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Rocco e i suoi fardelli (di Gianluca Comin)

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Lo "Spin doctor" di Gianluca Comin

È merito di Rocco Casalino se, per la prima volta negli ultimi decenni, un premier lascia Palazzo Chigi con un consenso popolare più alto di quando ci è entrato. Ma è in parte anche responsabilità dello stesso Casalino se la credibilità istituzionale del governo è scesa al punto da essere presa a pretesto per giustificare la crisi di governo.

Conte ha toccato punte di fiducia del 60 per cento, appena sotto il presidente Mattarella, e negli ultimi 20 mesi è stata una crescita costante accelerata dalla gestione della pandemia. I suoi predecessori, del calibro di Berlusconi, Prodi, Letta e Renzi, hanno lasciato il Palazzo a livelli di poco superiori al 20 per cento di consenso popolare.

Governare è infatti impopolare, qualsiasi sia il colore politico del premier. Ma per Conte è stato tutto diverso e, da osservatori del mondo della comunicazione, non si può negare che Casalino, l’ingegnere poliglotta noto ai più per la partecipazione al Grande Fratello, sia stato un brillante spin doctor e un insufficiente responsabile della comunicazione istituzionale.

L’uso di Facebook e degli altri social network per comunicare ai cittadini, le passeggiate tra la folla nel centro di Roma, le photo opportunity a fianco di leader come Trump o la Merkel, gli abbracci ai bambini e tanti momenti pop, assieme al supporto organizzato di migliaia di account e di gruppi social come “Le bimbe di Conte”, hanno fatto del premier un protagonista politico pronto all’agone elettorale.

Tuttavia, le molte gaffe comunicative istituzionali (la geolocalizzazione da Tripoli, il meme su Renzi, il banchetto a piazza Colonna, solo per citare le più recenti) hanno certamente messo in difficoltà il presidente del Consiglio in un mondo che, pur con tutte le innovazioni possibili, rimane legato a stili e rituali tradizionali. E lo hanno esposto a critiche anche pretestuose.

La differenza tra spin doctor e comunicatore istituzionale non è banale: il primo è un professionista che sa fiutare l’opinione pubblica, gestisce il messaggio, l’immagine ed i simboli del politico ed è capace di orientare o distrarre i media al solo fine di aumentare il consenso da travasare in voti alla prima occasione elettorale.

Il comunicatore istituzionale, invece, ha come primo (e per certi versi unico) obiettivo il raccontare il lavoro del governo e del suo premier, con trasparenza e onestà. Deve misurare parole e immagini tenendo conto dei riflessi internazionali e diplomatici che possono avere, ha il compito di informare l’opinione pubblica convincendola che le misure prese sono adeguate al bisogno.

Non deve convertire i like in voti. Senza giudizi di merito, dunque, sono figure profondamente diverse, spesso alternative e non è raro che chi comunica per l’uomo politico non sia lo stesso che affianca l’uomo delle istituzioni. Lo spin doctor è indispensabile nelle campagne elettorali e a fianco dei segretari e leader di partito.

Padroneggia le regole della propaganda, ha uno stile spesso eccentrico, guarda al risultato a breve piuttosto che ad una strategia di lungo periodo. Usa i social network e la controinformazione anche in modo spregiudicato, può non preoccuparsi della coerenza del messaggio: ogni momento richiede il suo spin e, come è noto, con un whatsapp prima dei tg lancia ai media la linea della giornata o distrae la loro attenzione dai temi spinosi.

Tra i più noti spin doctor il comunicatore di Tony Blair, Alastair Campbell, protagonista del trionfo del New Labour, ma anche del tramonto di Blair sotto il peso della disinformazione e di alcune omissioni. O Sibeth Ndiaye che ha accompagnato Macron nel successo di En Marche! fino all’Eliseo, ma dopo poco più di un anno sommersa da critiche per le sue molteplici gaffes è stata sostituita dal più istituzionale Gabriel Attal.

In altre parole, non ci sono uomini – o donne – per tutte le stagioni e ogni fase richiede competenze e sensibilità diverse oppure un diverso mix di leve di comunicazione e reputazione. È la sfida di chi fa il nostro mestiere dove, come recitava una celebre pubblicità “La potenza è nulla senza il controllo”.

Leggi anche: 1. Il divertente spettacolo della Lega, che per non stare fuori dai giochi si scopre europeista (di Giulio Cavalli) / 2. La resistenza dei giallorossi: così il governo Draghi sta diventano un governo Ursula (di Luca Telese)

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