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“Iuventa”, un film racconta come il sogno di dieci studenti tedeschi di salvare i migranti è finito sotto inchiesta in Italia

Immagine di copertina
Jacob Schoen, fondatore a 19 anni dell'ong Jugend Rettet. In questa foto durante la prima missione in mare della Iuventa, nell'estate 2016. Credit: César Dezfuli

Il regista italiano Michele Cinque è stato a bordo della nave dell'ong tedesca Jugend Rettet, sotto sequestro da agosto 2017, durante la prima missione di soccorso nel Mediterraneo. Il suo documentario "Iuventa" è nei cinema dal 25 settembre

Iuventa film

“Iuventa”, il documentario diretto da Michele Cinque che racconta la vicenda della nave utilizzata dall’ong tedesca Jugend Rettet per salvare i migranti nel Mediterraneo, è al di sopra di ogni sospetto.

Era l’estate del 2016 quando il regista si è imbarcato sulla nave Iuventa e vi è rimasto per 18 giorni, durante la prima missione in mare del vecchio peschereccio riadattato a imbarcazione per il salvataggio.

Michele Cinque non poteva sapere che la storia che stava per raccontare sarebbe finita al centro di una vicenda politica e giudiziaria senza precedenti in Italia, che in breve tempo si sarebbe allargata anche alle altre ong operanti nel mar Mediterraneo.

Il 2 agosto 2017 la nave Iuventa è stata posta sotto sequestro dalla procura di Trapani, nell’ambito di un’indagine per “condotte di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Da allora è rimasta sotto il controllo delle autorità italiane.

Ventidue persone – dieci membri dell’equipaggio della Iuventa e gli altri appartenenti a ong diverse –  sono state iscritte nel registro degli indagati.

Tra loro ci sono anche Kathrin Schmidt e Sascha Girke, Capo Missione e Coordinatore di Campo della Iuventa, che il 25 settembre 2018 sono intervenuti al Cinema Farnese, a Roma, dopo la presentazione del documentario alla stampa.

Iuventa
Da sinistra Kathrin Schmidt e Sascha Girke, Capo Missione e Coordinatore di Campo della Iuventa, durante la presentazione del documentario. Credit: Anna Ditta

Il documentario “Iuventa”

“Iuventa” è un film documentario al di sopra di ogni sospetto, dicevamo, perché nasce dal desiderio di Michele Cinque di raccontare l’idea di una decina di studenti tedeschi che, dopo la cancellazione della missione dell’Unione europea Mare Nostrum, decidono di attivarsi in prima persona per salvare vite nel Mediterraneo e, soprattutto, per fare pressione politica sull’Europa.

L’ong Jugend Rettet, fondata nel 2015 dal diciannovenne Jakob Schoen e da alcuni suoi coetanei di Berlino, riesce a realizzare il suo progetto l’anno successivo, grazie ai soldi raccolti con un crowdfunding, dopo essersi confrontati con altre associazioni non governative.

I giovani della Jugend Rettet – come sottolinea Kathrin Schmidt – non hanno mai voluto risolvere la crisi migratoria al posto dell’Unione europea.

Erano coscienti che una soluzione potesse venire solo dagli Stati. Volevano, però, esercitare una pressione politica nei confronti dell’Ue: se dieci ragazzi tedeschi possono riuscire a salvare vite umane con un crowdfunding perché non possono riuscirci gli Stati europei?

Michele Cinque accompagna gli attivisti a bordo della nave nella prima missione, durante la quale vengono salvati 2mila migranti (complessivamente, in due anni la Iuventa ha portato in salvo oltre 14mila persone).

Poi il regista segue i ragazzi della Jugend Rettet a Berlino, in Croazia, in Sicilia e a Malta, per raccontare la complessità dietro l’azione di quei giovani pieni di sogni e aspettative.

Il documentario segue le riunioni dei ragazzi, durante le quali vengono discussi vari punti, dall’organizzazione economica al rischio che la presenza delle navi delle ong nel Mediterraneo spinga i trafficanti a far imbarcare più persone, diventando uno dei cosidetti “fattori di spinta” (pull factors).

Questa ipotesi, sulla quale si interrogano anche i membri della Jugend Rettet, sembra essere però smentita dall’analisi dei dati sulle partenze prima e dopo l’inizio delle attività delle ong in mare.

“Non mi interessava l’aspetto sensazionalistico dei salvataggi in mare”, ha spiegato il regista, “ma ero piuttosto interessato a capire i protagonisti di questo progetto umanitario: i loro sogni, le loro speranze ma anche le loro delusioni. Iuventa racconta un’esperienza collettiva e la nave diventa in qualche modo la vera protagonista del film. Ho voluto restituire al pubblico la sensazione di ingenuità e coraggio di questa storia nel modo più diretto e puro possibile, lasciando ampio spazio interpretativo allo spettatore”.

“Iuventa”, prodotto da Lazy Film con Rai Cinema, e co-distribuito da Wanted Cinema e ZaLab, è stato presentato in prima mondiale al “Biografilm festival”. Materiali extra sul documentario sono reperibili sul sito Iuventa.film.

Il regista Michele Cinque ha annunciato inoltre l’organizzazione di un tour africano, in Burkina Faso e Kenya, per raccontare e informare sul viaggio che i migranti compiono nel Mediterraneo, portando anche la pellicola nei campi profughi, che spesso sono anche punto di partenza per queste persone.

Qui un estratto dell’intervento del regista Michele Cinque:

La situazione nel Mediterraneo

Se fino ad alcuni mesi fa nel Mediterraneo operavano numerose ong per il salvataggio di migranti, oggi lo scenario è mutato radicalmente, come ricorda Luigi Manconi, ex senatore e direttore dell’Unar (Ufficio Nazionale antidiscriminazioni razziali) presente alla proiezione del film per la stampa.

“Lo scenario nel 2018 è radicalmente mutato”, dice Manconi, “oggi nel Mediterraneo centrale non c’è più un solo presidio umanitario, che aiuti e protegga i fuggiaschi e i naufraghi. Il motivo è elementare: l’obiettivo politico perseguito da numerosi stati europei e dal governo italiano, con maggiore determinazione, è stato raggiunto”.

“L’obiettivo era sgombrare il Mediterraneo centrale da tutte le ong. Dobbiamo dirlo con franchezza, questo obiettivo al presente risulta pienamente conquistato attraverso azioni giudiziarie, intimidazioni politiche e attraverso una campagna di sfregio delle ong, della loro identità e del loro sistema di valori, e attraverso il sostegno alle milizie libiche. La vicenda della Iuventa è particolarmente delicata, e questo film è particolarmente importante, per cui andrebbe diffuso con massimo zelo”, sottolinea Manconi.

“Delle molte iniziative giudiziarie messe in atto in Italia contro le ong nulla resta: non c’è stato un solo rinvio a giudizio, e ci sono state una sentenza e un’ordinanza di tribunale che hanno riconosciuto che le ong non hanno commesso alcun reato e hanno svolto il loro compito in modo rispettoso dei diritti fondamentali della persona e del diritto internazionale”.

Proprio oggi, 25 settembre, la nave Aquarius ha avuto difficoltà a trovare un porto disponibile ad accoglierla e ad accogliere i 58 migranti che si trovano a bordo.

Dopo il no della Francia, il Portogallo ha annunciato di aver trovato un accordo con Parigi e Madrid per accogliere i profughi e la nave ha ricevuto l’autorizzazione a sbarcare a Malta.

Caso Iuventa, le accuse e le prove

La procura accusa l’equipaggio della Iuventa di essere intervenuto a salvare i migranti anche se questi non si trovavano in un “imminente pericolo di vita” e di aver “riconsegnato intatte tre imbarcazioni ai trafficanti di uomini, lasciandole alla deriva e permettendo il loro recupero”.

Inoltre, ritiene che ci siano stati dei contatti “tra coloro che scortavano gli immigrati fino alla Iuventa e i membri dell’equipaggio della nave”.

Alcuni video e testimonianze raccolti dai ricercatori della Forensic Architecture dell’università di Londra Goldsmiths sembrano però scagionare gli operatori umanitari e parlano “decontestualizzazione e l’omissione di alcuni elementi” nell’indagine.

“Se si estrapolano degli elementi fattuali dal contesto e si combinano con informazioni che non c’entrano nulla, si fa una ricostruzione falsa che porta a conclusioni sbagliate”, ha detto il ricercatore Lorenzo Pezzani.

Qui sotto il trailer di Iuventa:

Leggi anche: Non è rimasta nessuna ong nel Mediterraneo: si ferma anche la nave Open Arms
Leggi anche: “Io condannata per aver trasportato migranti in Francia”, parla l’italiana Francesca Peirotti
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