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    Guerra in Siria, Diario dal Rojava: i curdi sono sconvolti per l’accordo con Assad, Erdogan continua a bombardare

    Bambino vicino a veicoli militari turchi nel nord della Siria. Credit: EPA/SEDAT SUNA

    Il racconto del conflitto dall'inviata sul campo di TPI, Benedetta Argentieri

    Di Benedetta Argentieri
    Pubblicato il 15 Ott. 2019 alle 20:18 Aggiornato il 18 Nov. 2019 alle 19:00

    Siria-Turchia: diario dalla guerra ai curdi, cosa è successo oggi – 15 ottobre

    Di Benedetta Argentieri, inviata per TPI nel Rojava

    QAMISHLI- Le scavatrici lavorano senza sosta per costruire una diga improvvisata. “Non si mai, i turchi potrebbero aprire la diga e inondare il confine”. Per attraversare il confine tra il Kurdistan iracheno e il Rojava – Kurdistan siriano – si deve attraversare un ponte mobile che nei mesi scorsi è stato a più riprese inondate dalle acque del Tigri. La prudenza è d’obbligo, soprattutto in tempi di guerra. Siamo in pochissimi ad attraversare da entrambe le parti.

    Sono passati sette giorni da quando è cominciata l’offensiva della Turchia nel nord-est della Siria. Nell’operazione “Sorgente di pace”, voluta fermamente dal presidente turco Erdogan per spazzare via i curdi dal confine, almeno 250mila persone hanno dovuto abbandonare le loro case, soprattutto dai villaggi sul confine presi di mira dall’artiglieria turca che continua a colpire obiettivi civili. Così come ospedali e personale medico.  Si parla di quasi 500 morti e migliaia di feriti. In questa settimana ci sono state esecuzioni sommarie e autobombe. Il caos.

    La guerra infuria nella parte occidentale. Manbij, snodo centrale in Siria, è dopo sette anni sotto controllo del regime siriano. Così come alcuni villaggi nei pressi di Tel Tamer, che è sotto attacco da Ankara. Nonostante le voci, a Kobane le truppe di Assad non sono ancora arrivate. E anzi l’amministrazione autonoma del Rojava, che da sette anni controlla la zona, invita alla calma. “È un accordo militare”, continua a ripetere.

    Le Forze Democratiche Siriane e il regime controlleranno insieme alcuni punti strategici. Per il momento questo accordo sembra andare a rilento, mentre le forze turche continuano l’assalto.

    Tal Abyad è caduta dopo una settimana di combattimenti feroci. Alcune fonti parlano di infiltrazioni all’interno delle FDS. Mentre Serekanye continua a resistere contro ogni aspettativa, tanto che sta diventando il nuovo simbolo di questa guerra tra Davide contro Golia. Infatti i curdi sono stati abbandonati dalla prima forza militare al mondo, gli Stati Uniti, per confrontarsi contro la seconda potenza della Nato. Uno scontro impari, tanto da mettere i curdi in un angolo e accettare un accordo con Bashar Al-Assad e la Russia. Una scelta obbligata per evitare un bagno di sangue ma che ha sconvolto tantissimi.

    La guerra civile è cominciata nel 2011 proprio per combattere il regime violento e autoritario che ha imprigionato, ucciso, e torturato migliaia di persone. In questi otto anni di guerra il regime ha fatto molti più morti di Isis.

    In tanti temono per questo ritorno, soprattutto oppositori politici o giovani uomini che hanno saltato il servizio militare. La paura più grande, però, è proprio quella di tornare indietro dopo sette anni di auto governo (cominciato nel 2012) fondato sulla democrazia e l’uguaglianza per costruire una società nuova, dove le minoranze non sono perseguite e anzi hanno un posto nella società. E soprattutto dove le donne hanno un ruolo fondamentale.

    Dal confine iracheno fino alla città principale del cantone di Jazeera, Qamishlo, la vita sembra scorrere normale. I bambini, al tramonto, giocano per strada. I negozi sono aperti, e la bandiere delle Unità di Protezione delle Donne e del Popolo (YPG e YPJ) continuano a sventolare sui check point. Mentre il sole piano piano si ritira colora i campi arati di una luce rossastra lasciando in ombra la Turchia che è proprio lì a pochi metri. Sembra quasi un monito. La notte sta calando, e fino ad oggi la maggior parte dei bombardamenti è avvenuta all’imbrunire.

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