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La sfida tra Italia e Olanda per svelare i segreti del cosmo

Immagine di copertina
L'interferometro di Cascina (Pisa)

Il nostro Paese punta a far sorgere in Sardegna l’Einstein Telescope, un’infrastruttura che ci aiuterà a comprendere i misteri dello spazio

Si chiama ET, ma non ha niente a che vedere con l’extraterrestre di Spielberg. È, invece, l’Einstein Telescope, una (futura) infrastruttura che consentirebbe giganteschi passi in avanti per la ricerca scientifica nel mondo. E che potrebbe far fare affari d’oro all’Italia, se il nostro Paese vincerà la sua sfida con gli amici-concorrenti olandesi.

Il progetto E.T., che deve il suo nome al padre della Teoria della Relatività generale, Albert Einstein, prevede la realizzazione di una grande installazione che sarà operativa in Europa entro il 2032. Ma cos’è E.T.? Massimo Carpinelli, co-chair del Work Package Site Selection del progetto europeo Infradev che porterà alla scelta del sito per E.T., professore ordinario di Fisica applicata all’Università di Sassari e già rettore dell’Ateneo turritano, lo spiega ai lettori di TPI: «Si tratta di un interferometro di onde gravitazionali di terza generazione che permetterà di esplorare l’universo e lo spaziotempo usando come messaggero proprio le onde che Einstein aveva immaginato esistessero già oltre 100 anni fa». Insomma, un inarrestabile portavoce astronomico di notizie dell’Universo che consentirà di studiare la natura dello spazio, le proprietà più profonde della gravitazione universale e degli oggetti che popolano lo spaziotempo e lo deformano.

I precedenti

Già dalla fine degli anni Sessanta del secolo scorso si era immaginato di creare delle strutture capaci di catturare le onde gravitazionali, ma con risultati scadenti. Risalgono ai primi anni di questo millennio l’osservatorio Laser Interferometer Gravitational Wave Observatory – Ligo, negli Stati Uniti, e l’italo francese Virgo di Pisa, basati sulle intuizioni del fisico italiano Adalberto Giazzotto, pioniere dello studio sulle onde gravitazionali e padre dell’interferometro, che spinse a preparare una nuova generazione di osservatori.

L’idea di un nuovo osservatorio di onde gravitazionali di terza generazione nasce nel 2004 all’interno di un think tank europeo coordinato dal Professor Michele Punturo, uno dei due padri del progetto E.T. e oggi Coordinatore internazionale del progetto Einstein Telescope: «Con l’Istituto nazionale di Fisica nucleare ho coordinato la prima stesura di un progetto per l’E.T. insieme ad un collega tedesco. Finalmente nel 2007 abbiamo presentato alla Commissione europea una proposta concettuale, che è risultata vincente, tanto da essere finanziata dalla Commissione. L’idea si è fatta strada: il progetto è stato fatto proprio dall’Esfri, lo European Strategy Forum on Research Infrastructures, organismo del Consiglio dell’Unione europea per le infrastrutture di ricerca in Europa, che la ha inserita nella sua roadmap e oggi ben 11 nazioni europee, 41 istituti di ricerca e università europee sono coinvolte nel consorzio promotore dell’Einstein Telescope».

Ascoltare l’Universo

Sul valore del progetto e sulla sua innovatività nessuno degli studiosi ha dubbi: «È l’inizio di una nuova era», dice il professor Punturo, «e ci permetterà di ascoltare l’intero universo tramite le onde gravitazionali. Insomma, lo chiamiamo Telescopio, ma è propriamente un microfono puntato nel cosmo che ci farà comprendere quel 95 per cento di Universo che noi chiamiamo oscuro. Ma solo perché è oscuro per noi, che ancora non siamo in grado di capirne granché. Con la ricerca sulle onde gravitazionali potremo verificare se la Teoria della relatività generale di Einstein sia giusta per spiegare il cosmo. O ancora potremo capire come funzionano i Buchi neri. Tutte conoscenze che svilupperanno tantissima tecnologia in molteplici settori della nostra vita quotidiana!»

Agli studiosi non sfugge, infatti, che le nuove tecnologie consentiranno di fare ciclopici passi in avanti nello studio delle onde gravitazionali e le scoperte che ne seguiranno cambieranno il volto del pianeta per come oggi lo conosciamo. La prestigiosa Accademia di Svezia ha conferito il Nobel 2017 per la fisica proprio ai padri dell’osservatorio statunitense sulle onde gravitazionali Ligo, Weiss, Barish e Thorne, per la prima rilevazione diretta delle onde immaginate da Einstein, nel settembre 2015.

L’isola in lizza

L’affare è grande e non solo per la scienza. E qui si apre la competizione tra i siti individuati per ospitare l’Einstein Telescope. I candidati sono due: uno è quello proposto con forza dall’olandese Nikhef, nella zona del Limburgo, la provincia più meridionale dell’Olanda, al confine con Belgio e Germania. L’altro è in Sardegna, nel Comune di Lula (NU), nella antica e dismessa miniera di Sos Enattos.

La particolare collocazione transfrontaliera della candidatura olandese ha un notevole valore politico, ma la zona non sembra avere le caratteristiche fisiche e ambientali richieste dalla natura del sito. È sempre il professor Massimo Carpinelli che ci spiega perché: «Già il compianto professor Adalberto Giazzotto aveva individuato la Sardegna come una terra particolarmente adatta per le sue caratteristiche geomorfologiche: servono infatti grandi caverne sotterranee con pochissima o nulla presenza di acqua, sismicamente stabili e fatte di una roccia dura, poco rumore dovuto alla presenza dell’uomo e distanza da impianti produttivi. Niente di più adeguato dell’isola di Sardegna, geologicamente la terra più antica del continente, con una densità abitativa pressoché desertica e tutta fatta di granito».

Diventato rettore proprio in Sardegna, Carpinelli ha fatto da catalizzatore per la collocazione del (futuro) E.T. nell’isola: «Tutti noi fisici sappiamo che è il luogo ideale, anche se sono orgoglioso di aver caldeggiato la scelta sarda. Fu poi il professore Fulvio Ricci, del dipartimento di Fisica della Sapienza di Roma, a individuare un luogo perfetto nella dismessa miniera di Sos Enattos, nel Comune di Lula, al centro dell’isola. Questa miniera di argento, galena e soprattutto sfalerite, risalente al 1868, ha smesso da decenni di essere produttiva, ma le sue gallerie sono state tenute in ottima conservazione e potrebbero essere, dunque, adeguate per costruire il nuovo sito. Infatti il telescopio consisterà in un enorme tunnel sotterraneo a geometria triangolare, con circa 10 chilometri di lato, scavato a circa 200 metri sottoterra. Ai vertici del triangolo saranno collocate le apparecchiature di studio: sistemi per la creazione del freddo, di lenti e di filtraggio sismico. Nei tunnel saranno collocati dei tubi in cui la luce si propaga in condizioni di vuoto e saranno il sistema di “sottovuoto” più grande del mondo. Si tratta di un investimento colossale: in nove anni (tanti ne occorreranno per realizzare integralmente l’E.T.) è previsto un impiego diretto di 1,7 miliardi di euro, ma l’effetto complessivo sul sistema economico è stimato in 6,184 miliardi di euro, con un’occupazione di qualità di oltre 36.000 addetti. Una manna dal cielo per la Sardegna, che infatti non intende lasciarsi sfuggire l’occasione. Il presidente della Regione Christian Solinas rilascia a TPI dichiarazioni che sono un impegno gravoso: «La Regione Sardegna crede fermamente nello sviluppo sostenibile legato all’innovazione ed alla ricerca. E l’E.T. sarà un’opportunità di sviluppo unica nel suo genere. Per questo la Sardegna ha preso un impegno formale con il Governo per stanziare 350 milioni di euro di fondi propri da aggiungere al finanziamento statale, che sarà di circa 1 miliardo. Non solo: la commissione Finanze del Senato ha chiesto di inserire il progetto all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr. Il nuovo rivelatore gravitazionale coinvolgerà in fase di costruzione oltre 2500 persone, e nel lungo termine, sarà un grande polo scientifico di valore internazionale, destinato ad attrarre risorse da investire alla frontiera della scienza e della tecnologia, un motore di sviluppo, innovazione e crescita per la Sardegna, l’Italia e l’Europa intera».

L’endorsement del governo

A sostenere la scelta italiana è l’Etic (Einstein Telescope Infrastructure Consortium), autorevole consesso di cui fanno parte le migliori istituzioni scientifiche e di ricerca del Paese: oltre alla guida dell’Infn, partecipano l’Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica), l’Ingv  (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), l’agenzia spaziale italiana (Asi) e le Università di Cagliari, Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, L’Università della Campania “Vanvitelli”, la Federico II di Napoli, il Gran Sasso Science Institute dell’Aquila, l’Università di Perugia, di Pisa, di Bologna, di Padova, di Genova. Ma soprattutto il Paese ha il suo sponsor d’eccezione: il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che vuole vendicarsi con l’Olanda, che soffiò all’Italia l’Ema, agenzia europea del farmaco: «È venuto il momento di pareggiare i conti: dobbiamo vincere la battaglia per l’Einstein Telescope». Per questo il governo italiano caccerà dalle tasche un miliardo di euro. Il presidente sardo Solinas non teme la concorrenza del sito del Lumburg: «Quella zona non ha caratteristiche fisiche e ambientali comparabili con la Sardegna perciò la Regione Sardegna è fiduciosa e ottimista».  La pensano così anche i giovani fisici italiani che operano nelle Università di Pavia, Torino, Ginevra, Parigi e che si sono costituiti in un comitato che ha lanciato una petizione online su Change.org. Samuele Resmini è il portavoce del Comitato e spiega a TPI perché questo telescopio è così importante e perché è essenziale che rimanga in Italia: «Il Telescopio Einstein consentirà di esplorare la storia del cosmo sino al periodo del buio cosmologico, aiutandoci a capire fondamentali problemi di fisica e cosmologia. Con i risultati di E.T. vedremo vicino agli orizzonti dei Buchi neri, riusciremo a penetrare la materia oscura sino al Big Bang». I giovani fisici si appellano alla «comunità scientifica italiana» perché «non mostri indifferenza verso l’Einstein Telescope, ma supporti un progetto che rappresenta un’occasione unica per tutto il nostro Paese. E.T. è il più grande e sensibile rivelatore di onde gravitazionali mai realizzato sulla terra ferma, in grado di aprire orizzonti completamente nuovi nell’osservazione dell’universo. L’Italia può giocare un ruolo di primo piano nella costruzione del futuro. Le istituzioni si sono mosse, gli scienziati facciano altrettanto».

La decisione della partita Paesi Bassi vs. Italia non tarderà e Massimo Carpinelli dovrà vedersela con il collega olandese Frank Linde, suo co-chair nel citato Infradev. La procedura per giungere ad una decisione è in via di definizione in questi mesi. «Il coordinatore del progetto Michele Punturo precisa a TPI: «La scelta del sito è basata su molti fattori, di natura fisica, tecnica, organizzativa e finanziaria. I primi due aspetti ricadono all’interno della grande collaborazione scientifica di Einstein Telescope. Diversi comitati scientifici analizzeranno le misure di caratterizzazione, attualmente in corso nei due siti, e confronteranno le performance potenziali, le soluzioni progettuali proposte dai team nazionali. Sono confidente che avremo in Italia l’offerta migliore sugli aspetti fisici e tecnici».

Ma il sistema Paese deve fare la sua parte: «Infatti insieme ai dettagli scientifico-tecnici saranno valutati gli aspetti organizzativi; ed è tristemente noto che realizzare una grande infrastruttura in Italia è impresa titanica. Complessità legislativa, efficienza della macchina autorizzativa della pubblica amministrazione ed aspetto finanziario avranno un ruolo determinante».

Alla fine la decisione sarà presa a livello governativo e gli equilibri geopolitici avranno di sicuro la meglio. Si spera, però, che la storia dei confronti calcistici tra Italia e Olanda faccia da esempio: su 23 partite disputate tra le due nazionali, oltre i dieci pareggi, Italia 10 – Olanda 3.
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