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Ex premier, società e big data: a Bruxelles va in scena la guerra delle lobby tra Qatar ed Emirati

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Ex premier, società e big data: a Bruxelles va in scena la guerra delle lobby tra Qatar ed Emirati

Il Qatar non è l’unico paese del Golfo a voler influire sulle decisioni prese in Europa. Oltre all’emirato finito al centro dell’inchiesta della procura belga sulle mazzette ricevute da europarlamentari, assistenti e ong, anche gli Emirati Arabi Uniti sarebbero coinvolti in una “guerra di lobby” a Bruxelles, come la definisce Il Fatto Quotidiano.

S&D

Diverse sono le organizzazioni che fanno riferimento ad Abu Dhabi, protagonista di un’accesa rivaiità con Doha, che si è spesso estesa oltre i confini del Golfo persico. Una delle associazioni individuate dall’osservatorio di Ong Corporate Europe è il Bussola Institute, fondato da esponenti dell’establishment emiratino. In passato l’organizzazione è stata guidata dall’ex premier spagnolo José María Aznar, mentre nel suo consiglio d’amministrazione figurava l’ex segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen ed ex capi di governo di Francia, Irlanda e Croazia, oltre a un’ex commissaria europea. Un’altra società organizzazione citata dal Fatto è il gruppo Scl, a cui apparteneva Cambridge Analytica, al centro dello scandalo per l’uso improprio di dati sulle piattaforme social durante la campagna elettorale che ha portato alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump. Secondo Corporate Europe, la lobby statunitense Project Associates, che rappresenta gli Emirati, ha subappaltato alcune attività a Scl. Nigel Oakes, ex amministratore delegato di Scl Group, a luglio 2017 ha trasferito la residenza negli Emirati. Tra le altre società che rappresentano gli interessi degli Emirati in Europa figura anche la Westphalia Global Advisory (Wga), fondata nel 2018 da Timo Behr e Tim Eestermans. Entrambi hanno lavorato direttamente negli Emirati e sono considerati vicini all’ambasciatore emiratino a Bruxelles, Mohammed Issa Hamad Abushahab. Secondo Intelligence Online, Eestermans avrebbe anche fatto attività di lobbying nella UE per conto dell’Arabia Saudita contro la legge statunitense sui promotori del terrorismo, che consentirebbe ai familiari delle vittime dell’11 settembre di fare causa a Riad.

La contesa tra Abu Dhabi e Doha, rispettivamente l’ottavo produttore di petrolio e gas al mondo e il primo produttore di gas naturale liquefatto, è arrivata anche a farsi sentire nel parlamento europeo. Un rapporto presentato lo scorso maggio alla sottocommissione per i Diritti umani, presieduta in passato da Antonio Panzeri e ora da Maria Arena, parlava proprio delle attività degli Emirati per influenzare l’UE. “L’immagine positiva che gli Emirati si sforzano di diffondere cozza con la dura realtà autoritaria e repressiva affrontata da giornalisti, dissidenti e difensori dei diritti umani nel paese”, sosteneva il direttore dell’ong che l’aveva realizzata, Nicola Giovannini, a sua volta coordinatore media e pr di “No Peace Without Justice”, una delle organizzazioni finite al centro dello scandalo che sta scuotendo la politica europea.

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