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Home » Politica

Il centrodestra vuole toccare il Pnrr di Draghi. Per i dem fondi europei a rischio, Amendola “il negoziato durerebbe mesi”

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Come e perché Giorgia Meloni vuole modificare il Pnrr se sarà eletta

Il programma dell’alleanza di centrodestra firmato da Meloni, Salvini e Berlusconi evoca la questione spinosa delle modifiche al Pnrr. Fratelli d’Italia, che, stando all’opposizione, a più riprese si è astenuto o ha votato contro le misure del Piano di ripresa di Draghi, in caso di vittoria, vuole riservarsi la soddisfazione di reindirizzare alcuni fondi europei secondo le sue priorità. Più fondi andrebbero al settore dell’energia anche se a discapito della transizione ecologica, secondo l’analisi di Repubblica. Benché il programma di centrodestra non specifichi quali progetti saranno toccati dalla riscrittura, l’alleanza favorevole alle grandi opere fa riferimento all’ aumento dei costi di energia e materie prime. I dem hanno polemizzato descrivendo la proposta degli avversari come una promessa elettorale inattuabile, se non a caro prezzo. Non è detto che Giorgia Meloni, attualmente in netto vantaggio nei sondaggi, faccia lo stesso ragionamento. In caso di blocchi, farebbe ricadere la colpa sulle spalle della burocrazia europea, capro espiatorio prediletto della destra.

In effetti la proposta è conforme al regolamento europeo sul Recovery Fund. Esso ammette proposte di modifiche ai piani nazionali presso la Commissione Europea. Ma, come fa notare su La Repubblica Vincenzo Amendola, sottosegretario agli affari UE, si tratterebbe di un iter molto lungo. Bisognerebbe “aprire un negoziato con la Commissione e, in caso di accordo, ottenere il via libera del Consiglio. In quei mesi, l’Italia si esporrebbe a perdere le rate programmate”. La sfida principale è appunto il calendario delle rate: ogni semestre, l’Italia deve aver raggiunto un numero prestabilito di obbiettivi e traguardi per ricevere i finanziamenti del Pnrr. Se per diversi mesi alcuni progetti sono messi in stand by perché sottoposti a modifiche e esaminazioni della Commisione, l’Italia rischia di faticare a completare la lista di obbiettivi raggiunti da consegnare a Bruxelles.

Inoltre il Pnrr, scritto prima dell’inizio della guerra, non prevedeva misure rivolte all’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime. Includerle nel Piano significherebbe dunque togliere fondi ad altri obbiettivi, e la transizione verde sembra trovarsi nel mirino. Ciononostante, secondo la legge del Recovery Fund votato dal Parlamento europeo, una modifica ad un progetto del piano può essere proposta solo se quest’ultimo “non può più essere realizzato, in tutto o in parte,[…] a causa di circostanze oggettive”.

Si tratta di un’impresa rischiosa sia sul fronte burocratico che su quello politico. Non solo l’eventuale Governo dovrebbe condurre lunghi negoziati con l’Ue sotto le pallottole scagliate dall’opposizione, ma potrebbe soffrire di alcuni cedimenti nell’alleanza tra i partiti di centrodestra, di cui due su tre hanno votato a favore di diverse misure del Pnrr di Draghi. Ritornare su queste misure sarebbe un impressionante esercizio di memoria corta per gli eletti e gli elettori leghisti e forzisti.

L’immagine dell’Italia in Europa è un’aspetto che il futuro governo non può trascurare, questo Giorgia Meloni lo sa bene. Anche per Berlusconi potrebbero risvegliarsi brutti ricordi riguardo la questione dello scudo anti-spread, strumento dal quale l’Italia verrebbe esclusa nel caso non venissero osservati gli impegni presi per il Pnrr.

 

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