Ecco cosa prevede il piano “Great Trust” per la “Riviera” di Trump a Gaza. Ft: “Coinvolti anche consulenti del Tony Blair Institute”
Zone economiche speciali, isole artificiali e fabbriche per Big Tech. Il quotidiano britannico svela due documenti circolati tra imprenditori israeliani, membri dell’istituto fondato dall’ex premier britannico e dipendenti del Boston Consulting Group. Ma il think tank londinese si dissocia
Alcuni membri dello staff del Tony Blair Institute hanno partecipato a un progetto collegato al cosiddetto “Piano Riviera” lanciato da Donald Trump per Gaza, che prevede l’espulsione della popolazione palestinese dalla Striscia.
L’iniziativa denominata “Great Trust”, come riferisce un’inchiesta del Financial Times, si basa su modelli finanziari sviluppati da un team del Boston Consulting Group (BCG) e prevederebbe il “ricollocamento volontario” di centinaia di migliaia di abitanti del territorio costiero palestinese, il coinvolgimento di imprese israeliane, una “Elon Musk Smart Manufacturing Zone” e l’attrazione di investitori privati per sviluppare la Striscia dopo la guerra.
Il Tony Blair Institute, come rimarca anche il quotidiano economico britannico, non ha redatto né approvato la versione finale del progetto ma due membri dello staff dell’organismo di consulenza hanno partecipato a gruppi di discussione e riunioni durante lo sviluppo dell’iniziativa, insieme a una decina tra consulenti del Boston Consulting Group e imprenditori israeliani, tra cui gli investitori Liran Tancman e Michael Eisenberg.
Il piano “Great Trust”
L’iniziativa è contenuta in un documento di oltre 30 pagine dedicato al dopoguerra a Gaza e condiviso, secondo il Financial Times, da un membro dello staff del Tony Blair Institute. Condiviso con il gruppo di discussione, il piano prevede, tra l’altro, la costruzione di isole artificiali al largo della costa della Striscia, simili a quelle realizzate a Dubai negli Emirati Arabi Uniti, un porto e un aeroporto per collegare il territorio costiero palestinese al progettato corridoio economico tra India, Medio Oriente ed Europa, varie “zone economiche speciali” a bassa tassazione e una serie di spazi riservati a imprese ad alta tecnologia. La guerra, secondo il documento citato dal Ft, ha “creato un’opportunità irripetibile per ricostruire Gaza dalle fondamenta, trasformandola in una società sicura, moderna e prospera”.
A questa trentina di pagine poi si affianca una presentazione redatta dagli imprenditori israeliani coinvolti che, secondo il quotidiano britannico, differisce “significativamente” dal piano citato, che ad esempio non faceva alcun riferimento all’espulsione della popolazione palestinese dalla Striscia, un’idea sostenuta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. La presentazione, intitolata “The Great Trust: From a Demolished Iranian Proxy to a Prosperous Abrahamic Ally”, è stata condivisa, secondo il quotidiano britannico, con alcuni membri “dell’attuale e della precedente amministrazione degli Stati Uniti” e funzionari “di altri governi e controparti interessate in Medio Oriente”. L’iniziativa “Great”, abbreviazione dell’inglese “Gaza Reconstitution, Economic Acceleration and Transformation” (letteralmente: “Ricostruzione, Accelerazione Economica e Trasformazione di Gaza”), prevedeva che la proprietà di tutti i terreni demaniali della Striscia confluisse in un fondo fiduciario per lo sviluppo del territorio costiero, i cui beni potessero essere venduti agli investitori tramite token digitali negoziati su una blockchain. Ai cittadini privati sarebbe poi stata offerta la possibilità di conferire i terreni di loro proprietà al fondo in cambio di un token che dava loro diritto a un’unità abitativa. Sarebbe quindi il fondo ad amministrare il territorio fino alla “smilitarizzazione e de-radicalizzazione” di Gaza, dopo di che l’autorità sarebbe tornata a un “governo palestinese indipendente”.
Definita come “un’analisi economica delle idee presentate dal presidente Trump”, questo documento elenca una decina di “Mega Progetti”, tra cui tratti autostradali intitolati al principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (“MBS Ring”) e al presidente degli Emirati Arabi Uniti Mohamed bin Zayed al-Nahyan (“MBZ Central”), oltre a una “Elon Musk Smart Manufacturing Zone”, da costruire al confine tra Gaza e Israele e dove realizzare veicoli elettrici da esportare in Europa. Inoltre il piano prevede anche un “Gaza Trump Riviera & Islands”, descritto come un “resort di livello mondiale lungo la costa e su piccole isole artificiali simili alle Palm Islands di Dubai”. L’obiettivo, nelle intenzioni degli autori, è trasformare Gaza in un hub commerciale e “garantire all’industria statunitense l’accesso a 1.300 miliardi di dollari di minerali di terre rare nel Golfo” provenienti dall’ovest dell’Arabia Saudita. Il tutto grazie a una crescita del Pil locale fino “a circa 324 miliardi di dollari dagli attuali zero”.
Ma anche con l’aiuto di grandi imprese e marchi internazionali da attrarre nella Striscia. Tanto che gli autori hanno inserito nella presentazione i loghi delle aziende che intendevano coinvolgere nella loro iniziativa a Gaza: da Tesla e Amazon Web Services a Ikea, fino al gruppo alberghiero IHG. Non esiste però alcuna prova che tali imprese fossero a conoscenza del progetto.
Il Tony Blair Institute si dissocia
L’istituto fondato dall’ex premier britannico si è dissociato dall’iniziativa, parlando di una “ricostruzione dei fatti categoricamente errata” da parte del Financial Times. “Il Tony Blair Institute non è stato coinvolto nella preparazione della presentazione, che era appannaggio del Boston Consulting Group, e non ha dato alcun contributo al suo contenuto”, ha fatto sapere l’istituto al Financial Times, che ha ribattuto citando i dettagli delle discussioni interne al gruppo, composto anche da due membri dello staff del Tony Blair Institute, e di un documento intitolato “Gaza Economic Blueprint” condiviso tra le persone coinvolte.
“Non abbiamo mai detto che l’istituto non sapesse nulla di ciò a cui stava lavorando questo gruppo o che non partecipasse a riunioni in cui il gruppo discuteva i suoi piani”, ha fatto sapere al Ft il Tony Blair Institute, definendo il suo ruolo nell’iniziativa come “essenzialmente in modalità di ascolto”. “Sarebbe sbagliato insinuare che stessimo lavorando con questo gruppo per elaborare il loro piano per Gaza”.