Guerra tra Israele e Iran: ecco cosa sappiamo finora a una settimana dall’inizio del conflitto
Perché è scoppiata, dove hanno colpito gli attacchi aerei, chi e in quanti sono rimasti uccisi e quali sono le possibilità di un intervento militare degli Stati Uniti in Medio Oriente
Centinaia di morti, migliaia di feriti e un nuovo fronte di guerra in Medio Oriente: Israele ha attaccato l’Iran il 13 giugno scorso con una serie di raid aerei che hanno preso di mira diversi siti del programma nucleare, gli impianti balistici, le difese aeree e i vertici militari della Repubblica islamica. L’ultimo bilancio ufficiale delle vittime, diramato il 15 giugno dal ministero della Salute di Teheran e mai più aggiornato, parla di 224 morti e di quasi 2.000 feriti, mentre l’ong Human Rights Activists in Iran, con sede negli Usa, ha invece registrato finora almeno 639 morti e 1.329 feriti.
Tra le vittime “eccellenti” dei raid israeliani figurano: il consigliere della Guida Suprema della Rivoluzione islamica ayatollah Khamenei, Ali Shamkhani; il capo di stato maggiore delle forze armate iraniane Mohammad Bagheri; il suo vice Gholamali Rashid; il comandante delle Guardie Rivoluzionarie Hossein Salami; il capo dell’Aeronautica dei Pasdaran Ali Hajizadeh; il direttore dell’intelligence delle Guardie della Rivoluzione Mohammad Kazemi; e almeno 14 scienziati, tra cui l’ex numero uno dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica, Fereidun Abbassi.
Oltre agli impianti nucleari e di ricerca atomica a Teheran, Isfahan, Natanz e Arak e diversi obiettivi militari a Tabriz, Shiraz e Mashhad, Israele ha colpito anche uno studio della tv di stato iraniana e vari depositi di carburante nella capitale. I raid però hanno anche centrato alcune strutture energetiche, tra cui il giacimento di gas di South Pars (il più grande dell’Iran), l’impianto di Gnl di Fajr Jam, il deposito di petrolio di Shahran e la raffineria petrolifera di Shahr Rey.
Teheran, da parte sua, ha risposto con una serie di attacchi missilistici contro lo Stato ebraico: oltre 400 razzi e centinaia di droni sono stati lanciati nell’ultima settimana dall’Iran contro Israele, uccidendo finora almeno 24 persone, per lo più civili, e ferendone più di 500. I raid hanno colpito principalmente Tel Aviv e le località vicine di Jaffa, Herzliya, Petah Tikva, Bat Yam, Rishon Lezion e Ramat Gan ma anche Haifa e le località settentrionali di Rosh Pina e Tamra.
In questo caso la Repubblica islamica ha preso di mira vari obiettivi, tra cui: la sede del Ministero della Difesa israeliano (Kirya) a Tel Aviv; il Weizmann Institute of Science a Rehovot, uno dei principali centri di ricerca del Paese; la sede del Mossad a Herzliya e il complesso petrolchimico Bazan a Haifa. Tra i bersagli centrati dai missili lanciati dalle forze iraniane figura però anche una scuola religiosa a Bnei Brak e l’ospedale di Soroka a Beersheba, il più grande dello Stato ebraico.
L’Iran, ha accusato il premier israeliano Benjamin Netanyahu subito dopo aver ordinato gli attacchi, “è più vicino che mai a ottenere una bomba atomica”. Una versione smentita il 17 giugno scorso in un’intervista esclusiva alla Cnn dal direttore dell’Agenzia Onu per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi: “Non avevamo alcuna prova di uno sforzo sistematico (da parte dell’Iran) per ottenere un’arma nucleare”.
Ma il conflitto potrebbe ora allargarsi con l’intervento degli Stati Uniti, che prima dei raid di Israele avevano in programma il 15 giugno un altro round di colloqui con Teheran per raggiungere un accordo volto a fermare il programma nucleare iraniano. Dopo aver lasciato precipitosamente il vertice del G7 in Canada, il presidente Usa Donald Trump ha chiesto una “resa incondizionata” alla Repubblica islamica, ventilando anche la possibilità di uccidere l’ayatollah Ali Khamenei, che dopo l’ultimatum della Casa bianca ha replicato: “L’Iran non si arrenderà”
Intanto Teheran ha, da una parte, annunciato la volontà di partecipare ai negoziati sul nucleare previsti domani a Ginevra con i rappresentanti di Francia, Germania, Regno Unito e Unione europea e, dall’altra, minacciato di prendere di mira le basi militari e le navi di qualsiasi Paese che aiuterà Israele a respingere i suoi raid. “Qualsiasi intervento americano sarebbe la ricetta per una guerra totale nella regione”, ha poi dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano Esmail Baghaei, rivolgendosi agli Usa. “Potrei farlo, potrei non farlo”, ha invece risposto Trump a una domanda sulla possibilità che Washington bombardi l’Iran. “Voglio dire: nessuno sa cosa farò”.