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Home » Esteri

Perché Israele ha bombardato la capitale della Siria Damasco?

Immagine di copertina
Macerie di un complesso militare a Damasco bombardato il 16 luglio 2025 da Israele. Credit: Mohammad Haffar/Deja Vu/SIPA / AGF

Ufficialmente Tel Aviv appoggia la minoranza drusa dalla minaccia dei gruppi estremisti alleati dell'autoproclamato presidente al-Sharaa. Ma gli interessi dello Stato ebraico vanno oltre il quadro etnico e religioso del Paese arabo

Le forze armate di Israele (Idf) hanno lanciato il 16 luglio
diversi raid sulla capitale della Siria, Damasco,
colpendo più volte un complesso
del ministero della Difesa
e alcune aree vicine
al palazzo presidenziale,
provocando almeno 3 morti e 34 feriti. L’esercito di Tel Aviv
ha fatto sapere sui social di aver bombardato
”un obiettivo militare (…)
nella zona del palazzo
presidenziale del regime”. Ma nella stessa giornata i droni israeliani
hanno centrato anche la città
a maggioranza drusa
di Suwayda, nel sud della Siria,
vicina al confine con la Giordania. Ma perché?

I raid sulla capitale
sono solo l’ultimo capitolo
del conflitto tra Tel Aviv e Damasco:
dalla caduta del regime
di Bashar al-Assad,
fuggito in Russia
l’8 dicembre 2024,
Israele, che dal 1967
controlla le alture del Golan
(annesse unilateralmente nel 1981),
ne ha approfittato
per occupare “temporaneamente”
anche la zona cuscinetto
demilitarizzata con la Siria,
da cui non si è più ritirato. Da allora ha condotto
oltre 900 attacchi
aerei e di artiglieria
e più di 400 incursioni via terra
contro il nuovo governo
di transizione siriano. L’obiettivo? Tenere lontane le truppe regolari del Paese arabo dalle zone occupate.

Gli attacchi dell’Idf contro la capitale Damasco
miravano infatti proprio a obbligare
i militari siriani a ritirarsi da Suwayda. Ufficialmente Tel Aviv sostiene
di appoggiare la minoranza drusa
dalla minaccia delle forze
estremiste sunnite parte
della coalizione dell’autoproclamato
presidente Ahmed al-Sharaa, un ex miliziano jihadista un passato da combattente di gruppi affiliati ad al-Qaeda, che dopo aver incassato la revoca delle sanzioni da parte dell’Unione europea e degli Stati Uniti, a maggio aveva persino incontrato il presidente Usa Donald Trump a Riad, in Arabia Saudita.

Dopo la cacciata di Bashar al-Assad,
il nuovo governo ha promesso
di proteggere tutte le minoranze, ma a marzo centinaia di alawiti,
la confessione religiosa
dell’ex dittatore,
sono stati uccisi nella città costiera di Latakia, nel nord-ovest del Paese,
mentre altri scontri scoppiati
ad aprile tra le truppe di Damasco
e le milizie druse hanno provocato
oltre un centinaio di morti
nel sud della Siria.

Israele, ha fatto sapere
il premier Benjamin Netanyahu, è impegnato
“a prevenire danni
ai drusi in Siria, a causa della profonda
e fraterna alleanza con i nostri
cittadini drusi in Israele
e dei loro legami familiari
e storici con i drusi in Siria”. Lo Stato ebraico conta infatti
almeno 130mila drusi,
arruolati anche nell’esercito,
dove alcuni occupano
posizioni di rilievo.

Damasco, invece, vorrebbe integrare
tutti i gruppi armati siriani
nelle forze regolari:
così, dopo gli scontri
scoppiati tra il 12 e il 13 luglio
a Suwayda fra alcuni clan
beduini e le milizie druse
(provocando quasi 30 morti),
le truppe governative sono intervenute
“per far rispettare l’ordine in città”,
violando però gli accordi
con le autorità locali
in materia di autonomia di sicurezza.

Le violenze, andate avanti
fino al 15 luglio, hanno provocato
oltre un centinaio di morti,
finché i maggiori leader
delle comunità cristiane e druse
e il consiglio di governo civile
di Suwayda non hanno raggiunto
un accordo per un cessate il fuoco. La tregua però è stata più volte respinta dal religioso druso
Hikmat al-Hijri (in contatto con lo sceicco
Mowafaq Tarif, il leader
spirituale druso in Israele)
che ha chiesto
di continuare a combattere
fino alla “completa liberazione”
di Suwayda dalle forze regolari siriane.

Gli scontri successivi, secondo l’Osservatorio siriano
per i diritti umani,
hanno provocato almeno 250 vittime. Così Tel Aviv si è assicurata
che le forze regolari di Damasco
non si avvicinassero
alle aree occupate
dallo Stato ebraico. Dopo i raid sulla capitale infatti
il governo siriano ha ritirato le truppe e affidato la sicurezza del territorio alle milizie druse.

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