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    Attacco missilistico dell’Iran contro le basi Usa: cosa sappiamo finora

    Decine di missili sono stati lanciati sulle basi americane in Iraq di al-Asad ed Erbil. Diatriba Teheran-Washington sul numero delle vittime, ma i soldati italiani stanno tutti bene. Trump: "Non è successo niente di grave"; il ministro degli Esteri dell'Iran Zarif: "La nostra è autodifesa dopo uccisione di Soleimani"

    Di Carmelo Leo
    Pubblicato il 8 Gen. 2020 alle 09:52 Aggiornato il 8 Gen. 2020 alle 09:52

    Missili Iran contro base Usa in Iraq, cosa sappiamo finora

    Nella notte tra martedì 7 e giovedì 8 gennaio 2020 si è consumata una nuova ritorsione dell’Iran contro gli Usa dopo l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani (qui il suo profilo) in Iraq: decine di missili sono stati lanciati contro due basi americane, ad al-Asad ed Erbil.

    L’orario di lancio degli ordini non è stato casuale: quella che a Teheran hanno ribattezzato l’operazione “Soleimani martire” è partita infatti all’1:20 locale, la stessa ora in cui è iniziato il raid Usa nella notte del 2 gennaio, nel quale ha trovato la morte il generale iraniano.

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    Non è chiaro il numero esatto di missili lanciati dall’Iran: a Teheran si parla di 22 ordigni, mentre secondo gli Usa erano 15. La maggior parte di essi sono comunque andati a segno. E mentre il leader supremo iraniano Ali Khamenei parla di “schiaffo all’America, che però non è ancora abbastanza”, il presidente Usa Donald Trump ha twittato che in Iraq “va tutto bene“, smentendo di fatto le notizie che annunciano decine e decine di vittime.

    Forti anche le parole del ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif: “L’Iran – ha detto – non vuole una escalation ma ci difenderemo contro ogni aggressione. Abbiamo intrapreso e concluso proporzionate misure di autodifesa”, prendendo di mira la base dalla quale è stato lanciato un attacco “codardo contro nostri cittadini e funzionari di livello”.

    La “diatriba” sul numero delle vittime

    Da questa mattina, infatti, tra Usa e Iran va avanti anche un braccio di ferro dialettico sulle conseguenze del lancio di missili di questa notte.

    I media iraniani parlano di almeno 80 morti, più 200 feriti. Un bilancio quindi gravissimo, che rappresenterebbe un duro colpo ai contingenti americani in Iraq. Nell’annunciare il numero dei morti, la tv di Stato iraniana cita fonti della Guardia Rivoluzionaria.

    Non sono però dello stesso avviso gli Stati Uniti, che attraverso il Pentagono non hanno confermato il bilancio delle vittime e anzi hanno parlato di morti tra i civili che operavano nella zona.

    Il ministro degli Esteri iraniano: “La nostra è autodifesa, rispettato il diritto internazionale”

    In mattinata, poi, è tornato a parlare il ministro degli Esteri dell’Iran Mohammad Javad Zarif, che ha confermato che i missili sono stati lanciati contro le basi Usa per “legittima difesa” contro un “attacco terroristico” compiuto con l’uccisione del generale Soleimani.

    “Non ho dati precisi sul numero delle vittime – ha continuato Zarif -, quelli li fornirà l’esercito. Ciò che è certo è che la Repubblica islamica ha preso di mira una base degli Stati Uniti da cui avevano colpito il comandante Soleimani e che avevano usato in passato per attacchi contro le forze della Resistenza. Perciò è stato un obiettivo legittimo secondo il diritto internazionale”.

    Le basi militari Usa in Iraq colpite dai missili dell’Iran

    Sono due le basi militari americane in Iraq colpite dall’attacco missilistico di stanotte lanciato dall’Iran: quella di al-Asad e quella di Erbil.

    È soprattutto la seconda a destare preoccupazione in Italia: a Erbil, infatti, operano ben 400 degli oltre 900 soldati italiani di stanza in Iraq. Qui viene condotto l’addestramento delle milizie locali dalla parte di quella che viene definita Task force Land: militari dell’esercito che addestrano i peshmerga, le forze di sicurezza curde.

    Per fortuna, però, i soldati italiani stanno tutti bene. Secondo quanto dichiarato dalla Farnesina, infatti, i militari hanno trovato rifugio in un bunker: non si registrano né feriti, né tanto meno morti.

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