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Home » Politica

Da Roccella a Valditara: i ministri improponibili del governo Meloni

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Eugenia Roccella e Giuseppe Valditara sono i nomi più critici del nuovo governo. La giravolta sull’aborto della titolare della Famiglia e delle Pari Opportunità, e il passato da relatore della riforma Gelmini pesano sui due esponenti dell’esecutivo

«L’aborto non è un diritto: è il lato oscuro della maternità». Ultraconservatrice, anti-abortista, contraria all’eutanasia, alle unioni civili e al reato di omofobia. È il ritratto, in sintesi, della nuova ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità del neonato governo Meloni: Eugenia Roccella. Ex sottosegretaria alla Salute dell’esecutivo Berlusconi IV, Roccella è un politico di lungo corso dalle posizioni radicalmente ultraconservatrici e molto vicina agli ambienti pro-vita e del Family Day.

Roccella però non è sempre stata così conservatrice. Anzi, proprio per nulla. La sua militanza politica e femminista, infatti, è iniziata negli anni Settanta con il Movimento di liberazione della Donna e al fianco del Partito Radicale, padre delle maggiori lotte per la conquista di diritti civili che oggi diamo per scontati come l’aborto o il divorzio. In quegli anni, Roccella difendeva strenuamente, per esempio, il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza e proprio a questa battaglia dedicò un libro da lei curato: Aborto, facciamolo da noi (Napoleone, 1975).

A un certo punto, però, arriva l’inversione di marcia, proprio quando torna attivamente in politica con il Governo Berlusconi IV. Il Roccella pensiero è totalmente opposto e chi l’ha conosciuta negli anni della militanza radicale stenta a riconoscerla. Sebbene il suo nome non sia così conosciuto ai più, numerose sono le dichiarazioni di Roccella che nel corso degli anni hanno scatenato accesi dibattiti e polemiche. È il caso, ad esempio, delle posizioni contro l’aborto, definito – appunto –  «il lato oscuro della maternità»; contro la RU486, conosciuta come la pillola abortiva, che secondo Roccella avrebbe aperto «all’aborto a domicilio»; contro la contraccezione di emergenza, secondo lei utilizzata con troppa frequenza dalle persone più giovani.

Ma non solo l’aborto pare non essere più nelle grazie di Roccella. Numerose sono infatti le prese di posizione contro il divorzio breve, le unioni civili, contro il biotestamento, che definì «la via italiana all’eutanasia», contro una legge per garantire il diritto a un fine vita dignitoso sostenendo l’esistenza di una sorta di disegno culturale e politico per arrivare «all’eutanasia come opzione facile e libera» e «a distruggere l’idea di intangibilità della vita». Anche le sue posizioni sulle questioni LGBTQ+ non sono esattamente progressiste: Roccella si è dimostrata parecchio impermeabile alle istanze della comunità contrastando l’approvazione della legge per l’introduzione del reato di omobitransfobia ritenendo che «la definizione di un nuovo reato all’interno della legge Mancino rappresenti un reale pericolo per la libertà di espressione nel nostro Paese». Compressione della libertà di espressione, esattamente.

Questo è in breve il ritratto della nuova ministra che dovrà occuparsi, oltre che di Famiglia e Natalità, di gestire la delicata delega alle Pari Opportunità. E infatti, in una delle sue prime dichiarazioni ufficiali rese all’Ansa, Roccella ha raccontato quale sarà la sua idea di azione in quanto capo del dicastero: «ll Ministero per le Pari opportunità è nato sulla spinta del movimento delle donne, ma poi l’ombrello si è allargato, diventando un titolo generico sotto il quale rubricare un po’ di tutto. Io vorrei tornare a occuparmi delle tante ingiustizie che subiscono le donne, che mi sembra non siano affatto diminuite, anzi forse sono aumentate». Legittimo e anche meritorio, per carità, ma le Pari Opportunità dovrebbero essere garantite a tutti, soprattutto a tutti quei soggetti che di fatto sono discriminati nell’esercizio dei propri diritti fondamentali ogni giorno. E no, non sono solo le donne.

Istruzione e Merito

Se il ritratto di Eugenia Roccella non vi fosse bastato, c’è un altro componente del nuovo esecutivo Meloni che merita una particolare menzione. È Giuseppe Valditara, il nuovo ministro dell’Istruzione e del Merito, di estrazione leghista, che non si può definire, esattamente come la collega Roccella, un vero e proprio campione della difesa dei diritti civili.

Valditara, infatti, è considerato molto vicino agli ambienti cattolici più integralisti nonché un possibile argine alla diffusione di quella che negli ambienti Pro Vita e Family Day viene chiamata “ideologia gender”, un colorito nome che vorrebbe definire in maniera piuttosto distorta i cosiddetti “Studi di genere”. Esattamente come Roccella, anche Valditara è contrario a tutta una serie di diritti civili per l’autodeterminazione dell’individuo.

Nel 2013, per esempio, firmando le «dichiarazioni sulla libertà di coscienza e di dialogo» del finiano Futuro e Libertà, dichiarò: «Certe idee non sono le nostre: non siamo libertari e nessuno mi farà mai votare sì all’eutanasia e ai matrimoni gay». Nel 2016, infatti, firmò, per esempio, l’appello contro le unioni civili del Centro Studi Livatino, nel quale veniva di fatto negata la necessità di introdurre nell’ordinamento italiano questo istituto in quanto «in un momento di così seria crisi demografica e di tenuta del corpo sociale, auspichiamo una legislazione che promuova la famiglia e favorisca la maternità, e così metta da parte ddl come quello c.d. sulle unioni civili, ostili alla dignità della persona, all’interesse del minore, al bene delle comunità familiari, al futuro dell’Italia».

Come anticipato, Valditara sarà il nuovo ministro dell’Istruzione e del Merito. Ma al di là delle posizioni sui diritti civili, quali sono le sue idee rispetto alla materia di cui andrà a occuparsi nel concreto? Anche in questo caso, l’excursus politico del neo-ministro è abbastanza netto. Relatore della Riforma Gelmini, che gli studenti della mia generazione ricordano molto bene essendo la legge che diede il definitivo colpo di grazia all’Istruzione pubblica italiana sottraendo ben 10 miliardi di euro di fondi a un capitolo di spesa già abbondantemente martoriato e sottofinanziato, fanalino di coda Ue per gli investimenti in proporzione al Pil da ormai molti anni, il nuovo ministro è anche un grande fan del “Merito”.

Il Merito, una parola che a una prima occhiata può sembrare descriva un concetto virtuoso. Nulla di male, a livello superficiale. È invece un concetto molto pericoloso da applicare in un Paese in cui l’ascensore sociale è rotto ormai da svariati decenni e nessuno sembra intenzionato a ripararlo. Perché il Merito può essere un bel concetto in un sistema in cui le condizioni di partenza sono garantite a tutti, non in un’Italia fondata sull’iniquità e che vede andare avanti solamente chi può permetterselo.

Nonostante questo sia il segreto di Pulcinella, nonostante sia davvero difficile parlare di Merito in un Paese che non riconosce le minime condizioni sociali di riscatto per chi non ha la fortuna di nascere in contesti non dico agiati, ma quanto meno non disastrati, il nuovo Governo Meloni ha deciso di fondare l’azione di Governo sulla promozione di questo imprescindibile “valore”. La neo-presidente del Consiglio ha più volte dichiarato di non voler lasciare nessuno indietro, compito molto arduo in un Paese che da decenni sta lasciando indietro intere generazioni di giovani, strette tra precariato, salari infimi, private della possibilità anche solo di immaginare un futuro stabile.

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