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Home » Esteri

L’Isis aveva mentito sulla morte dell’attivista americana Kayla Mueller

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Secondo le testimonianze di alcune schiave sessuali yazidi sfuggite allo Stato Islamico, Kayla Mueller non sarebbe morta in un raid aereo giordano

“La torturavano e le strappavano le unghie per obbligarla a confessare di essere una spia”. Sono le parole di Susan, una ragazza minorenne di etnia yazidi. Lei e Dalal, un’altra ragazza appartenente alla stessa minoranza etnica, hanno condiviso una cella con Kayla Mueller, la giovane attivista per i diritti umani statunitense rapita dai miliziani dello Stato Islamico nell’agosto del 2013 ad Aleppo, nel nord della Siria.

Le due ragazze imprigionate dagli uomini dell’Isis per essere sfruttate come schiave sessuali, hanno raccontato diversi momenti di interazione tra loro e Kayla.

Kayla era stata scelta da Abu Bakr al-Baghdadi, il leader dell’organizzazione terroristica, per diventare la sua quarta moglie. Non si era opposta al matrimonio per paura di essere uccisa. Al-Baghdadi le comprava dei regali e non si riferiva a lei come “schiava sessuale” ma “moglie”. La violentava ripetutamente. Quando le ragazze invitarono Kayla a tentare la fuga insieme a loro, lei si rifiutò. “Mi taglieranno la testa,” diceva terrorizzata.

“Era come una sorella maggiore, una madre per noi. Ci proteggeva, ci rincuorava e mangiava poco per lasciare a noi il cibo,” ha dichiarato Susan.

Prima di diventare la moglie di al-Baghdadi, Kayla sarebbe stata abusata sessualmente anche da altri uomini del califfo.

Dopo una prigionia durata 18 mesi, a febbraio 2015 i membri dell’Isis hanno annunciato la morte della giovane attivista in un raid aereo condotto dalla Giordania, ma gli Stati Uniti hanno sempre sostenuto che fossero stati i membri dello Stato Islamico a uccidere Kayla.

Un’altra ragazza fuggita dai terroristi e di nome Amshe è stata la schiava sessuale di Haji Mutazz, il numero due dell’organizzazione. Amshe ha confermato ad un reporter della Bbc, l’ipotesi secondo cui Kayla sarebbe stata uccisa dall’Isis. Ad ammettere l’accaduto sarebbe stato Haji Mutazz in persona, prima della sua morte avvenuta il 18 agosto in un raid aereo statunitense.

— Leggi anche: Le schiave sessuali dello Stato Islamico

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