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Ddl Zan, Meloni: “La sinistra usa i gay come scudi umani”

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Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia. Credit: ANSA

Che Fratelli d’Italia fosse totalmente contraria al ddl Zan è cosa nota. La leader Giorgia Meloni oggi parla in un’intervista a La Stampa in cui spiega le motivazioni della sua ostilità al provvedimento: “Sono contraria alla legge Zan per motivi che nulla hanno a che fare con l’omofobia, qua non c’è nessuna fobia, è una questione razionale, si possono avere idee diverse sui contenuti di una legge”, dice. Meloni sostiene che la sia la sinistra a “fare battaglia politica sulla pelle di gay e lesbiche, usando i più fragili come scudi umani per fare altro”. Ed entrando nel merito del testo del ddl, “credo che portare nelle scuole elementari il tema dell’omosessualità non c’entri niente con la discriminazione – ha spiegato -. Tra l’altro, nelle stesse scuole in cui non facciamo educazione sessuale.

La presidente di Fratelli d’Italia ha sottolineato la presenza di molti omosessuali “orgogliosi che non sono incappati nelle lobby gay” e che “non amano farsi usare ed essere oggetto di propaganda”. Anche perché il fatto di potare il tema dell’omosessualità all’interno delle scuole elementari, sostiene, non è perfettamente simmetrico con la discriminazione.

Il governo ungherese di Orban ha varato una legge anti lgbt che è stata condannata dalla Ue: quella legge, secondo Meloni, “con toni che io non userei mai e che possono non piacere, dice una cosa semplice: non si fa propaganda gender nelle scuole, soprattutto se a farla sono associazioni che non sono riconosciute dal sistema formativo ungherese. Da qui a dire che è una legge omofoba ce ne passa”.

Infine parla di Salvini e chirisce: “non c’è competizione con Salvini, solo un sano criterio meritocratico. Tutti i giorni sui giornali c’è scritto che io e Salvini ci odiamo, che ci tiriamo i cartoccetti. Noi, invece, ci mandiamo i messaggini per riderci su, perché sono ricostruzioni totalmente fantasiose. Secondo le regole che ci siamo dati nel centrodestra, chi prende più voti alle elezioni indica il premier”.

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