Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    Libano nel caos: il governo si dimette. Onu: “Ascoltare richieste dei manifestanti”

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 10 Ago. 2020 alle 16:19 Aggiornato il 10 Ago. 2020 alle 19:44

    Libano nel caos: il governo si dimette

    Il governo del premier libanese, Hassan Diab, “ha rassegnato le sue dimissioni” dopo le proteste esplose a Beirut nel fine settimana in seguito alla duplice esplosione di martedì 4 agosto. Lo ha annunciato il ministro della Salute, Hamad Hasan, mentre lasciava la riunione dell’esecutivo al Gran Serraglio, a Beirut. Le dimissioni sono state poi ufficializzate dal premier in diretta tv, dove Diab, parlando alla nazione, ha dichiarato di voler “combattere con il popolo” contro la corruzione che ha causato la tragedia del porto di Beirut. Durante la riunione di gabinetto aveva già presentato le sue dimissioni la vice premier e ministro della Difesa, Zeina Acar. Nel corso della giornata si erano dimessi già quattro ministri. Diab, secondo i media locali, annuncerà le dimissioni in tv.

    Intanto, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha sollecitato al Libano riforme e ha domandato di ascoltare le richieste dei cittadini che sono scesi in piazza. “In questo momento di prolungata tristezza e frustrazione, la rabbia dei libanesi è palpabile. Le loro voci devono essere ascoltate ”, ha detto Guterres in un incontro organizzato dalle Nazioni Unite per informare i suoi membri sulla situazione in Libano. Guterres ha dichiarato di reputare “importante” che ci sia “un’indagine credibile e trasparente” per determinare le cause dell’esplosione “e arrivare ad individuare le responsabilità, come chiesto dal popolo libanese”. “È anche importante che le riforme siano attuate per rispondere ai bisogni dei libanesi a lungo termine”, ha detto il diplomatico portoghese durante l’incontro in video conferenza.

    Libano nel caos: le proteste

    In seguito alla devastante deflagrazione avvenuta nel porto della capitale il 4 agosto scorso, che ha provocato circa 200 morti e oltre 4mila feriti, è esplosa la rabbia della popolazione, scesa in piazza per protestare contro il governo e la corruzione dilagante nel Paese. Dopo aver assaltato la sede del ministero degli Esteri nella giornata di sabato 8 agosto, nella mattinata di lunedì 10 agosto, i manifestanti hanno tentato di assaltare il Parlamento. Le forze dell’ordine sono intervenute sigillando l’area, sparando proiettili di gomma e gas lacrimogeni per disperdere la folla. Le proteste, che vanno avanti da giorni ormai, stanno facendo crollare pezzo dopo pezzo il governo guidato da Hassan Diab.

    Le dimissioni del ministro della Giustizia e delle Finanze

    Dopo le dimissioni della ministra dell’Informazione Manal Abdal Samad e del ministro dell’Ambiente Damianos Kattar, presentate nella giornata di domenica 9 agosto, avevano già lasciato il loro incarico la ministra della Giustizia, Marie-Claude Najm, e il ministro delle Finanze, Ghazi Wazni. Lo scorso 8 agosto, il premier in un discorso tv aveva annunciato le elezioni anticipate, affermando: “Resterò al governo per due mesi in attesa dell’accordo politico”.

    Libano nel caos: continuano le indagini per scoprire le cause dell’esplosione

    Intanto non si placano i sospetti e i veleni sull’origine dell’esplosione avvenuta al porto di Beirut. Le autorità hanno confermato che la deflagrazione è stata causata dalle 2750 tonnellate di nitrato di ammonio che si trovavano in un deposito del porto, probabilmente perché sequestrate ad alcuni contrabbandieri. Tuttavia, nel Paese crescono i sospetti e le ostilità nei confronti di Hezbollah, considerato responsabile del disastro per non aver quantomeno saputo gestire quell’enorme deposito esplosivo. Anche se il “Partito di Dio” ha sempre negato qualsiasi responsabilità nell’esplosione, negando anche che quello fosse un suo deposito di armi o esplosivi. Ad alimentare i dubbi e i sospetti sono state anche le dichiarazioni del presidente del Libano Michel Aoun, che lo scorso 7 agosto ha affermato: “La causa delle esplosioni ancora non è stata determinata dato che esiste la possibilità che si sia prodotta un’interferenza esterna attraverso un missile, una bomba, o una qualsiasi altra azione”.

    Comunità internazionale: stanziati 250 milioni di aiuti, polemica sul ruolo della Francia

    Intanto, la comunità internazionale, per bocca del presidente francese Emmanuel Macron, ha proposto il sostegno per la realizzazione di un’inchiesta imparziale, credibile e indipendente sulle cause dell’esplosione al porto di Beirut. Un’ipotesi bocciata da Hezbollah, secondo cui l’indagine deve essere guidata dall’esercito libanese, ma anche dal presidente Aoun che l’ha definita “una perdita di tempo”. Sempre durante la videoconferenza tra i leader mondiali è stato deciso lo stanziamento di 250 milioni di euro per la ricostruzione di Beirut. “Il mondo deve agire in fretta e con efficacia per coordinare i nostri aiuti in modo che arrivino al popolo libanese” ha dichiarato Macron, il quale ha aggiunto che in Libano “Il caos non deve vincere”. “Nonostante le differenze di vedute, tutti devono venire in aiuto del Libano e della sua gente” ha poi aggiunto l’inquilino dell’Eliseo forse rispondendo alle polemiche che lo hanno investito nei giorni scorsi, secondo cui il presidente francese avrebbe approfittato della tragedia per cambiare gli equilibri geopolitici soprattutto nel Mar Mediterraneo orientale.

    Leggi anche: 1. “L’esplosione di Beirut è una tragedia annunciata, quel porto è il simbolo della corruzione in Libano” / 2. Libano, esplosione al porto di Beirut: incidente o attentato? Tutte le ipotesi / 3. “A Beirut, come a Damasco, è morta la speranza”: parla lo scrittore siriano Shady Hamadi

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version