Manifestanti iraniani hanno attaccato l’ambasciata dell’Arabia Saudita a Teheran
L'assalto è avvenuto dopo che l'Arabia Saudita ha eseguito 47 condanne a morte, tra cui un leader sciita, religione di stato in Iran
Manifestanti iraniani hanno saccheggiato e incendiato l’ambasciata saudita a Teheran sabato 2 gennaio 2016 in seguito all’esecuzione del leader religioso sciita Nimr al-Nimr da parte dell’Arabia Saudita. L’uomo è uno dei 47 uomini giustiziati dalla monarchia saudita per accuse legate al terrorismo.
La condanna a morte del leader sciita ha generato proteste in numerose città iraniane: a Mashad i manifestanti hanno strappato la bandiera del consolato saudita, mentre a Teheran i dimostranti radunati all’esterno dell’ambasciata saudita hanno cominciato a lanciare bombe incendiarie, per poi far irruzione e rompere mobili, fracassare le finestre e dare fuoco ad alcuni uffici. Alcune agenzie di stampa iraniane hanno riportate che la folla radunata sotto l’ambasciata intonava slogan come “morte alla famiglia Al Saud”.
Le proteste sono scaturite anche in altri paesi a maggioranza sciita come il Bahrein, e in nazioni dove la presenza sciita è particolarmente radicata, come in Iraq e in Yemen. Nel villaggio sciita di Abu-Saiba, a ovest di Manama, capitale del Bahrein, testimoni hanno raccontato che decine di manifestanti hanno affrontato le forze di sicurezza in assetto antisommossa, con in mano una foto del religioso Nimr al-Nimr. La polizia ha risposto con gas lacrimogeni per disperdere la folla.
Per il governo di Ryadh l’esecuzione di massa aveva lo scopo di scoraggiare gli attacchi frequenti da parte dei combattenti jihadisti appartenenti al sedicente Stato islamico. Per il governo iraniano è stato un affronto volto a minare il precario equilibrio settario in Medio oriente. Un atto che secondo Teheran avrà importanti conseguenze, come annunciato dal portavoce del ministero degli Esteri iraniano, in una nota diffusa dopo l’annuncio dell’esecuzione compiuta.
Nella giornata di sabato 2 gennaio non si è fatta attendere la reazione della Guida Suprema iraniana, l’Ayatollah Alì Khamenei, che ha affidato le sue parole di disappunto ad alcuni post su Twitter. In un tweet Khamenei ha scritto che “sicuramente il martire Sheikh Nimr sarà graziato da Dio e non ci sono dubbi sul fatto che la vendetta divina colpirà gli oppressori che lo hanno ucciso e questo è ciò che conta”.
Secondo un rapporto diffuso da Amnesty International nell’agosto del 2015, in Arabia Saudita tra il giugno 2014 e il giugno 2015 sono state giustiziate 175 persone. Una media di un’esecuzione ogni due giorni.