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Alla scuola serve il concorso, non le “grandi infornate” (di L. Telese)

Immagine di copertina
Lucia Azzolina, ministra dell'Istruzione. Credit: ANSA/Cosimo Martemucci/SOPA Images via ZUMA Wire

Alla scuola serve il concorso, non le “grandi infornate” (di L. Telese)

Niente concorso, vogliamo l’infornata. Se serviva una prova di inadeguatezza di una parte del paese nel tempo del Covid, eccola: per quanto possa sembrare incredibile c’è una polemica in corso, nel nostro paese, tra chi vuole assumere i precari, senza concorso (Pd, Leu e i sindacati) e per chi lo vuole fare con il concorso (il ministro Lucia Azzolina). Ovviamente, nel paese in cui si passa sempre sopra il merito, possibilmente sventolando buone ragioni, chi difende la grande infornata dei precari, ammanta il suo desiderio di gridare “tana libera tutti” di apparenti buone ragioni: tanto insegnano già – dicono. E poi – aggiungono – il test a crocette è umiliante per un docente che lavora già in una classe. È una esercitazione di nozionismo.

Ovviamente (purtroppo la logica non è un optional) questi difensori della “grande infornata”, non fanno discendere da questa considerazione la conseguenza ovvia che serva una prova più rigida, anzi. Siccome il mini test a crocette non va bene, bisogna assumere 32mila precari con tre anni di anzianità senza nessun concorso, con la cosiddetta graduatoria “per titoli”. Che poi è un altro modo per dire: “Chi c’è c’è”. Spiega infatti il vice presidente della commissione cultura Francesco per Ducci, deputato del Pd: “Il merito e la qualità dell’insegnamento non si misurano con una prova crocette!”. Oppure: “Bisogna mandare i professori nelle classi, dopo l’emergenza Covid c’è tempo per fare il concorso”.

Io, ribalterei totalmente queste posizioni corporative e antimeritocratiche: nei mesi che ci separano dall’inizio della scuola, si fa il concorso, e il tempo c’è (tant’è vero che le lezioni sono sospese). Se a qualcuno non vanno bene i test a crocette, il che è legittimo, chieda di fare (anche) la simulazione di lezione. Il fatto di essere “da tre anni” nella scuola, infatti, non è un criterio di merito. E il fatto di voler passare senza concorso mentre gli altri docenti lo hanno fatto è una doppia violazione del diritto: quello di chi è già dentro, in primo luogo, dopo essersi sottoposto a una prova. E quello di chi è fuori che ha diritto di sottoporsi ad una prova, per poter entrare. Basta sapere che per entrare nei percorsi abilitanti (la Ssis per esempio) molti insegnanti hanno dovuto fare un esame impegnativo, e alla fine del percorso hanno dovuto sostenere un altro esame, che a detta di tutti era serio. Chi è iscritto nella fantomatica “terza fascia”, invece, non è mai stato valutato come docente.

È davvero così crudele ciò che il ministero ha stabilito, e cioè che l’unica prova d’accesso richiesta sia un semplice quiz con ottanta domande sulla propria materia, su pedagogia e inglese, da svolgere al computer? È un ostacolo così insormontabile? A me non pare. Se vuoi fare il salto di ruolo devi dimostrare la tua abilità. E se questa prova non ti basta ne chiedi un’altra. E se dici “io ho anche i titoli” non devi far finta di non sapere che i titoli sono riconosciuti. Quello che è inaccettabile è avere i professori che gridano “nessuno mi può giudicare”, gridano contro le crocette quando si tratta di se stessi, e che poi giudicano, fra l’altro anche “con le crocette”, quando devono giudicare i propri studenti. Lo dico da figlio di due professori: chi ama l’insegnamento e la scuola ha un solo grande nemico. Il “tana libera tutti” e la logica oscena delle “grandi infornate”.

Leggi anche: 1. Azzolina a TPI: “Nelle scuole 70 milioni di euro per comprare i tablet ai ragazzi che non li hanno”/2. Scuola, i docenti precari a TPI: “La Azzolina ha bandito un concorso-truffa che moltiplica il precariato. E che ci mette in pericolo”

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