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Home » Salute

Smart working: i rischi di lavorare da casa e come evitarli

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Il lockdown ha aperto gli orizzonti a un nuovo modo di intendere il lavoro e la nostra professione. Pallini verdi e spunte blu stabiliscono la nostra disponibilità, sostituendo la presenza fisica nel mondo reale. Ma qual è il prezzo che stanno pagando i lavoratori trasferendo il loro impiego dall’ufficio a casa? Se in prima battuta questo nuovo format ha riscosso grande successo e raccolto molte adesioni tra chi, in apnea da tempo, non vedeva l’ora di rallentare i ritmi e potersi così organizzare autonomamente, oggi emerge un nuovo coro, quello che non ne può più di lavorare in pigiama davanti al pc.

S&D

Certo, la comodità di alzarsi da letto cinque minuti prima dell’orario di lavoro e di poter rinunciare a tacchi, giacche, cravatte, ha il suo discreto vantaggio, ma forse non per tutti. Il tempo trascorso all’interno delle mura domestiche non è inversamente proporzionale al tempo dedicato a noi stessi. Più tempo a casa non equivale a più tempo per noi. Anzi tutto il contrario!

La modalità che si tende ad assumere, non uscendo, è quella di procrastinare il momento di alzarsi, lavarsi, vestirsi, rifare il letto e rassettare la casa. Diminuiscono gli stimoli esterni e con loro anche la nostra voglia di attivarci, portandoci spesso a sperimentare un senso di insoddisfazione generale. È come se ogni giorno nutrissimo il nostro malcontento con noia e trascuratezza, alla quale si aggiungono tutte le problematiche del lavoro ma senza il supporto dei colleghi con il quale scambiare quattro chiacchiere e un caffè. Insomma un campo di fiori ma pieno di mine, si è sempre sul punto di scoppiare!

Lavorare da casa, però, non mette in ginocchio solo le nostre abitudini quotidiane ma anche il nostro equilibrio psicologico. Vediamo a quali problematiche siamo maggiormente esposti abbandonando l’ufficio.

Disturbi d’ansia

La mancanza di stimoli esterni, che siano sociali, quindi rappresentati dall’assenza dei colleghi, o ambientali, come il luogo di lavoro, può creare uno spazio mentale che non siamo soliti gestire. Possiamo definire questo “spazio” come una sorta di “vuoto” che il soggetto tende a riempire con nuovi stimoli. Gli stimoli questa volta però anziché crearsi da esperienze esterne sono figlie di pensieri, sensazioni ed emozioni provenienti dall’interno. Questa modalità di comunicazione chiusa, senza sbocchi o vie d’uscita, che avviene tra sé e sé, può determinare rimuginii e stati ansiosi dal quale è difficile svincolarsi.

Disturbi dell’umore

La mancanza di confronto con colleghi e amici può sollecitare nella persona un vissuto di isolamento e solitudine che spesso si può tradurre in sintomi quali: abbassamento del tono dell’umore, riduzione dell’interesse verso le normali attività, difficoltà di concentrazione, senso di fatica, calo dell’energia, cambiamenti nell’appetito, difficoltà di addormentamento e pensieri auto-critici.

Ricordiamoci che la situazione lavorativa, inserendosi all’interno del contesto domestico, può aggravare alcune dinamiche personali e familiari. Se prima il problema principale poteva essere riassunto con la frase “non sono mai a casa”, ora sicuramente la difficoltà maggiore consiste proprio nel far ruotare tutto al suo interno.

Senso di invasione

La difficoltà a scindere la vita privata da quella lavorativa, può provocare nella persona un senso di costrizione e angoscia. La mancanza di limiti e regolamentazione crea confusione nel lavoratore, attivando in lui un senso di stress e precarietà, maggiore rispetto al lavoro in presenza. Questa dinamica si traduce infatti nell’ossessione di dover essere sempre online e di rispondere più rapidamente a mail e messaggi, terminando la giornata anche ben oltre le otto ore canoniche.

Leggi anche: 1. Il sociologo Fontana a TPI: “Dopo il Covid il marketing non sarà più come prima” / 2. Smart working frontiera del futuro? Forse, ma a danno di migliaia di aziende (e di lavoratori)

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