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Osannata nel mondo ma condannata dal comune di Bologna: la storia della street artist Alice Pasquini

Immagine di copertina

Alice Pasquini è stata condannata nel 2016 dal tribunale di Bologna per aver realizzato due murales, mentre sul New York Times venivano recensite le sue opere

Nel febbraio del 2016 è stata condannata dal tribunale penale di Bologna per aver realizzato due murales nel centro di Bologna. Per questo motivo è stata definita “imbrattatrice di muri” nello stesso anno in cui le sue opere venivano recensite dal New York Times e le veniva commissionato il muro dei Musei Capitolini di Roma.

S&D

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Questa è la storia di Alice Pasquini, street artist di fama mondiale, che non ama le etichette e preferisce pensare all’arte con valore assoluto.

“Ho dipinto in tutti i continenti, meno l’Antartide”, racconta a TPI Alice, che ha realizzato oltre 2mila opere che si possono trovare dal più piccolo paese del sud Italia, fino alle più grandi capitali europee e del mondo.

Alice è pittrice, illustratrice e scenografa. Ha studiato al liceo artistico e proseguito con l’Accademia delle Belle Arti, ma è entrata ben presto in conflitto con il mondo accademico che le imponeva una visione dell’arte “più morta che viva” e che in qualche modo la allontanava dall’arte stessa e limitava la sua creatività.

“Quando ho cominciato non si chiamava street art, fare i muri per strada si diceva fosse da sfigati”, spiega Alice. “Fin da piccola sapevo che volevo fare la pittrice, che avrei voluto vivere a contatto con il mondo dell’arte. Ma se mi avessero detto che sarei finita sulla Treccani, o che qualcuno mi avrebbe pagato per dipingere un muro alto sette piani in Australia, non ci avrei creduto. A pensarci adesso è stata una rivoluzione”.

Nel 2016 ad Alice viene commissionato un muro a Melbourne per il museo dedicato alla diaspora migratoria vissuta degli italiani verso l’Australia. Il murales rappresenta una giovane migrante e una barca che la condurrà verso la sua nuova casa, l’Australia, appunto.

(L’articolo continua sotto l’immagine).

Nonostante i numerosi riconoscimenti e la fama raggiunta con le opere rappresentate sulle facciate dei palazzi e sui muri di Brooklyn, Copenaghen, Parigi, Oslo, Mosca Singapore, Berlino, Madrid, il suo rapporto con l’arte resta legato all’esperienza vissuta in strada, a quello che le persone riescono a trasmettere.

“A me la tela bianca non interessa e nemmeno un muro bianco, mi interessa un muro con una storia, con qualcosa con cui interagire”, spiega l’artista. “Ho dipinto più di 2mila muri e quello che mi è rimasto è stata l’interazione con i passanti: se mi dovessi affezionare alle opere sarebbe complicato, dopo cinque giorni non sai cosa può succedere. Ma quando dipingi, che sia su un elevatore sospeso in aria o a livello terra, è il rapporto con l’esterno che conta”.

“Forse gli aneddoti più belli che ho sono legati alle storie delle persone che ho incontrato: tutto quello che c’è dietro quel disegno, come evolve, come continua a cambiare rispetto al rapporto con la città, rendono unico il lavoro in strada”, continua l’artista. “Le opere di street art non sono in vendita, sono per tutti. Chiunque può andare a fare una foto e attaccarsela in camera: questo è il cambiamento dell’arte, si può mercificare ma fino a un certo punto”.

Le storie delle persone che Alice ha raccolto nel corso degli anni sono tante, come quella dei genitori che da tre anni a questa parte le inviano una foto della loro figlia davanti alle sue opere. “Persone che nemmeno conosco mi dicono che hanno visto i miei muri in tre stati diversi, altre si prendono cura delle mie creazioni per preservarli nel tempo”, racconta Alice. “A Barcellona, dove le mie opere non esistevano più, alcune persone sono andate ad attaccare le foto dei miei lavori”. 

(L’articolo continua sotto l’immagine).

In merito alla sua controversia con il comune di Bologna, l’artista non vuole sbilanciarsi.

“Il processo è ancora in corso, però ripenso al fatto che lo stesso anno in cui venivo intervistata dal New York Times ed ero menzionata dalla Treccani, venivo anche accusata di imbrattamento”, spiega Alice. “Chi definisce chi imbratta e chi imbruttisce? Chi definisce cosa è legale e cosa non lo è? Gli ex voto con le madonne attaccati ai muri di Roma sono legali, ma sono illegali i madonnari. E per le scritte ‘Forza Roma’ come decidiamo?”.

“Chi può dire chi è un artista e chi no? Cosa è arte e cosa non lo è?”, conclude l’artista. “Anche i muri dipinti e commissionati che hanno fatto alzare le valutazioni delle case in alcuni quartieri delle città sono una sorta di imposizione alle persone, ma quella è anche una forma di recupero dei centri abitati. Forse siamo solo di fronte ad un’evoluzione dell’arte contemporanea”. 

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