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Home » Politica

Ve lo ricordate Valter Lavitola? L’ex faccendiere di Forza Italia finito in carcere per Berlusconi ora vuole portarlo al Quirinale

Immagine di copertina
Foto Berlusconi: REUTERS/Flavio Lo Scalzo Foto Lavitola: Gennaro Giorgio / AGF

“Il Cavaliere può vincere la corsa al Quirinale promettendo che non si vada al voto", nel nuovo numero del settimanale di TPI, The Post Internazionale, in edicola da venerdì 14 gennaio, l'intervista all'ex direttore de L'Avanti, che ora gestisce un ristorante di pesce

È vero che Valter Lavitola lavora con  Berlusconi per il Quirinale?
(Sorriso). «Guardi, ora faccio il ristoratore».

S&D

Non è una risposta.
«Chi mi cerca, mi trova al Cefalù, il mio locale di pesce».

E allora?
«Lavoro in Viale dei Quattro venti, a Roma. Non ad Arcore».

Non risponde: la prendo come una conferma.
«Lei conosce bene il meccanismo giornalistico. Anche se smentisco diventa vero».

Lo dice persino Fabrizio Cicchitto, padrino di suo figlio, ed ex colonnello del Cavaliere.
«Fabrizio per me è un caro amico. Ma non è vero, è verosimile. È vera un’altra cosa».

Quale?
«Berlusconi i numeri li ha».

Nella sua ultima intervista le è sfuggita questa frase: «Nel retrobottega del ristorante aggiorno un tabellone con i deputati certi, schierati, conquistabili. Poi riporto tutto su Excel».
(Ride). «Ma è un modo di dire! Chi è ammalato di politica, come noi, è sempre aggiornato sulla politica».

Va bene. Ora tralasciamo se lei stia dando una mano. Mi dica come va a finire.
«Questo volentieri».

Ci sediamo quattro ore, a un tavolino del Cefalù: il tempo vola, e la vita di Lavitola pare un feuilleton francese. Ai tavoli servono una commessa brasiliana e una indiana, alla cassa la nipote di un ex direttore di “Avvenimenti”, tra i clienti c’è chiunque – giornalisti, star, attori. Fioccano ordini a domicilio da tutta la città, Valter viene interpellato su tutto, e discute davanti ad un bottiglione dello stesso rum che serve ai clienti con zabaione, come dessert: «Un elisir. Me lo portano dall’Ambasciata del Guatemala».
Continua a leggere l’articolo sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui

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