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Home » Politica

Paola De Micheli a TPI: “Alla sinistra serve un nuovo umanesimo”

Immagine di copertina

Rappresentare i ceti medi non è uno scandalo: un partito di governo deve interpretare i bisogni di tutti. Facciamo tesoro della lezione del Papa. Nel Pd le donne non sono ascoltate: non avere una corrente è stato un problema. Intervista alla ex ministra delle Infrastrutture in corsa per le primarie dem

«La campagna elettorale sta andando molto bene, ho fatto un investimento sugli iscritti, e il ritorno lo vedo: ieri sera c’erano 150 persone a Pavia». Paola de Micheli è reduce da uno degli eventi della campagna elettorale per le primarie del Partito Democratico in programma il prossimo 26 febbraio, a cui ha deciso di candidarsi perché è l’unica «che ha idee originali e nuove». Nel tour elettorale iniziato subito dopo le elezioni dello scorso 25 settembre, promuove il suo libro “Concretamente. Prima le persone”, che è anche lo slogan che proporrebbe per il “nuovo” Pd. Ai dem però non cambierebbe mai nome. Quello che c’è, dice, «è una figata pazzesca». 

S&D
Se non fosse candidata, chi sceglierebbe tra Schelin, Bonaccini e Cuperlo?

Schlein e Bonaccini erano di fatto candidati da molto tempo, ma la prima che ha avuto il coraggio di farlo in modo ufficiale sono stata io. Pur riconoscendo i miei limiti, e con tutta umiltà, posso dire di essere la candidatura più libera, solida e originale.

Perché sta puntando tutto sul ruolo degli iscritti?

Ho assistito all’esodo silenzioso di migliaia di iscritti verso l’indifferenza. Bisogna far tornare le persone ad appassionarsi della nostra vita interna, e questo è possibile solo tenendo insieme partecipazione e decisione. Sono convinta che il Pd debba essere un partito solido e presente in ognuno dei comuni d’Italia. Solo così, con iscritti e circoli, avremo la possibilità di stare sempre nella realtà. Le associazioni senza soci non esistono. 

Fare le primarie aperte però, secondo alcuni, svilisce il ruolo degli iscritti e toglie “accountability” al segretario eletto. 

Le primarie aperte hanno sempre confermato il voto degli iscritti. Anche nel mio modello rimangono le primarie, perché abbiamo l’esigenza di rivolgerci anche agli elettori. Ritengo che sia gli incarichi, sia le proposte di riforma, debbano essere sottoposte alle primarie con il voto degli iscritti che vale doppio e quello degli elettori che vale uno. Questo modello vale per la scelta dei parlamentari e di tutti i candidati. La democrazia è partecipazione e decisione, se manca una di queste due gambe non si completa nel suo processo.

Per due anni ministra dei Trasporti, per sei mesi vicesegretaria di Nicola Zingaretti. Perché questa nuova parabola? C’è un prima e un dopo De Micheli? 

No. Non sono mai cambiata. Ho sempre provato a rendere migliore il partito, in tutti questi anni. Questo processo di ritorno alla realtà, di nuova prospettiva oggi è più urgente che mai. Per questo ci metto la faccia in prima persona: sono l’unica che ha idee originali e nuove. È un continuo puntare al miglioramento della nostra comunità che in questa fase deve fare un salto di qualità.

Lei non decideva perché era una donna?

Essere donna e non avere una corrente è stato sicuramente un problema. Ho vissuto fino al 2013 l’esperienza di 360 di Enrico Letta ma non ho mai avuto una corrente personale. Comunque nel Pd le donne non sono ascoltate, devono essere sempre scelte da qualcun altro. Anche quando a sceglierti sono già stati gli elettori. 

Bersani ha detto che il suo slogan per il Pd sarebbe “Libertè, egalitè, fraternitè”: è d’accordo?

Sulla libertè, questo governo darà problemi all’Italia. Sull’égalité, la situazione è molto grave. Le italiane e gli italiani stanno pagando un prezzo enorme al susseguirsi delle crisi degli ultimi 15 anni: dalla crisi finanziaria del 2008 alla pandemia fino all’inflazione e alla guerra. Occorrono nuove e coraggiose politiche per combattere concretamente le disuguaglianze. E questo governo è totalmente inadeguato. Sulla fraternité, inviterei tutti ad usare questo congresso per cambiare i comportamenti individuali e collettivi più coerenti con i nostri valori.

Il suo slogan quale sarebbe?

Concretamente prima le persone, dal titolo del mio libro. Eredità dell’esperienza fatta con Zingaretti e soprattutto un modo per raccontare il nuovo umanesimo, interpretato a livello nazionale e internazionale da importanti intellettuali e raccontato da Papa Francesco nelle sue encicliche, che rappresenta bene le culture fondative del Pd, dal cattolicesimo democratico fino alla sinistra. Penso sia nel nostro presente una necessità primaria: i bisogni delle persone, misura del nostro agire. Visione del futuro.

Prima le persone vuol dire tutte le persone o prima i precari, i poveri, gli sfruttati?

Prima le persone, per un partito di governo, sono tutte le persone. Ma è del tutto evidente che bisogna guardare a chi ha più bisogno. Ma l’ambizione di un grande partito di centrosinistra è quella di rappresentare tutta la società, non una somma di minoranza: per questo dobbiamo essere noi per primi a cambiare per cambiare la società.

Non sarebbe allora più onesto ammettere di essere diventati una cosa diversa da ciò che molti si aspettano, un partito che rappresenta il ceto medio, spostato al centro, invece di negare l’evidenza?

Di ipocrisie in questo tempo congressuale dopo la sconfitta ce ne sono state tante. Però non scandalizziamoci se il Pd è anche capace di rappresentare i cosiddetti ceti medi. La missione è decidere chi sono coloro, nella società, che non ci hanno votato e che invece dobbiamo e vogliamo rappresentare. Io credo che debba essere il mondo del lavoro ampiamente inteso: da chi, nelle grandi città ha abbandonato la cultura del posto fisso, fino a lavoratori dipendenti, precari, lavoratori poveri e partite Iva. Il lavoro oggi è finalizzato al raggiungimento della felicità come obiettivo e come strumento. Per questo dobbiamo progettare politiche originali a differenza di quanto sta accadendo nel dibattito in corso, che trovo anacronistico. Le ipocrisie e le ammissioni di colpa di questa fase non devono mettere in discussione i nostri valori, nessuno oggi deve negare che Liberté, Égalité e Fraternité sono fondativi per il Pd. Il problema è interpretarli nella modernità. È ipocrita un pensiero che sta sempre nella sua zona di comfort. Tutti dobbiamo fare un bagno di realtà.

E qual’è questa zona di comfort?

Siamo stati fino a oggi il partito dell’ “un po’ e un po’”. Anche nel manifesto approvato il 22 gennaio non ci sono particolari novità se non la riproposizione dell’intervento pubblico in economia. Scelta che peraltro nei nostri governi politici abbiamo correttamente interpretato. Manca un pensiero originale sugli strumenti di lotta alla povertà e discutiamo ancora del reddito di inclusione. Anche se sono passati sei anni. Io propongo il Reddito Universale. Una misura completamente nuova che partendo dalla misurazione degli effetti delle norme attuali, rafforza la risposta pubblica alle povertà. 

Se dovesse parafrasare un altro celebre slogan: «Io sono Paola, sono una donna..» come continuerebbe?

Sono Paola, sono quello che si vede. Una persona autentica. È questa la mia forza. Non ho mai secondi fini, furbizie, che a volte in politica è anche un problema.

Vi preoccupa di più l’avanzata del M5S nei sondaggi, l’opposizione interna di Calenda, o la destra al governo?

La destra al governo. Il tentativo culturale di Meloni è chiarissimo: sta seminando ideologia in ogni provvedimento, in ogni dichiarazione, in ogni decisione del governo, quindi mi preoccupa la destra. Con questo congresso ci dobbiamo occupare di rafforzare il Pd per rimettere nella giusta prospettiva il tentativo di scalata del M5S e l’ostilità di Calenda.

Ma Conte sta andando per la sua strada. E la decisione del M5S di correre solo nel Lazio peserà sui risultati.

Penso abbia sbagliato, anche i suoi elettori vogliono vincere. Più saremo forti e prima arriverà il momento in cui torneremo ad avere un ruolo egemone nel centrosinistra: tutti a quel punto vorranno fare accordi con noi e tornare a vincere. Io mi sono candidata per questo. Il mondo va molto veloce e i tempi della politica devono essere adeguati: vedo le condizioni politiche per realizzare il ruolo storico per cui è nato il Pd.

Cioè, quale?

Garantire che le trasformazioni abbiano effetti positivi per tutti. Governare le trasformazioni per rispondere concretamente ai bisogni delle persone. Il Pd nasce per guidare la società, non per essere subalterno al tweet del giorno.

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