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Home » Spettacoli » TV

Ossi di seppia – Quello che ricordiamo: Gabbo, morire senza un perché

Immagine di copertina
Credit: ANSA

Quattordici anni fa l'uccisione di Gabriele Sandri in esclusiva su RaiPlay dal 9 novembre

Morire con il calcio negli occhi e con il cuore biancoceleste. Ma morire senza un perché. L’11 novembre del 2007, Gabriele Sandri viene raggiunto e ucciso da un colpo di pistola sparato da un poliziotto, nei pressi dell’area di servizio di Badia al Pino, sulla A1, mentre con un gruppo di amici sta andando a Milano per assistere alla partita Inter – Lazio. Quel proiettile, che arriva da lontano, fora il vetro della macchina dove il giovane dj romano è seduto e lo colpisce al collo. Per Gabriele non c’è nulla da fare. La sua vita finisce in un attimo, a 26 anni. Nel 2012 la cassazione conferma per l’agente Luigi Spaccarotella la condanna a 9 anni e 4 mesi, per “omicidio volontario.” A raccontare questo brutto fatto di cronaca nera, nella sesta puntata di Ossi di Seppia, quello che ricordiamo, dal 9 novembre su RaiPlay, è Cristiano Sandri fratello di Gabbo, come era chiamato il giovane tifoso della Lazio.

S&D

“Con il ghiaccio nel cuore” Cristiano arriva ad Arezzo e raggiunge l’area di servizio dove qualche ora prima c’era stato un accenno di rissa con alcuni tifosi juventini diretti a Parma. Fra i due gruppi vola prima qualche battuta di troppo poi urla, calci e pugni e l’intervento dell’agente che, dal lato opposto della carreggiata, impugna la pistola e spara. Un racconto emozionale ed un ricordo intimo quello di Cristiano “lo sgomento non passa e il dolore deve emergere in tutta la sua prepotenza.”

Ossi di Seppia, quello che ricordiamo, la prima serie Tv non fiction dell’era post pandemia, prodotta da 42° Parallelo, è una esplorazione emozionale del passato che, in ventisei puntate e altrettanti eventi (che si avvalgono del repertorio tratto dalle Teche Rai e dagli archivi fotografici) ripercorre quei fatti che hanno caratterizzato la storia del nostro Paese, che hanno segnato le nostre vite e che rimarranno appunto… quello che ricordiamo.

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