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L’ambra di Danzica

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I commercianti d'ambra polacchi sono in crisi. Danneggiati da investitori cinesi che comprano direttamente alla fonte, in Russia

Il pezzo forte del negozio è al sicuro in una vetrinetta. Una collana enorme, circa venti pietre d’ambra, grandi come albicocche. Mentre la maneggia, Jacek, il commesso, trattiene il fiato. Torna a respirare solo dopo averla appoggiata senza incidenti sul ripiano: “Costa come una station wagon”, spiega con un sorriso liberatorio, “24 mila Euro”. Pesa un chilo e mezzo, non si indossa: è un oggetto d’arredamento, un investimento. “Chi se la può permettere? I cinesi”, risponde, “con i prezzi alle stelle comprano quasi solo loro”. Il fenomeno è esploso da tre anni: gruppi di commercianti asiatici volano a Danzica, capitale mondiale dell’ambra, per acquistare gioielli da rivendere in patria. In Cina la pietra gialla è considerata un portafortuna, c’è chi le attribuisce proprietà curative e tra i nuovi ricchi va a ruba.

Un nuovo, florido, mercato si è aperto agli artigiani polacchi. Eppure in ulica Mariacka, la via dei gioiellieri di Danzica, il clima è depresso. Anelli, collane e orecchini luccicano nelle vetrine, macchie di giallo in mezzo a palazzi di pietra grigia. Più di 20 negozi stretti in 300 metri, ma quasi tutti appartengono agli stessi gruppi. “I grandi che sono riusciti a reggere al boom della materia prima”, dice Maja Shorokova, uno dei piccoli artigiani rimasti. “In due anni i prezzi dei gioielli sono raddoppiati, vero, ma quello dell’ambra grezza è quadruplicato. Rifornirsi è sempre più difficile e costoso, tanti hanno chiuso. Perché i commercianti cinesi non comprano solo i nostri gioielli, ma soprattutto la materia prima, alla fonte”. L’origine dell’ambra grezza è sempre la stessa, da migliaia di anni: la miniera di Yantarny, nella provincia di Kaliningrad, scheggia di territorio russo conficcata tra Polonia e Lituania. Lì si estrae il 95 per cento dell’ambra mondiale: già ai tempi dell’Impero Romano arrivava in Italia, fino a ieri passava da Danzica, a rifornire i laboratori degli artigiani locali. Il percorso inverso si fa su un pulmino scalcinato: parte all’alba dalla stazione dei treni, attraversa la frontiera, a mezzogiorno si ferma a Kaliningrad. Le miniere sono fuori città, sulla costa, sorvegliate da uomini in divisa.

“Un bell’esempio dell’inefficienza e della corruzione presenti in Russia”, dice Fiorenzo Sperotto, console onorario dell’Italia nella regione. Privatizzate all’inizio degli anni Novanta, poi ri-nazionalizzate da Eltsin. “L’industria del gioiello qui non è mai decollata”, prosegue. Colpa di un’astrusa legge che vietava di abbinare ambra e argento, il suo compagno ideale. E di scarse capacità artistiche: il fiore all’occhiello dell’artigianato di Kaliningrad, conservato nel museo locale, è un massiccio orologio in stile realista, su cui campeggiano le lettere Cccp. Ma neppure l’attività di estrazione è andata bene, nonostante il monopolio. Racconta il diplomatico: “Nel 2008 da Yantarnij uscivano 500 tonnellate l’anno, oltre il 60 per cento però passava il confine con la Polonia di contrabbando. La miniera ha dichiarato bancarotta, hanno provato a privatizzarla di nuovo senza successo”. La produzione oggi è scesa a 300 tonnellate, mentre la gestione è passata ad un funzionario locale che sta cercando di limitare il contrabbando. “Ma la vera novità”, conclude Sperotto, “sono i contratti con i compratori cinesi che si portano via più della metà delle pietre per lavorarle nei loro laboratori”.

“Direi più del 60 per cento”, chiosa Michal Kosior, vice presidente dell’International Amber Association di Danzica. Il comitato, nato nel 1996, raccoglie tutti i rappresentanti della filiera dell’ambra, dai mastri intagliatori diplomati all’Accademia d’arte fino ai semplici negozianti. È anche il primo ente certificatore del settore: i suoi laboratori misurano la purezza delle pietra e assicurano la correttezza della lavorazione, rilasciando un attestato. Questo ha permesso per anni agli operatori polacchi di fare il prezzo con i venditori russi. Prima che l’arrivo dei cinesi cambiasse tutto. “Non solo commercianti”, precisa Kosior. “Durante la crisi, per molti investitori l’ambra è stata un bene rifugio, proprio come l’oro. Questo ha gonfiato ancora di più le quotazioni: ecco cosa è successo nell’ultimo anno”. Allunga un foglio con una tabella: a sinistra il prezzo di una pietra grezza a marzo del 2011, a destra quello ad aprile 2012. Un fossile di 40 grammi è passato, escluse le tasse, da 480 a 1000 euro. Uno di 60 grammi da 550 a 1150. “Oltre il doppio, è il secondo anno di fila che succede. Il costo delle pietre più grandi, le più rare, è quadruplicato”. Aggiungete il picco raggiunto dall’argento nel corso del 2011: molti artigiani di Danzica, piccole aziende a conduzione familiare, non ce l’hanno fatta. “Negli ultimi tre anni circa una su quattro ha chiuso”, sintetizza Koslor, “e altrettante sono in grave difficoltà”.

Sopravvivono i laboratori più grandi, quelli sopra i 60 dipendenti sono una decina. Per esempio la galleria Jacobson: in ulica Mariacka possiede 5 negozi che spaziano dalla bigiotteria da pochi euro fino ai grandi gioielli di lusso. L’altra strada è quella degli artigiani più innovativi, capaci di creare prodotti di alta qualità. Aleksander Gliwinski è uno di loro, più volte premiato all’AmberIF, la fiera del settore che si tiene ogni anno in città. “Come altri colleghi sto cercando di togliere all’ambra la fama di ‘gioiello della nonna’”. Per tanti altri artigiani il punto di rottura è già arrivato. Ewa Rachon, direttore esecutivo di AmberIF, ha un punto di vista privilegiato: “L’anno scorso abbiamo avuto solo 450 espositori, il 20 per cento in meno del 2010. E nessuna nuova azienda”. Il suo bilancio è ancora più negativo di quello dell’Amber Association: “Cinque anni fa nella regione di Danzica c’erano circa 1200 imprese attive. Oggi ne sono rimaste 600-700 e dipendono del tutto dalle riserve di Kaliningrad”. Un problema inaggirabile, vista la poca ambra estratta in Polonia. “Ci è anche arrivata una voce: il governo cinese sarebbe interessato ad acquistare la miniera di Yantarny. Ma noi siamo il sesto produttore mondiale d’argento: da mesi spingiamo gli artigiani a puntare su quel prodotto, magari abbinato con pietre diverse dall’ambra”.

Sta cambiando veloce la Polonia, unico Stato in Europa a non aver subito la recessione. A Danzica lo sviluppo si vede nei tanti cantieri aperti, strade, palazzi, il nuovo terminal dell’aeroporto intitolato a Lech Walesa. E lo stadio inaugurato per gli ultimi Campionati europei di calcio. Reinventare l’industria del gioiello, per la capitale dell’ambra, sarebbe però il cambiamento più profondo. E doloroso. “Ma non ci ha ucciso il comunismo”, ribatte Ewa Rachon. “Non sarà certo il capitalismo a farlo”.

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