Perché Israele ha bombardato la capitale della Siria Damasco?
Ufficialmente Tel Aviv appoggia la minoranza drusa dalla minaccia dei gruppi estremisti alleati dell'autoproclamato presidente al-Sharaa. Ma gli interessi dello Stato ebraico vanno oltre il quadro etnico e religioso del Paese arabo
Le forze armate di Israele (Idf) hanno lanciato il 16 luglio diversi raid sulla capitale della Siria, Damasco, colpendo più volte un complesso del ministero della Difesa e alcune aree vicine al palazzo presidenziale, provocando almeno 3 morti e 34 feriti. L’esercito di Tel Aviv ha fatto sapere sui social di aver bombardato ”un obiettivo militare (…) nella zona del palazzo presidenziale del regime”. Ma nella stessa giornata i droni israeliani hanno centrato anche la città a maggioranza drusa di Suwayda, nel sud della Siria, vicina al confine con la Giordania. Ma perché?
I raid sulla capitale sono solo l’ultimo capitolo del conflitto tra Tel Aviv e Damasco: dalla caduta del regime di Bashar al-Assad, fuggito in Russia l’8 dicembre 2024, Israele, che dal 1967 controlla le alture del Golan (annesse unilateralmente nel 1981), ne ha approfittato per occupare “temporaneamente” anche la zona cuscinetto demilitarizzata con la Siria, da cui non si è più ritirato. Da allora ha condotto oltre 900 attacchi aerei e di artiglieria e più di 400 incursioni via terra contro il nuovo governo di transizione siriano. L’obiettivo? Tenere lontane le truppe regolari del Paese arabo dalle zone occupate.
Gli attacchi dell’Idf contro la capitale Damasco miravano infatti proprio a obbligare i militari siriani a ritirarsi da Suwayda. Ufficialmente Tel Aviv sostiene di appoggiare la minoranza drusa dalla minaccia delle forze estremiste sunnite parte della coalizione dell’autoproclamato presidente Ahmed al-Sharaa, un ex miliziano jihadista un passato da combattente di gruppi affiliati ad al-Qaeda, che dopo aver incassato la revoca delle sanzioni da parte dell’Unione europea e degli Stati Uniti, a maggio aveva persino incontrato il presidente Usa Donald Trump a Riad, in Arabia Saudita.
Dopo la cacciata di Bashar al-Assad, il nuovo governo ha promesso di proteggere tutte le minoranze, ma a marzo centinaia di alawiti, la confessione religiosa dell’ex dittatore, sono stati uccisi nella città costiera di Latakia, nel nord-ovest del Paese, mentre altri scontri scoppiati ad aprile tra le truppe di Damasco e le milizie druse hanno provocato oltre un centinaio di morti nel sud della Siria.
Israele, ha fatto sapere il premier Benjamin Netanyahu, è impegnato “a prevenire danni ai drusi in Siria, a causa della profonda e fraterna alleanza con i nostri cittadini drusi in Israele e dei loro legami familiari e storici con i drusi in Siria”. Lo Stato ebraico conta infatti almeno 130mila drusi, arruolati anche nell’esercito, dove alcuni occupano posizioni di rilievo.
Damasco, invece, vorrebbe integrare tutti i gruppi armati siriani nelle forze regolari: così, dopo gli scontri scoppiati tra il 12 e il 13 luglio a Suwayda fra alcuni clan beduini e le milizie druse (provocando quasi 30 morti), le truppe governative sono intervenute “per far rispettare l’ordine in città”, violando però gli accordi con le autorità locali in materia di autonomia di sicurezza.
Le violenze, andate avanti fino al 15 luglio, hanno provocato oltre un centinaio di morti, finché i maggiori leader delle comunità cristiane e druse e il consiglio di governo civile di Suwayda non hanno raggiunto un accordo per un cessate il fuoco. La tregua però è stata più volte respinta dal religioso druso Hikmat al-Hijri (in contatto con lo sceicco Mowafaq Tarif, il leader spirituale druso in Israele) che ha chiesto di continuare a combattere fino alla “completa liberazione” di Suwayda dalle forze regolari siriane.
Gli scontri successivi, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, hanno provocato almeno 250 vittime. Così Tel Aviv si è assicurata che le forze regolari di Damasco non si avvicinassero alle aree occupate dallo Stato ebraico. Dopo i raid sulla capitale infatti il governo siriano ha ritirato le truppe e affidato la sicurezza del territorio alle milizie druse.