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Home » Esteri

Elezioni europee, Raphael Glucksmann a TPI: “Vi spiego come difenderci dalle interferenze di Cina, Russia, Turchia e altri Paesi”

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"Non solo Mosca e Pechino ma anche Azerbaigian, Turchia e Iran provano a influenzare i processi democratici dell’Ue". Il presidente dell’ultima Commissione speciale sulle ingerenze straniere del Parlamento europeo spiega a TPI perché e cosa possiamo fare

On. Glucksmann, Lei ha presieduto la seconda Commissione speciale sulle interferenze straniere del Parlamento europeo. Di cosa si dovrebbero preoccupare gli elettori?
«Le prossime elezioni e la democrazia europea in generale sono percepite come una minaccia e quindi prese di mira da diversi regimi autoritari, la cui autorità e potere si fonda sulla repressione delle libertà politiche, civiche e dei media e sulla menzogna. Le democrazie aperte e l’aspirazione dei loro stessi cittadini a godere delle libertà e dei diritti tutelati nell’Ue costituiscono una minaccia alla loro autorità. Pertanto tentano di interferire nei nostri processi democratici».

Da dove arriva la minaccia?
«Molti Paesi stanno cercando di interferire nei processi democratici dell’Ue. La Commissione speciale che ho presieduto ha indagato e analizzato molteplici fonti di ingerenza esterna: gli autori principali sono Cina, Russia, Azerbaigian, Turchia e Iran».

Che forme assume?
«Esistono varie forme e canali di ingerenza dall’esterno: disinformazione e diffusione di fake news; partiti stranieri in corsa alle elezioni in Europa; attacchi informatici e ibridi e intimidazioni».

Ci fa qualche esempio?
«Basta ricordare le interferenze russe in Spagna per promuovere Vox oppure che il partito turco Akp parteciperà (con la sua branca in Germania, ndr) alle elezioni europee con candidati scelti dal movimento del presidente Erdogan. O al caso di Gulbahar Jalilova, sopravvissuta ai campi di concentramento per gli uiguri in Cina, che l’8 maggio è stata vittima di un’intimidazione a Parigi. Io stesso sono stato avvisato dai servizi di sicurezza francesi di una campagna di disinformazione contro di me sui social media: account legati al governo cinese diffondono la falsa notizia che io sia il cavallo di Troia della Cia in Europa».

Qual è lo scopo?
«La manipolazione dell’informazione e le ingerenze dall’esterno molto spesso cercano la polarizzazione delle società e del dibattito politico e mirano a favorire la sfiducia nelle istituzioni statali. Fondamentalmente l’obiettivo è creare il caos per indebolire il nostro modello democratico. Uno degli scopi principali è dividere l’Ue e minare l’unità dell’Unione. Nel caso della Cina, il fine è sostenere le narrazioni che tentano di allontanare Bruxelles dall’approccio conflittuale degli Stati Uniti nei confronti di Pechino. Per quanto riguarda la Russia, l’intento principale è fomentare un approccio più morbido nei confronti di Vladimir Putin o alimentare le preoccupazioni esistenti sui “costi” della guerra sulle nostre società ed economie e sulla diminuzione del sostegno della popolazione agli sforzi europei a favore dell’Ucraina».

Come possono difendersi i cittadini?
«Personalmente ho lasciato TikTok, il cui algoritmo rafforza la violenza e la polarizzazione del dibattito pubblico, viene utilizzato dai regimi autoritari per promuovere la propria propaganda ed è strumentalizzato dalla società cinese Byte Dance, strettamente legata al Partito comunista cinese, da cui prende ordini per mettere a tacere i dissidenti e raccogliere dati personali».

E a livello politico?
«Dobbiamo riconquistare la nostra sovranità e indipendenza, quando si tratta della nostra politica di difesa, compresa la sicurezza informatica e online, ma anche di tutti i settori strategici come l’accesso all’energia, alle forniture alimentari o sanitarie o ad altri beni fondamentali prodotti in Cina, compresi i minerali. Inoltre dobbiamo assolutamente sostenere l’Ucraina, che è la nostra prima linea di difesa. Ma non possiamo più dipendere dagli Stati Uniti, dove tutto potrebbe cambiare con le elezioni presidenziali del 5 novembre».

Nello specifico?
«Dobbiamo rafforzare le capacità di controspionaggio dell’Ue, potenziare la lotta alla disinformazione e ai cyber attacchi e costruire una politica europea di sicurezza informatica efficiente e potente. 

Non sembra cambiato molto però dopo lo scandalo Qatargate.
«Dobbiamo riformare anche le regole del Parlamento europeo in materia di trasparenza, integrità, responsabilità e lotta alla corruzione. Le nuove misure dovrebbero includere: una formazione obbligatoria e regolare sulla sicurezza e sull’integrità sia per i deputati che per il personale; un adeguato nulla osta di sicurezza e uno screening rafforzato dei dipendenti; maggiori controlli sugli eventi e sull’invito di ospiti esterni e sull’accesso alle piattaforme di comunicazione istituzionali; regole più severe per i viaggi pagati da Paesi ed enti esterni; e il bando dal Registro per la Trasparenza dell’Ue di qualsiasi entità con rapporti diretti o indiretti con il governo russo». 

Per quanto riguarda il rapporto tra lobby e politica?
«La Commissione e il Consiglio devono agire urgentemente per colmare le numerose lacune nella legislazione comunitaria sul finanziamento dei Partiti e vietare loro di ricevere versamenti dall’estero».

E sui media?
«Dobbiamo indagare su potenziali facilitatori di ingerenze straniere come TikTok; aumentare il nostro sostegno al giornalismo investigativo e ai media indipendenti; regolamentare le piattaforme online e attuare in maniera rigorosa le norme esistenti come la legge sui servizi digitali; regolare l’uso dell’intelligenza artificiale e adottare un regime sanzionatorio dedicato contro gli attori statali e non statali che prendono di mira il nostro spazio pubblico».

Ha citato spesso le nuove tecnologie come l’IA. Che impatto può avere sulle elezioni?
«Lo sviluppo delle capacità generative dell’intelligenza artificiale si aggiunge alle preoccupazioni esistenti sulla disinformazione. La capacità dei chatbot di diffondere informazioni e immagini convincenti ma non verificate rende sempre più difficile distinguere tra informazioni e fake news. Per il Consiglio d’Europa, la disinformazione alimentata dai modelli di intelligenza artificiale è il pericolo più grave per le scadenze elettorali del 2024. È quindi essenziale e urgente rafforzare il quadro normativo per contrastare la diffusione delle fake news. Una potenziale strada è la creazione di un’etichetta sulla falsariga della “Journalism Trust Initiative”, lanciata da Reporter senza frontiere, che potrebbe essere utilizzata dagli operatori digitali per rendere più facile per gli utenti identificare i contenuti credibili. Le piattaforme sarebbero obbligate a promuovere contenuti etichettati».

Qualcuno però, anche all’interno del Parlamento europeo, teme che queste misure possano essere usate per censurare chi è contrario all’invio di armi all’Ucraina e promuove il negoziato con la Russia per porre fine alla guerra. Come si bilancia la lotta alla disinformazione con la tutela della libertà di espressione?
«Le misure volte a contrastare la disinformazione non possono in alcun modo essere paragonate alla censura. Non prendono di mira le opinioni ma le fake news, le false informazioni e le bugie. Le persone che condividono le loro opinioni personali sulla guerra in Ucraina, sul ruolo della Russia o su qualsiasi altro argomento devono avere la possibilità di condividere le loro idee in ogni momento, online e offline, e questo diritto deve essere protetto. Il ruolo delle misure contro la manipolazione dell’informazione e le ingerenze dall’esterno è quello di migliorare la trasparenza, identificare e rivelare gli autori e le fonti e verificare la veridicità e l’affidabilità delle notizie rispetto ai fatti. Garantiscono la qualità delle informazioni. Ciò è fondamentale per consentire ai cittadini di sviluppare un’opinione informata e di esercitare liberamente i propri diritti, anche in occasione del voto. Non c’è alcun equilibrio da trovare tra l’uno e l’altro, anzi il contrario. Combattere la disinformazione è il mezzo per garantire che idee, opinioni e dibattiti circolino, siano messi in discussione e si confrontino liberamente. I contenuti online possono essere ritirati solo se illegali: la libertà di opinione deve essere tutelata nell’ambito della legalità. L’incitamento all’odio, ad esempio, è un reato».

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