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Se non verrà eletto presidente, Berlusconi ricoprirà comunque il ruolo di king maker per il Quirinale

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Ormai sono tutti concordi, amici e nemici del Cavaliere, compresi gli alleati di centrodestra (che stanno ancora aspettando nomi e cognomi di quelli che dovrebbero votarlo per superare quota 505…): Silvio Berlusconi se la ride e se la canta.

Questo è il commento che va per la maggiore in queste ore dopo aver appreso non senza stupore che Mario Draghi starebbe addirittura per rinunciare alla sua candidatura al Quirinale. Tanto più che stamattina chi ha avuto modo di verificare con le fonti più dirette di Palazzo Chigi (come peraltro già chiaramente anticipato da TPI sabato scorso e confermato oggi da Stampa e Repubblica) ha appreso senza mezzi termini che “Mario Draghi non farebbe mai un gesto del genere”.

D’altra parte anche autorevoli fonti vicine a Matteo Renzi fanno notare in queste ore che “Matteo non ha affatto sentito Mario Draghi come qualcuno dice”. Ma tant’è. Silvio Berlusconi le sta tentando proprio tutte, si tratta di un vero e proprio pressing forsennato, tanto che Antonio Tajani, solo pochi minuti fa, rincarava la dose quasi a lasciar presagire chissà cosa: “Siamo all’inizio di un confronto. Credo che se la candidatura di Berlusconi trovasse consenso anche nella grande parte del gruppo misto, potrebbe anche trovare consenso da parte di Renzi. Poi bisognerà parlarne con lui, è ancora presto per concludere trattative. Non credo ci siano pregiudizi negativi da parte di Renzi nei confronti di Berlusconi”.

Ad ogni buon conto le date cerchiate in rosso sono quelle tra giovedì 27 gennaio e venerdì 28 gennaio, ovvero tra la quarta e la quinta votazione. Entro quelle 48 ore potremmo avere il nuovo presidente della Repubblica o comunque il punto di svolta che porterebbe al nuovo presidente.

I più ottimisti dei grandi elettori del centrosinistra aggiungerebbero una postilla: “Una volta affondata la candidatura di Silvio Berlusconi durante la quarta votazione”.

Il leader di Forza Italia ha già ottenuto un importante risultato: la lotta per il Colle comincerà da lui, e se non dovesse farcela a raggiungere i 505 voti che servono per accedere al Quirinale, potrebbe essere comunque lui a sbloccare nei giorni successivi la partita.

Una possibilità che viene ormai accolta seppure con rassegnazione anche al Nazareno, dove nessuno crede più di poter svolgere un ruolo dirimente ma i più si preparano a giocare di rimessa. Sta di fatto che i giochi per la più alta Magistratura dello Stato si presentano tuttora aggrovigliati.

Per questo si parla di “saltare” le prime tre votazioni, quelle con il quorum rafforzato, per immaginare un atterraggio più facile a partire dalla quarta, quando cioè l’elezione scatta sulla base della maggioranza semplice. Così continua a prendere forma, giorno dopo giorno, soprattutto tra i maggiorenti del Pd, l’idea che la rielezione di Mattarella meriti l’uscita dal limbo di titubanze e ammiccamenti, per farla rifulgere come stella polare nella traversata del deserto dei grandi elettori. Ma il “capo”, come lo chiamano i suoi più stretti collaboratori, sarà disponibile a ripensarci?

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