sua femminilità e maschilità, soprattutto lungo la dimensione corporea, sono piuttosto i desideri di molti fra coloro che la circondano.

In un contesto caratterizzato da un’organizzazione feudale dei rapporti, dall’imposizione dei legami matrimoniali, dalla sacralità dell’obbedienza al superiore, pena l’accusa di tradimento, le scelte di Oscar in relazione al suo essere uomo o donna appaiono fortemente condizionate, imposte o negate, da figure di sesso maschile, soprattutto quando la sua emancipazione è evidente. Suo padre la schiaffeggia nei momenti di ribellione e persino André, che dice di amarla, le strappa con violenza i vestiti per dimostrarle che “una rosa è sempre una rosa e non può essere un lillà”.

Nonostante la fierezza e la fermezza, l’anima di Oscar è anche profondamente tormentata. Quando soffre per amore o per le condizioni miserevoli in cui versa il popolo parigino o per l’inesorabile disaffezione di quest’ultimo verso la regina, Oscar affronta il dolore furiosamente, correndo a cavallo o sfidando André a colpi di spada. È bellissima in divisa da comandante, ma quando si innamora di Fersen decide di recarsi ad un ballo indossando un abito bianco da dama, come se dovesse essere prima di tutto il suo corpo a dover dar prova di femminilità, secondo i codici lineari e le pratiche che la società ha costruito per tutti nel corso del tempo. D’altra parte è lo stesso Fersen a rimarcare: “Conosco una donna che vi somiglia moltissimo. Di solito nasconde il suo corpo bellissimo dentro un’uniforme. E fa di tutto perché gli uomini non si interessino a lei”.

In realtà è il conte svedese a non cogliere la femminilità di Oscar oltre gli schemi prestabiliti: “Oscar, se io avessi saputo che donna siete quando vi ho conosciuta, forse allora…”. Davvero erano necessari un abito bianco e un’acconciatura considerata appropriata al sesso femminile per capire “che donna” fosse Oscar? 

André è l’unico a cogliere profondamente questo aspetto ma la sua reazione è estremamente violenta nel momento in cui Oscar, in seguito alla profonda delusione amorosa provocata dal disinteresse di Fersen, decide di vivere “come un vero uomo”, cancellando “gli attimi di debolezza” e desiderando il combattimento sui campi di battaglia. All’amico comunica di non aver più bisogno di lui, perché deve “impararare a vivere senza appoggiarsi a nessuno”. Scoprendole violentemente il seno, André non tutela la femminilità dell’amica ma tenta di imporre il suo desiderio sulla sua volontà, non accettando la sua scelta e la sua emancipazione da lui.

Sull’unica relazione amorosa di Oscar, con André e ormai alla fine dei suoi giorni, influisce il peso di una identità mai scoperta fino in fondo e la disperazione per la fine che si avvicina, nonché una banale concessione alla normalità operata dalla regia. Mentre la Casa reale viene travolta dal furore del popolo, che si prepara ad assaltare la Bastiglia, André sta per perdere definitivamente la vista e Oscar, ammalata di tisi, ha solo sei mesi di vita.

I due amici si uniscono di fronte ad un mondo in disfacimento. È una ribellione della vita davanti alla morte che si approssima. Persino la decisione di combattere a fianco dei parigini viene incredibilmente subordinata da Oscar alla volontà di André: “L’uomo che io amo, l’uomo della mia vita forse mi chiederà di battermi con il popolo in rivolta, e io lo farò. Io adesso sono la compagna di André Grandier e come tale seguirò il mio uomo qualunque cosa faccia”.

In realtà l’anima di Oscar era già a fianco della povera gente, indipendentemente dalla decisione di André. Infatti, nel rompere le catene dell’ubbidienza e del sacrificio imposto dalla volontà altrui, nello schierarsi a fianco della libertà e della giustizia sociale, nell’usare l’uniforme a suo modo, non più a protezione della famiglia reale ma dando ordine ai soldati di cannoneggiare la Bastiglia, il suo percorso è certamente compiuto e rivoluzionario. La sua immagine è quella di una creatura luminosa e forte, generosa e decisa, sensibile e a tratti irriverente, una donna in uniforme amata da uomini e donne, che continua a correre in sella ad un cavallo bianco e a brillare impugnando la spada.

                                                                                                                                         

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