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Draghi al Quirinale, Franco o Cartabia a Palazzo Chigi: così i partiti lavorano a un accordo complessivo

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Come anticipavamo su TPI sin dalle scorse settimane, Mario Draghi (di cui da tempo conoscevamo e scrivevamo delle sue reali intenzioni di essere il prossimo Capo dello Stato) pur di arrivare al Colle avrebbe trovato il modo di rassicurare i partiti sul proseguo della legislatura e gli avrebbe anche fatto sapere che non sarebbe stato affatto disponibile a rimanere a Palazzo Chigi a qualunque costo. E così è stato. Non per niente, ieri in conferenza stampa, più che l’espressione “sono un nonno al servizio delle istituzioni”, a colpire i partiti sono state le seguenti frasi pronunciate da Mario Draghi: “È essenziale che la legislatura vada avanti fino al suo termine naturale per continuare l’azione di contrasto alla pandemia, di rilancio della crescita, l’attuazione del Pnrr”.

Poi, “abbiamo creato le condizioni perché l’operato del governo continui indipendentemente da chi ci sarà”. E, soprattutto: “Chiedo alle forze politiche se è immaginabile una maggioranza che si spacca sull’elezione del presidente della Repubblica e poi si ricomponga magicamente quando è il momento di sostenere il governo”. “Non immagino il mio futuro all’interno o all’esterno delle istituzioni”.

Insomma, Mario Draghi non resterà a Palazzo Chigi a qualsiasi costo, con buona pace di chi continua a tirarlo per la giacchetta e vorrebbe decidere del suo personale destino addirittura ben oltre il 2023. La palla ora è nelle mani (o tra i piedi) dei partiti.

Ma ci vorrà ancora del tempo prima che la trattativa entri nel vivo. Dalla Lega, la di là delle dichiarazioni di “pancia” di Salvini già si sta lavorando ad un accordo “complessivo” che possa tenere unito Quirinale e Palazzo Chigi. Partendo ovviamente dall’esecutivo che dovrà sostituire quello attuale e provando ad arrivare anche ad una nuova legge elettorale: “I Cinque Stelle sono spaccati, Conte non ha la leadership e con controlla il partito, quindi per trovare la quadra sarà necessario un accordo tra Pd, Fi e Lega. E bisognerà trovare un nome autorevole per il governo”.

In fila ci sono già quattro nomi: Franco, Giorgetti, Cartabia e Brunetta. Quanto a Berlusconi, anche per lui si sta già pensando ad un piano B: “Ora sta alzando il tiro per avere i voti alle prime votazioni e con questi rivendicare una “riabilitazione” che lo porti al seggio da senatore a vita”. Insomma nelle settimane che mancano da qui a fine gennaio la strada da percorrere per le forze politiche sarà quella di un accordo ampio e complessivo che possa tenere insieme Quirinale e Palazzo Chigi.

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